“Tuttavia.eu”
(dal 15.10.2014)
IL MATRIMONIO OLTRE I
FONDAMENTALISMI LETTERALISTI
Nell’editoriale di domenica 21 Eugenio Scalfari
confuta la tesi dei teologi che difendono l’indissolubilità del matrimonio
sulla base di citazioni evangeliche obiettando che “in verità non esiste alcuna
parola scritta di Gesù”, del quale “direttamente non si sa nulla”. L’argomento
è senz’altro fondato, ma ha il difetto di provare troppo. Infatti vale per
tutte le asserzioni su cui si basa la fede cristiana: il tentativo esegetico di
individuare gli ipsissima verba Christi
(“proprio le stesse parole di Cristo”) ha portato a risultati ritenuti
deludenti dagli esegeti.
Se a base della teologia cristiana sta, dunque, il Nuovo Testamento in
blocco, così come è stato elaborato e trasmesso dalla chiesa primitiva,
dobbiamo ritenere inevitabile la difesa a oltranza dell’indissolubilità
matrimoniale? Già mezzo secolo fa il gesuita Gerhard Lohfink (per altro in una
pubblicazione destinata agli studenti liceali) notava che “Non separi l’uomo
ciò che Dio ha unito” appartiene a tutta una serie di esortazioni del genere:
“Se ti danno uno schiaffo, tu porgi l’altra guancia”; “Se ti chiedono la
tunica, tu dagli anche il mantello”; “Se ti costringono a fare un miglio con
qualcuno, tu fanne due” e così via. Il fine biblista tedesco osservava che si
tratta, evidentemente, di espressioni profetiche: Gesù (o la comunità che ne ha
esplicitato e formulato l’insegnamento) disegna qui un mondo ideale, uno stile
di vita utopico, a cui tendere con la forza interiore dello Spirito. Riprova:
nessuna di queste esortazioni è diventata legge, norma vincolante. Nessuna,
tranne una: l’invito a vivere il rapporto di coppia come unico, irreversibile,
paritario (ricordiamo che il maschio ebreo poteva chiedere il divorzio, non
altrettanto la donna).
Sulle ragioni per cui l’unica indicazione
di massima del vangelo a trasformarsi in rigido diktat giuridico (la cui trasgressione viene duramente sanzionata)
sia stata proprio questa, ci sarebbe molto da scrivere: ma alcune ragioni sono
facilmente intuibili. Più rilevante la conclusione di Lohfink (e di molti altri
esegeti cattolici e protestanti): “con le conoscenze dell’odierna scienza
biblica, secondo la quale il loghion
(il “detto”) di Gesù sul divorzio non è un’espressione giuridica, non si vuole
affatto dire che tale parola sia priva di ogni valore, e sia minimizzata o
mitigata. Al contrario! Essa è invece compresa in tutta la sua portata: è la
radicale esigenza di Dio che tocca e coinvolge anche l’intimo dell’uomo” (Ora capisco la Bibbia, Edizioni
Dehoniane, Bologna 1986, pp. 140 – 141)
Naturalmente, aggiunge e conclude sul punto l’esegeta gesuita (come
Jorge Bergloglio !) una chiesa cristiana può chiedere ai propri fedeli di
sposarsi solo se accettano l’indissolubilità sacramentale, ma deve avere
l’onestà intellettuale di spiegare che si tratta di una condizione posta dalla
chiesa stessa, senza attribuirla falsamente a Gesù stesso. E se di una opzione
ecclesiastica si tratta, come tutte le decisioni storicamente assunte dai
mortali anche questa questa può essere legittimamente revocata o modificata,
senza scomodare l’insondabile pensiero di Dio.
Augusto Cavadi
(Autore del volume In verità ci disse altro. Oltre i fondamentalismi cristiani,
Falzea, Reggio Calabria 2008)
Nessun commento:
Posta un commento