Un libro di "viaggio" nell'ecumenismo
Chi conosce il SAE (Segretariato
Attività Ecumeniche) conosce Melina e Bruno Di Maio, infaticabili promotori di
dialogo interreligioso non solo nella città in cui vivono (Palermo), ma un po’
in tutto il Paese. “Sulla soglia degli ottant’anni”, l’autore (ingegnere e già
docente universitario di elettronica) ha deciso di raccontare il “viaggio che
la nostra piccola carovana familiare (qualche volta letteralmente in caravan)
ha compiuto attraverso il territorio dell’ecumenismo”. Scopo della narrazione:
testimoniare che, “al di là degli aspetti teologici e culturali, che non ho
titolo per trattare adeguatamente, l’ecumenismo offra sostegno alla ricerca di
senso della vita e conforti il cuore dei tanti che cerano sorgenti di
fraternità e di pace”.
La storia ha inizio negli anni
Trenta a Verona e, via via, vengono raccontate le tappe di un’esplorazione
spirituale ricca di sorprese: il mondo degli ebrei durante le persecuzioni fasciste;
degli ortodossi presenti in alcune zone della Sicilia; dei protestanti nel
corso dei viaggi estivi in Europa continentale. Infine, agli inizi degli anni
Ottanta, l’incontro decisivo con il SAE: “I nomi del card. Martini, del pastore
valdese Valdo Vinay ed anche del direttore della rivista ‘Il Tetto’, mio
compagno di scuola negli anni ’40, fecero breccia. Andammo alla Mendola, col
camper, e rimanemmo conquistati dalla causa ecumenica”.
Non è certo il
caso di riassumere qui le pagine del piccolo ma denso volumetto (B. Di Maio, L’Ecumenismo fa bene al cuore, Il pozzo
di Giacobbe, Trapani 2014, pp. 84, euro 7,00). Mi preme molto di più
evidenziare il tono quasi sempre felice della narrazione: equidistante sia da
facili enfatizzazioni sia dall’acrimonia verso quelle sacche ecclesiali
(presenti nel mondo cattolico, ma non solo) la cui impostazione teologica è del
tutto impermeabile a ogni contaminazione interconfessionale. Così Bruno Di Maio
non ha nessuna difficoltà ad evocare l’epoca in cui “il rapporto con le altre
confessioni cristiane, che il Catechismo di Pio X, imparato a memoria, ci
insegnava a classificare come eretiche e scismatiche, fosse nutrito di
avversione viscerale (peraltro cordialmente ricambiata). Da noi si vietava
tassativamente l’ingresso nelle chiese protestanti, considerato peccato non
assolvibile dai sacerdoti ordinari ma riservato al Sacro Penitenziere della
Cattedrale, e si dffondevano libretti del tipo Perché siamo cattolici e non protestanti, infarciti di apologetica
a buon mercato”.
Da allora, anche per via del
Concilio Ecumenico Vaticano II, molti passi avanti giganteschi sono stati
compiuti, anche nei confronti del mondo islamico e della variegata famiglia
delle filosofie religiose orientali.
Non sono mancati, però, i passi indietro come “la pubblicazione della
Dichiarazione Dominus Jesus da parte
della Chiesa cattolica, con la negazione del nome di Chiese alle comunità
protestanti”.
Insomma il cammino è
aperto, ma non in discesa. Sarebbe augurabile percorrerlo prima che eventi
mondiali rendano irrilevante ogni tensione ecumenica perché gli strumenti del
dialogo saranno stati definitivamente sostituiti dagli strumenti dell’odio e
della sopraffazione.
Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com
1 commento:
Un grazie a Bruno Di Maio per la sua felice testimonianza.
Posta un commento