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Vangelo secondo Matteo 20, 1 - 16 a
Leggere il vangelo, interpretarlo
correttamente, è dato a tutti - soprattutto ai 'semplici' - o è riservato a
pochi specialisti? Ci sono pagine che attestano quanto ardua sia la risposta.
Da una parte, infatti, sarebbe assurdo supporre che il messaggio salvifico del
Regno non fosse rivolto anche a chi è capace soltanto di ascolto naif ;
ma, dall'altra, come non ammettere che una lettura ingenua, immediata, di
parabole come questa induca quasi inevitabilmente a fraintendimenti ? Forse si
ci si potrebbe accordare su una conclusione del genere: Gesù parlava il
linguaggio multiplo delle parole, dei gesti, delle azioni...che poteva
raggiungere, senza filtri, la mente e il cuore degli ascoltatori anche meno
istruiti. Sapeva che la trascrizione in fogli del suo linguaggio avrebbe potuto
generare equivoci. E infatti né scrisse né dettò nulla. Dopo la redazione dei
vangeli, le linee essenziali del messaggio restano accessibili anche a
chi è asciutto di esegesi e di ermeneutica, ma solo chi ha l'attrezzatura
metodologica adatta può provare a raschiare l'apparenza per cogliere molti dettagli
secondari per nulla trascurabili.
Che significa, ad esempio, che
"gli ultimi saranno i primi e i primi ultimi" (v. 16)? Il Dio di Gesù
è un capitalista di animo generoso che, avendo fissato un salario minimo per i
suoi precari a giornata, non se la sente di decurtare ulteriormente la paga a
quanti sono rimasti in piedi, appoggiati sul muretto, sino a quando - quasi
alla fine della giornata lavorativa - non è stato necessario ingaggiare anche
loro? Qualsiasi interpretazione
giuridica o morale (e ne sono state proposte decine in questi venti secoli)
mostra, alla fine, qualche incongruenza o - nei casi migliori - si riduce ad
una sorta di celebrazione dell'ovvio che non aggiunge né toglie alcunché ad una
immagine antropomorfica di Dio.
Diverso è il caso in cui ci si ponga
da una prospettiva teologica ed antropologica. Qui
si annuncia un Dio che non fa calcoli ragionieristici e dona la salvezza non
solo a chi è chiamato per primo (l'ebreo veterotestamentario, la bambina
precoce che decide di farsi santa a quattordici anni, gli sposi modello che
arrivano alle nozze d'oro dopo una vita di rinuncie quotidiane...), ma anche a
chi avverte la chiamata in extremis (il pagano contemporaneo di Gesù, il
libertino che si converte come Agostino di Tagaste nel mezzo del cammin della
sua vita, gli anziani mercanti alla Zaccheo che solo poco prima di morire si
accorgono di aver sprecato l'esistenza a far soldi e per giunta disonestamente...). E qui si annuncia la possibilità
inaudita che l'uomo, grazie ad una fede autentica, possa vincere l'invidia e la
gelosia causate dalla gratuità dell'unico Padre. Bruno Maggioni lo ha saputo
precisare con lucidità: "la parabola non vuole anzitutto insegnarci come
Dio si comporta, ma piuttosto come i giusti debbono comportarsi di fronte alla
misericordia di Dio". Infatti, come aveva avvertito J. Dupont, "il
problema non è quello dei diritti e dei doveri di un padrone, ma quello della
solidarietà che dovrebbe unire gli operai fra di loro".
Allora non è che i 'primi' vengano
schiaffati da Dio all'ultimo posto, ma è la loro stessa condizione di 'primi' a
metterli a rischio di auto-esclusione: è la loro coscienza 'troppo' pulita, il
compiacimento eccessivo per i propri 'meriti', l'arroganza di chi si avverte
moralmente privilegiato che li induce a rattristarsi perché Dio è comprensivo
e a nutrire per i salvati
dell'ultima ora sentimenti negativi. E' insomma il loro privilegio iniziale a
covare, dentro sé stesso, il
rischio di capovolgersi in rivolta
autolesionistica. Beati gli ultimi
perché non conosceranno la tentazione di rivendicare il monopolio della
primogenitura!
Augusto Cavadi
2 commenti:
Che bella ... quasi omelia! Dovrò curare un libro/raccolta anche delle tue riflessioni?!
Maria D'Asaro
Sprovvisti di una corretta “prospettiva teologica ed antropologica” nei versetti che seguono sembra che Matteo diventi ancor più “spietato”:
«Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha».
Una proficua e corretta interpretazione potrebbe anche derivare da un personale approccio psicologico: quando il vittimismo si insinua subdolo nell’animo proficuo rileggerla. A me aiuta.
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