19.7.2014
La “vigilanza intellettuale” di Augusto Cavadi
La tendenza a rifugiarsi nel
privato estraniandosi da ogni coinvolgimento nella vita pubblica è oggi
assai diffusa, non solo nelle nuove generazioni. E’ una scelta che i
tanti che la compiono solitamente giustificano accusando la politica di
sporcizia, il mondo sindacale di mistificazione, le associazioni di
guardare ai propri tornaconti. Argomenti in verità troppo vaghi per non
fare sospettare che dietro quella scelta vi sia, oltre a comprensibile
disorientamento dinanzi a realtà inquinate e contraddittorie, pigrizia e
carenza di riflessione sul senso dell’esistenza, soprattutto della
propria.
Augusto Cavadi, saggista dai molteplici interessi e consulente filosofico, nel suo ultimo libro “La rivoluzione, ma a partire da sé”
edito da Ipoc ci invita a meditare sulla propria vita e a considerare
come la si possa arricchire con l’impegno civile, sociale e politico.
Cavadi, a sostegno del proprio punto di vista, sviluppa, articolandole
con sapienti e puntuali richiami, svariate argomentazioni, sorrette
dalla logica coniugata alla passione che, lungi dal ridimensionarne la
cifra razionale, le rafforza. L’autore de “Il Dio dei mafiosi”(pamphlet
di successo che ha fatto luce sulla religiosità sinistra di Cosa
nostra), pur nell’accorato appello all’impegno, non si erge mai a
depositario della verità e a distillatore ex cathedra di ricette
salvifiche.
Lo scrittore palermitano ci spiega che la vita di ciascuno di noi
ruota attorno a un progetto, cioè ad una selezione di priorità di
valori e comportamenti a guida dell’operato quotidiano. Molti, nel
momento in cui orientano la propria esistenza senza interrogarsi sul suo
significato e sul significato dell’agire con gli altri e per gli altri
rinchiudendosi in se stessi e privilegiando il disimpegno, detengono
comunque un progetto inconsapevole, che gli ritaglia un ruolo di
spettatori passivi degli accadimenti pubblici. E’ preferibile, secondo
Cavadi, elaborare consapevolmente un proprio progetto esistenziale, e
che questo progetto sia ancorato al mondo reale, fondato sulla fiducia
negli uomini – che, per quanto contraddittori e non affrancati da
impulsi egoistici, rivelano spesso vitalità positive -, rinsaldato dalla
forza dell’amore. Se si riesce a predisporre un progetto esistenziale
orientato in tal senso è possibile praticare la via dell’impegno in
varie direzioni, richiedendosi sforzi anche non trascendentali. Una di
queste è la “vigilanza intellettuale”, e cioè la consapevolezza di far
parte del contesto pubblico in cui si vive, che si sostanzia nel
seguire, attraverso un’attenta informazione, letture selezionate, studi
non superficiali, il corso degli eventi per averne una visione autonoma e
critica.
La “vigilanza intellettuale” costituisce la premessa
per raggiungere ulteriori livelli di partecipazione alla vita pubblica.
Che consentono, con la “fruizione della bellezza”, di discernere la
volgarità da ciò che è esteticamente apprezzabile e di adoperarsi perché
il bello non sia offuscato dalla piattezza o da omologazioni
consumistiche, e di acquisire la “ ‘cultura’ della sobrietà e del
rispetto ecologico” e la ricchezza del dialogo, fondamentali per un
ambiente migliore e una convivenza civile più solida. Cavadi osserva
inoltre come l’impegno abbia una sua imprescindibile dimensione sociale.
Se si ha cuore di operare dei cambiamenti lo sforzo individuale non
basta, occorre incontrarsi con gli altri che sono mossi dallo stesso
intento. Associandosi si possono perseguire obiettivi ambiziosi. E il
condividere le proprie esperienze in associazioni ha più vantaggi: fa
conoscere i lati positivi, altrimenti più difficili da scorgere, degli
altri e fa scoprire le ricchezze che si celano dentro noi stessi.
Secondo Cavadi, tuttavia, la dimensione sociale dell’impegno, per quanto
preziosa, non è sufficiente per incidere in modo significativo sulla
realtà. Se ci si arresta a tale stadio si rischia di limitare la propria
azione in ambiti parziali e settoriali.
Occorre perciò una progettualità, una visione d’insieme che solo la politica può offrire.
La politica cui si riferisce Cavadi naturalmente è quella immune da
interessi particolari o da tornaconti individuali: è una politica di
servizio alla collettività, che supera gli steccati ideologici, oggi
anacronistici, ma che esige una scelta di parte a beneficio di chi ha
più bisogno e nel segno della solidarietà umana. Il saggio di Cavadi
seppure breve (appena 105 pagine) è assai pregnante. Lo arricchiscono
molte colte e suggestive citazioni e, nel finale, illuminanti consigli
di lettura. La sottigliezza dei ragionamenti sprona a praticare uno
stile di vita dedito al bene comune e aperto all’ascolto e al soccorso
del prossimo, soprattutto di chi è più debole. La sapienza del filosofo è
accompagnata dalla chiarezza espositiva del giornalista, e ciò rende la
lettura del saggio oltre che edificante gradevole.
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