L’ABBRACCIO MORTALE FRA GERARCHIE DELLA CHIESA E COSA NOSTRA
Ci sono almeno due ragioni che rendono eccezionale
il libro di don Cosimo Scordato (Dalla
mafia liberaci o Signore, Di Girolamo, Trapani 2014) che sarà presentato
oggi alla feltrinelli di Palermo. La prima riguarda l’autore. La nostra città,
capitale della mafia, è anche capitale dell’antimafia e ha saputo esprimere,
nell’ultimo secolo e mezzo, sia valenti studiosi del fenomeno che coraggiosi
lottatori. Molto più rari, però, sono stati i soggetti che hanno coniugato - nella propria esperienza personale –
l’analisi teorica e la pratica sul campo; la lucidità intellettuale e l’impegno
quotidiano. Don Scordato è, da decenni, uno di questi protagonisti: nella sua
incessante testimonianza umana e cristiana è impossibile scindere il pensiero
dall’agire.
Una seconda ragione di eccezionalità di questo libro riguarda il taglio
e il livello dei contenuti. La stragrande maggioranza degli studi dedicati al
rapporto fra Chiesa cattolica e organizzazioni mafiose perlustra,
opportunamente e meritoriamente, il terreno storico-sociale: registrando i casi
di collusione fra preti e mafiosi e i casi di conflitto fra preti e mafiosi. Ma
l’analisi storiografica e sociologica, per quanto basilare, non è sufficiente.
Bisogna avere la competenza, e il coraggio, di andare alle radici delle
questioni: come mai la Chiesa cattolica meridionale attira tanti criminali? E
come mai essi, una volta avvicinatisi agli ambienti ecclesiali, si trovano a
proprio agio? L’ipotesi che si affaccia alla mente dell’osservatore
spregiudicato, come don Scordato, è che le comunità cattoliche dell’area mediterranea - per la
struttura gerarchica, per la mentalità dogmatica, per un’idea patriarcale di
Dio (più Padrino che Padre), per l’esaltazione della mediazione ‘clientelare’
dei santi… - siano tremendamente affini alle cosche mafiose. Che anzi abbiano
potuto offrire a queste ultime dei modelli organizzativi, dei codici culturali,
degli armamentari simbolici. Da qui la serietà della terapia: la Chiesa
cattolica può diventare un efficace antidoto alla mentalità e alle pratiche di
Cosa nostra solo se, prima di tutto, si converte al vangelo originario di Gesù
Cristo. Una Chiesa più fraterna, più sobria, più solidale, più libera dalle
lusinghe del potere politico sarebbe una Chiesa che non avrebbe bisogno di scomunicare
i mafiosi: questi infatti , per primi, si terrebbero ben lontani da forme
associative aliene dalla loro concezione familistica, predatrice, sfruttatrice,
corruttrice, violenta. Una Chiesa più evangelica risulterebbe antipatica,
irrespirabile, per gli uomini e le donne di mafia. E potrebbe diventare segno
profetico di una società in cui nessuno – a nessun titolo – ha diritto di
mortificare la dignità dell’altro, strumentalizzandolo ai propri fini di
dominio e di profitto parassitario.
Augusto Cavadi
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