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Elio Rindone
Appello agli elettori
Care elettrici, cari elettori,
si avvicina la data del voto e noi sentiamo il dovere
di lanciare l’allarme: c’è oggi in Italia una forza politica che mette in
pericolo le istituzioni democratiche! Una forza populista che, sfruttando il
malessere prodotto dalla crisi economica, appositamente enfatizzato, e godendo,
nonostante le apparenze contrarie, dell’appoggio dei grandi mezzi
d’informazione, non avanza mai proposte costruttive ma dice sempre e soltanto
no a tutti i tentativi di dare un futuro al nostro Paese.
Non ne facciamo il nome, perché siamo sicuri che
individuerete da soli questo movimento eversivo se leggerete con attenzione il
seguente elenco di casi in cui i suoi rappresentanti, che purtroppo sono già in
parlamento, hanno messo in atto un’opposizione cieca e puramente distruttiva.
Cominciamo con le elezioni politiche del 2013: avendo
mancato la vittoria piena, per fare il nostro governo abbiamo bisogno al Senato
di un po’ dei loro voti. Eravamo evidentemente pronti a ricompensare in qualche
modo quelli dei loro senatori che si fossero mostrati più dialoganti e ragionevoli.
Ebbene: alle nostre avances hanno risposto
con un secco no! Si è mai vista una cosa simile?
Intanto bisogna eleggere il nuovo presidente della
Repubblica, e noi facciamo la cosa più ovvia: scegliamo il candidato in un
incontro fra i leader dei due
principali partiti. Cosa fanno loro? Propongono un loro candidato designato per
via telematica dai loro iscritti. Ecco la loro idea di democrazia: affidare
scelte così delicate a degli incompetenti anziché a uomini di provata saggezza
e di specchiata moralità! Ma noi abbiamo fatto ricorso alla nostra mossa
segreta: il nuovo capo dello Stato è… quello vecchio! Vecchio anzitutto perché,
per usare un eufemismo, è un po’ avanti con gli anni, e poi perché abbiamo
rieletto quello di prima, anche se non era mai successa una cosa del genere: a
mali estremi, estremi rimedi.
Variamo, quindi, il nuovo governo. Anche stavolta,
nuovo si fa per dire, poiché già da tempo governiamo assieme con gli amici moderati
che, pur sotto sigle partitiche differenti, condividono il nostro attaccamento
ai valori democratici. E addirittura proponiamo una legge, che dovrebbe piacere
anche agli estremisti, per abolire il finanziamento pubblico dei partiti. E
invece, neanche questa va bene, perché sarà efficace solo dal 2017, mentre loro
ai rimborsi elettorali rinunciano subito. E questo non è populismo allo stato
puro? Che fa il paio con quell’altra stranezza di cambiare ogni tre mesi il
capogruppo sia alla Camera che al Senato, per sottolineare che gli eletti sono
soltanto rappresentanti dei cittadini e non longa
manus dei segretari dei partiti.
Mentre noi siamo impegnati, applicando alla lettera
una politica di austerità, a salvare l’Italia dal crollo economico, loro sanno
solo farci perdere tempo, presentando i disegni di legge più strampalati. Per
esempio: sospensione dell’acquisto di utilissimi cacciabombardieri F-35, limite
di due mandati per i parlamentari e incandidabilità dei condannati, taglio
delle pensioni d’oro di tanti nostri amici, reddito di cittadinanza per tutti, provvedimenti
sul conflitto d’interessi e contro la corruzione... È evidente che si tratta di
proposte eversive, o almeno provocatorie, che noi o non abbiamo preso in
considerazione o abbiamo bocciato sonoramente. E, soprattutto, siamo riusciti a
far passare l’idea che in parlamento la loro presenza sia del tutto irrilevante.
Eppure, anche se non facciamo che evidenziare gli atteggiamenti intolleranti e
antidemocratici dei loro leader, che
paragoniamo ora a Hitler, ora a Stalin, ora contemporaneamente a entrambi,
continuano a ostacolare il nostro lavoro e ad avere un seguito nel Paese.
Per contrastare la loro testarda opposizione, ci
convinciamo quindi che è necessario rivedere la Costituzione, e per riuscirci proponiamo
di accorciare i tempi, assolutamente irragionevoli, previsti dall’articolo 138.
Non lo avessimo mai fatto: per fermarci, i più scalmanati tra i loro
parlamentari arrivano a salire sul tetto di Montecitorio! Noi non faremmo mai
una cosa del genere, perché anche le buone maniere sono indice di un animo
sinceramente democratico.
Ma i guai da loro prodotti non si fermano qui: per
evitare la loro propaganda populista siamo costretti a votare a scrutinio
palese l’espulsione dal Senato di un nostro carissimo amico, che lascerà, come
riconoscono anche i suoi detrattori, un’impronta indelebile nella storia del
nostro Paese. Il motivo? L’accusa – da lui sempre respinta, anche se non gli si
vuol credere e lo si tratta come un volgare bugiardo – di una frode fiscale
che, anche se fosse stata realmente commessa, più che un reato sarebbe una
simpatica prassi tipicamente italiana.
Indimenticabile, poi, l’indegna gazzarra da loro
scatenata quando la presidente della
Camera ha deciso – non era mai successo, ma c’è sempre una prima volta – di
interrompere la discussione per passare all’approvazione del cosiddetto
decreto Bankitalia. Con la loro reazione scomposta, vorrebbero far credere ai cittadini che, nascosto dietro la norma che
abolisce la seconda rata dell’IMU, ci sia uno scandaloso regalo alle banche.
Come se noi fossimo capaci di fare cose del genere! In realtà, è il loro
linguaggio che è inappropriato e travisa il senso delle nostre iniziative: chiamano
regalo scandaloso un’equa rivalutazione del capitale sociale della Banca
d’Italia, licenziabilità la flessibilità giustamente richiesta dagli
imprenditori, tagli alla spesa sociale una doverosa sforbiciata agli sprechi…
Ma veniamo ai fatti più
recenti: poiché il nuovo governo, dopo neanche un anno, appariva già logoro, ne
abbiamo formato uno ancora più nuovo, guidato da un giovane accusato di essere
un dittatorello soltanto perché vuole con ferrea determinazione una legge
elettorale che somiglia alla precedente – bocciata dalla Consulta, anche se non
abbiamo capito perché: funzionava così bene! – e quella riforma costituzionale
che ancora non siamo riusciti a fare.
Ci si poteva aspettare da loro non dico un minimo
appoggio, ma almeno un ossequioso silenzio mentre noi lavoriamo per rinnovare
le istituzioni? Evidentemente no: i soliti strepiti, perché la legge elettorale
e la riforma della Costituzione le abbiamo concordate con quel nostro amico,
che a causa di quella discutibile condanna ora chiamano pregiudicato anziché, più cortesemente, ex-senatore o meglio senatore
emerito. Loro, come al solito, si sono fatta dettare dagli iscritti del
loro movimento una proposta di legge elettorale, che è guarda caso opposta alla
nostra, e, non contenti di ciò, hanno appoggiato anche l’appello di certi
‘professoroni’ che ci accusano di preparare una svolta autoritaria per l’Italia.
Una legge elettorale con un forte premio di maggioranza
per l’unica Camera che può votare la fiducia al governo darebbe un potere eccessivo
– dicono – a chi vince le elezioni. Ma è proprio questo che noi vogliamo: non
una democrazia populista, in cui tutti, persino gli analfabeti di ritorno, possono
pronunciarsi su qualunque questione, ma una democrazia governante, in cui
finalmente qualcuno possa decidere senza preoccuparsi delle solite proteste
degli intellettuali, sempre pronti a criticare; dei sindacati, ancora fermi
alla lotta di classe; dei cittadini che, invece di limitarsi a mettere la
scheda nell’urna, vorrebbero pure discutere le nostre scelte.
Ecco dunque, care elettrici e cari elettori, le
ragioni dell’allarme che lanciamo col nostro appello. Non lasciatevi ingannare
dalle apparenze: i veri autoritari sono loro. Date ancora
una volta fiducia a noi e ai nostri progetti di riforma, liberandoci col vostro
voto da questi signornò e mettendo così in sicurezza le nostre istituzioni democratiche.
In questa gara tra l’amore e l’odio, la speranza e la rabbia, la moderazione e
l’estremismo, fate prevalere le forze che vogliono costruire e non distruggere
la nostra Italia!
Mentre di solito ci presentiamo alle elezioni con
molteplici sigle, in modo da lasciare decidere a voi la quota di potere da
assegnare a ciascun partito, abbiamo pensato di firmare invece il presente appello
con un’unica sigla, per mostrare la nostra assoluta compattezza di fronte al
pericolo
P.U.C.R.I.L.D.I.
Partito Unico per la Conservazione e il Rinnovamento
delle Istituzioni Liberali e Democratiche in Italia
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