mercoledì 28 maggio 2014

Corsi di formazione pre-matrimoniale e cultura antimafia


Repubblica – Palermo”
 24.5.2014

SE L’ANTIMAFIA NASCESSE NELLE PARROCCHIE
   Karina vive a Palermo, Ninni  - il fidanzato – a Roma. Perciò, volendo celebrare il matrimonio in chiesa, seguono i corsi prematrimoniali nelle rispettive città. Entrambi sono abbastanza lontani dalle frequentazioni ecclesiali, sin dai tempi della prima (e ultima !) comunione. Ninni, nella sua parrocchia romana, ha trovato un prete accogliente, un clima  simpatico: gli incontri cominciano con esercizi di respirazione e giochi di autopresentazione al gruppo. Poi si passa ad alcune tematiche etiche: il prete, o chi di volta in volta lo sostituisce, espone la dottrina ufficiale, ascolta le obiezioni, provoca la discussione franca e aperta fra i presenti. Il corso si conclude con una giornata comunitaria ad Ariccia per rassodare una circolarità di amicizie appena germogliate: e Ninni confida a Karina di voler riavvicinarsi, anche dopo il matrimonio, a un’esperienza comunitaria che gli sembra tanto in sintonia con il nuovo corso di papa Francesco.
    Ma Karina, a Palermo,  sta vivendo un’esperienza assai differente. Frequenta il corso prematrimoniale in un quartiere molto popolare del centro storico dove i fidanzati, mediamente meno istruiti di lei, vengono trattati come scolaretti. Il parroco, o un professore universitario di discipline scientifiche (“Una brava persona, ma non certo elastico mentalmente”), sta un’ora adi seguito a fare lezione dalla cattedra. Non è previsto alcun dibattito: chi vuole celebrare il matrimonio in chiesa deve accettare il pacchetto catechistico per intero. Non è prevista nessuna strategia di conduzione di gruppi per far sì che le coppie si conoscano, almeno sommariamente, fra di loro. Anzi, si vincola il certificato finale alla frequentazione della messa domenicale, dove per altro il numero degli assenti  (molti di loro lavorano come commessi nei grandi magazzini o come camerieri nei ristoranti) prevale sulla quota dei presenti. Affinché i futuri sposi facciano i salti mortali per non disertare l’appuntamento domenicale si opta per l’intimidazione teologica: “Se non trovate il modo di visitare Gesù almeno una volta la settimana, non dovrete  stupirvi qualora da sposati non avrete da Lui il sostegno desiderato. Potrete pregarlo quanto vorrete, ma Egli vi risponderà: non ho avuto il piacere di conoscervi!”.
      Il racconto di Karina  - “Sto vedendo cose che andrebbero scritte sui giornali!” – si presta ad almeno due considerazioni. La prima è che la vicenda sua e del fidanzato non può essere generalizzata: so per certo che a Roma ci sono parrocchie antiquate così come a Palermo ce ne sono di teologicamente aggiornate. Centinaia, anzi migliaia di coppie, si sono preparate in  corsi matrimoniali all’Albergheria dove non hanno incontrato solo il prete (per altro disponibile a ogni genere di confronto), ma anche la psicologa e l’avvocato, la ginecologa e  il bioetico.
        Inoltre – ed è la seconda considerazione – in questi corsi si invita molto spesso anche qualche sociologo per riflettere sul ruolo che la pedagogia familiare potrebbe giocare a Palermo per sradicare la mentalità mafiosa e le varie  pratiche corruttive. Se esperimenti del genere non restassero casi isolati, per quanto benemeriti, si registrerebbero sicuramente meno frequentemente casi di esponenti della vita parrocchiale indagati, o addirittura arrestati e processati e condannati, per gravi reati mafiosi. Se, come è stato rilevato anche recentemente su queste colonne, uno dei limiti più palesi dell’antimafia è l’incapacità di raggiungere le coscienze degli strati popolari,  è veramente grave che le chiese  (a cominciare dalla chiesa cattolica) non giochino sino in fondo il proprio ruolo etico-politico: sono infatti tra le poche agenzie educative che avrebbero il prestigio, il linguaggio e  le occasioni per raggiungere anche generazioni nuove e cerchie sociali esterne alla ristretta borghesia illuminata.
Se questo impegno tarderà, sarà poco utile un papa venuto dalla “fine del mondo”: vescovi e preti, diaconi e catechisti, resteranno incapaci di cambiare in meglio  le periferie del  pianeta.

Augusto Cavadi

2 commenti:

Maria D'Asaro ha detto...

Nulla da aggiungere. Condivido le tue riflessioni.

Anonimo ha detto...

ma un pò meno parole e un pò di più fatti (mi riferisco all'istituzione chiesa), forse sarebbe meglio.
giovanni