“Repubblica – Palermo”
21.2.2014
SICILIA, TERRA DI FILOSOFI (MA TENETELI LONTANI
DALLE SCUOLE)
La querelle
sull’abolizione dell’insegnamento della filosofia da alcuni corsi di laurea, e
sulla riduzione delle ore nelle scuole secondarie superiori,, non poteva non
arrivare agli intellettuali siciliani, compatrioti di Gorgia di Lentini, di
Empedocle di Agrigento, di Giovanni Gentile di Castelvetrano. Il coro – per
quanto mi risulta – è unanime: giù le mani dalla filosofia, esercizio critico
del pensiero presupposto di ogni libertà politica!
E’ concesso a un vecchio docente (sia pur non ancora quiescente…) della
disciplina balbettare qualche sillaba dissonante? Se sì, comincio con una
confessione: anch’io, quando più di trent’anni fa si era ventilata un’ipotesi
del genere, ho dato un piccolo contributo alla difesa integrale
dell’insegnamento della filosofia nelle scuole italiane nella qualità di
segretario nazionale di un’associazione professionale del settore. Ma oggi non
mi avverto altrettanto motivato. Sono forse uno dei tanti ‘pentiti’ della
filosofia che ho incontrato girando instancabilmente per le scuole del Paese?
No. Al contrario è il mio amore per la filosofia che mi rende esitante nel
difendere a spada tratta il suo posto istituzionale nei programmi ministeriali.
Infatti ho constatato che essa è sottoposta a un duplice ridimensionamento che
sfiora addirittura lo snaturamento.
La prima mossa - sin dalla impostazione originaria di Gentile al tempo del
fascismo – è la riduzione della filosofia a storia
della filosofia. Le ragioni, note agli addetti ai lavori, non si lasciano
spiegare in poche battute ai profani. Comunque tutti sappiamo che a scuola non
si fa filosofia, ma si studia la filosofia che hanno fatto i filosofi da due
millenni e mezzo. Ora, per dirla in breve, la storia della filosofia è
fondamentale, irrinunciabile, per
imparare a filosofare, ma, se resta fine a sé stessa, è sterile o addirittura
dannosa: induce infatti alla convinzione che i filosofi si succedano in una
sorta di processione di matti, con l’unica regola di dire l’opposto di ciò che
hanno detto gli immediati predecessori. Quando qualche volta, da commissario
esterno agli esami di maturità, davanti a giovani particolarmente brillanti
nell’esporre le idee di Hegel o di Marx, mi sono permesso di chiedere “E tu,
personalmente, sei d’accordo?”, la risposta quasi inevitabile è stata:
“Veramente non ci ho mai riflettuto”. Dunque la stragrande maggioranza dei
nostri studenti, evidentemente addestrata dalla stragrande maggioranza dei
professori, esce da un triennio di studi filosofici senza avere un criterio di
giudizio, una propria filosofia del mondo e della vita.
Come se questo rischio non fosse abbastanza grave - chiamiamolo il rischio del
relativismo storicistico – la concreta prassi scolastica opera non di rado una
seconda riduzione: la storia della filosofia non è neppure occasione per
imparare a dialogare con i pensatori classici, anche attraverso
l’interpretazione dei testi, ma diventa una sorta di catechismo nozionistico.
Aristotele è nato in quel determinato anno, ha scritto questo e quell’altro, è
morto all’età di...Se poi si ripetono, mnemonicamente, anche quattro concetti
che riassumono le pagine di un manuale che riassume qualche monografia o
qualche opera originale, si ritiene di aver fatto il massimo possibile. Quale
motivo di stupore, dunque, se il 90% degli alunni lascia i nostri licei con
l’idea pascaliana che la filosofia non vale un’ora della nostra vita?
Non è questa la sede per far seguire alla diagnosi una terapia adeguata.
Mi basterebbe segnalare che, per onestà intellettuale, non dovremmo
identificare tout court la difesa
della filosofia con la difesa di questi novant’anni di insegnamento della
storia della filosofia nelle scuole. Qualsiasi azione in merito dovrebbe essere
memore di alcuni dati: per esempio della raccomandazione di Platone di non far
studiare la filosofia ai minori di 35 anni o di Karl Jaspers che, pochi decenni
fa, esprimeva la propria contrarietà a diffondere le cattedre di filosofie
nelle scuole tedesche (dove ancora oggi si insegna solo per poche ore e in
pochissimi corsi). Chi misura la differenza fra la Divina Commedia recepita a scuola e lo stesso poema interpretato da
Roberto Benigni nelle piazze può intuire cosa vorrei comunicare. E può meglio
comprendere perché nei paesi anglosassoni, dove la filosofia non è così
capillarmente diffusa nelle scuole, ogni libreria ha un ampio settore dedicato
alla filosofia e c’è perfino gente che paga i filosofi per partecipare a
discussioni nei bar, a laboratori
di ricerca, a dialoghi di consulenza personale. Lo so che è amaro
chiederselo, ma almeno i filosofi non dovrebbero aver paura delle domande
scomode: non è che la filosofia è troppo bella e troppo importante per essere
ridotta a materia scolastica?
Augusto Cavadi
9 commenti:
Caro Augusto, sai che la penso come te al riguardo. Ci sono anche molti (?) insegnanti "filosofi pratici" che, nonostante tutto, nel quotidiano operano in maniera assolutamente non-accademica e non-scolastica, con risultati anche buoni. Ma forse è così: una pratica per pochi, per pochissimi. O con l'ottimismo (fanatismo?) della fede si cambia (!?) in maniera radicale questo genere di insegnamento - e avremmo uno dei popoli più civili al mondo - oppure con il pessimismo della ragione accettiamo senza infingimenti che le cose rimangano così (in gran parte farsesche). E' questione eminentemente politica e antropologica: che idea abbiamo degli uomini? quali occasioni la società, lo stato, gli intellettuali vorrebbero provare a dare alle nuove generazioni per essere un po' migliori delle passate? è possibile riuscirci in un paese degradato come il nostro?
Verrà mai il giorno che, nel solco di Augusto Cavadi, qualche vecchio docente di religione affermi: « Non è che la religione è troppo bella e troppo importante per essere ridotta a materia scolastica?»
Rischio una riflessione: da NON filosofo.
In fondo anche il semplice pensare ponendosi qualche interrogativo esistenziale é filosofare. Ci sono domande di banale pessimismo, sul tipo: "capitano tutte a me! Perché?" oppure "perché debbo mantenermi onesto quando l'occasione di poter migliorare la mia posizione economica e sociale mi offre con minimo rischio d'essere scoperto? e una volta scoperto, posso sempre ripetere l'adagio, rimasto di moda dopo una certa esperienza politica: "così fan tutti! Siamo pratici!". Ecco la filosofia dovrebbe tentare di fornire risposte non solo eticamente corrette, ma anche ben argomentate. Poiché se il pensiero filosofico si riducesse ad un comandamento "non rubare", avremmo solo spostato la questione dalla libera ricerca laica a quella puramente religiosa,(nella specie evangelica). Che sarà sicuramente importante per tanta gente che ha fede e non scorge ragioni per approfondire il concetto, mentre una mente appena razionale non può che chiedersi: ma se tutti si comportassero così che ne sarebbe del mondo, della convivenza umana? e sulla scorta di questo dubbio dovrebbe giungere ad una prima risposta - credo - rassicurante: sarebbe meglio per tutti. Ma non solo nel senso dell'ovvietà etica, ma altresì della convenienza sociale, universale. Non faccio agli altri ciò che non vorrei che altri facessero a me. Che coincide con il precetto kantiano, che, detto in soldoni enuncia: . Ecco per me le basi essenziali della filosofia dovrebbero richiamarsi ad un metodo che sia un continuo porsi domande, anche senza speranza di trovarvi mai risposta. Un'ermeneutica trasposta al nostro quotidiano, che spinga alla conoscenza dei filosofi: agli interrogativi da cui essi sono partiti e in che modo hanno (o non hanno) saputo risolvere il quesito. I giovani discenti debbono sperimentare anzitutto in se stessi il senso del filosofare. Il docente dovrebbe incoraggiare all'esercizio di porsi domande, tentate di darvi una risposta, poi (magari) discuterne con l'insegnante, il quale potrà indicare quale pensatore può in qualche modo illuminare il giovane ad orientarsi seguendo, in modo convinto, un metodo razionale di ricerca. - E' il trascurabile punto di vista di un qualsiasi NON filosofo, che, per tutta la vita, però si è posto molte più domande di quante sia riuscito a darvi risposte. Per poi ricominciare: dubitando. Sempre.
Caro Augusto,
di seguito le mie perplessità (credo, tra l'altro, che tanti problemi si risolverebbero se si investisse nella scuola, con buoni stipendi che permetterebbero di avere insegnanti migliori).
Ciao, Elio
- La storia della filosofia è fondamentale, irrinunciabile, per imparare a filosofare, ma, se resta fine a sé stessa, è sterile o addirittura dannosa
ciò può accadere e, se accade, è perché è insegnata male: se ci sono buoni professori...
- Chi misura la differenza fra la Divina Commedia recepita a scuola e lo stesso poema interpretato da Roberto Benigni nelle piazze può intuire cosa vorrei comunicare
tra Benigni e incapaci ci sono vie di mezzo: conosciamo tanti bravi docenti...
- nei paesi anglosassoni...
non so cosa succede lì, ma so che mi trovo molto meglio a ragionare e a parlare di problemi vari con gente che ha fatto, anche male, storia della filosofia che con gente che non l’ha mai fatta
- la filosofia è troppo bella e troppo importante per essere ridotta a materia scolastica
allora eliminiamo anche la storia della letteratura e dell’arte?
Hai ragione, Augusto: la filosofia a scuola si fa davvero male ed è spesso inutile.
Elio mi ha sempre impressionato per la graniticità delle sue convinzioni, così distante dal mio procedere incerto e dubbioso. Anche in questo caso rimango stupito (e ammirato) di contro al mio registro argomentativo costellato sin dall'inizio di punti interrogativi.
a) Scrivere "Ma oggi non mi avverto altrettanto motivato" non significa, ad esempio, che mi sento molto motivato in direzione opposta a trent'anni fa;
b) gli insegnanti che si fermano alla storia della fiosofia non sono solo gli scarsi, ma tra loro molti sono davvero preparati (molto più di me): lo storicismo (idealista, marxista o positivista) non si cura certo aumentando gli stipendi;
c) il guaio non è che non ci siano 10.000 Benigni nelle cattedre, ma che non ce ne siano abbastanza che desiderino aspirare al lilvello di comunicativa di Benigni;
d) comunque la differenza decisiva tra me e Elio è che lui trova, tutto sommato, accettabile il sistema scolastico italiano, mentre mi sono convinto col tempo che è RADICALMENTE da ripensare perché, così come è adesso, è una trappola soffocante che uccide il gusto per la conoscenza, per la riflessione, per il dialogo e per la fruzione della bellezza. Certo, con insegnanti meglio selezionati e meglio pagati, i danni del sistema sarebbero minori; ma resterebbero sempre danni.
e) In questo articolo dico chiaramente di voler sottolineare la diagnosi, senza imbarcarmi nella proposizione di terapie: Illich e Morin potrebbero aiutarci nella pars costruens ma, per come sono fatto, se non ci scrivo su un libro non mi sbilancio.
Cerco di chiarire qualche equivoco riguardo a quelle che avevo presentato non come certezze (di un granitico dommatico) ma come perplessità.
a) Non mi sono espresso sulle tue motivazioni
b) Per buoni professori intendevo quelli che insegnano storia della filosofia aiutando i giovani a pensare
c) Certo sono pochi i docenti capaci di entusiasmare, ma ci sono almeno alcuni che ci provano
d) La mia posizione non si basava su presupposti apriori ma sulla mia esperienza: ‘mi trovo molto meglio a ragionare e a parlare di problemi vari con gente che ha fatto, anche male, storia della filosofia che con gente che non l’ha mai fatta’
e) Tu dici che ‘il sistema scolastico italiano è RADICALMENTE da ripensare’: come vedi, forse tutti abbiamo dei dubbi e tutti abbiamo delle certezze!
f) Se confrontiamo la scuola attuale con quella che sogniamo (non sogni, ma entrambi sogniamo, e leggerò con molto interesse il tuo sogno quando lo esporrai!), siamo d’accordo: questa fa schifo. Il mio discorso riguardava il raffronto tra la scuola attuale e quella che preparano i nostri governi riformatori (preoccupati soltanto di ridurre lo spazio di italiano, latino, greco, storia, geografia, filosofia…), dalle cui proposte prendeva spunto il tuo intervento: ‘La querelle sull’abolizione dell’insegnamento della filosofia…’.
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