“Diogene Magazine”
Dicembre 2013
Mario Trombino intervista Augusto Cavadi su:
ETICA E POLITICA. Machiavelli va ripensato?
A proposito della Scuola di formazione etico-politica “G. Falcone” di
Palermo
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Perché avete scelto per la vostra scuola una impostazione etico-politica?
·
Siamo convinti che, a differenza di ciò
che si ripete retoricamente in giro, non si tratta di rifondare eticamente la
politica, bensì di ripensare criticamente l’etica che ispira ogni politica. Come ho cercato di argomentare proprio
in un corso della nostra Scuola, poi edito dalla Cittadella Editrice di Assisi
col titolo Ripartire dalle radici.
Naufragio della politica ed etiche contemporanee, ogni comportamento
politico (astensionismo incluso) è, di fatto, oggettivamente, che lo si voglia
o meno, radicato in una concezione etica più ampia. C’è un’etica
personalistica, un’etica pacifista, un’etica nonviolenta proprio come c’è
un’etica fascista, un’etica militarista o un’etica consumistica. Pensiamo che
un’analisi seria e soprattutto una progettazione politica seria debbano
assumere il nodo etica/politica in tutta la sua complessità. Mi pare che sia
stata questa, tra l’altro, la lezione di Aristotele che non ha certo separato
le questioni etiche dalle questioni politiche…Molto più modestamente, mi sono
assunto il compito - solo
apparentemente paradossale – di enucleare dai documenti disponibili l’etica
mafiosa (ne Il Dio dei mafiosi delle
Edizioni San Paolo di Milano) e l’etica leghista (ne Il Dio dei leghisti della medesima casa editrice).
·
Cosa avete da dire a coloro che ritengono che la politica debba avere un
fondamento del tutto indipendente dall'etica, e che i valori etici non possano
essere chiamati in causa (e non lo sono di fatto dai politici) per
l'impostazione e la soluzione del problemi politici?
·
Che non sanno quello che dicono. Ma così risulterei
offensivo, contro ogni mia intenzione. Si tratta, se dobbiamo ragionare
filosoficamente, di chiarire l’uso delle parole. Quando Machiavelli teorizza,
nelle sue diagnosi della politica come come va di fatto e - forse - nelle sue terapie su come dovrebbe andare di diritto, la separazione dell’etica
dalla politica, pensa alla messa fra parentesi di una certa etica (la
cattolica): ma i princìpi del pragmatismo, del relativismo, dell’opportunismo
tattico, del primato della forza sulla libera convinzione…e così via, insomma i
princìpi a cui dovrebbe ispirarsi secondo Machiavelli un politico efficace,
costituiscono una costellazione etica o no? Oppure dobbiamo restare
paradossalmente vittime di un clericocentrismo, perfino quando riteniamo di
combatterlo, riservando all’etica cattolica l’esclusivo monopolio dell’etica e
negando a Spinoza, Hobbes, Locke, Kant o Marx la proprietà di un’etica?
·
Quali principi etici ritenete siano da richiamare per una Scuola
"etico-politica"? su quale fondamento avete scelto questi
principi?
·
Se sono stato chiaro prima, si può facilmente intuire perché
– quando ho proposto ad un ristretto numero di amici la fondazione della Scuola
– non ho proposto, contestualmente, nessun grappolo di princìpi etici. La
nostra finalità non è diffondere princìpi etici ‘sani’ per tutta una serie di
ragioni, prima delle quali il fatto che la nostra Scuola è geneticamente pluralistica
e non avremmo modo di accordarci su un minimo denominatore unanimamente
condiviso. Abbiamo un obiettivo apparentemente più modesto, forse nella
sostanza più ambizioso: offrire ai cittadini in genere, e ai cittadini
impegnati più direttamente negli organi deliberativi e amministrativi, delle
occasioni per sapere che cosa effettivamente stanno operando. Un libro come
quello che ho pubblicato in varie edizioni (l’ultima delle quali, coadiuvato da
Elisabetta Poma, con l’editore Di Girolamo di Trapani), La bellezza della politica. Attraverso e oltre le ideologie del
Novecento, in quanto riprende i materiali di un nostro ‘tipico’ corso di
formazione, esemplifica la nostra prospettiva ‘pedagogica’: vorremmo un
dibattito pubblico, in Italia e in Europa, un po’ meno basso e un po’ meno
irriflesso. Un po’ meno basso: più che perdersi nei dettagli tecnici, partiti
ed esponenti politici dovrebbero presentare le linee di fondo della loro
visione etico-politica. Ma non lo potranno fare sino a quando vivranno nella incoscienza,
nella ignoranza dei propri stessi presupposti ideali. Con una formula di cui mi
si perdonerà, spero, la brevità, non lavoriamo da più di venti anni per un
Paese dove ci siano più liberali o più socialisti o più fascisti, bensì dove ci
siano liberali più liberali, socialisti più socialisti e fascisti più fascisti.
L’esperienza mi dice, per altro, che quando un giovane o un anziano prende
consapevolezza di ciò che veramente propone il fascismo o l’anarchismo, spesso
entra in crisi: o perché lo trova inaccettabile o perché lo trova
irrealizzabile o perché non lo trova convincente per altre ragioni.
·
Perché avete scelto la modalità del volontariato?
Bella domanda! Sai che mi metti in
crisi come filosofo che, di solito, non dà nulla per scontato? Invece la nostra
opzione di attivare una Scuola di formazione etico-politica come strumento di
volontariato culturale è stata, probabilmente, una opzione per nulla ponderata.
Ti risponderei, a posteriori, che
abbiamo avuto dalla nostra una attenuante: si pondera una via quando ce ne sono
almeno due praticabili, ma nel nostro caso c’erano alternative? Avremmo dovuto
proporci di farne un’occasione di guadagno? Sarebbe stato legittimo, ma con
difficoltà - riterrei tuttora –
insormontabili. Infatti, se avessimo dovuto chiedere i soldi agli ‘alunni’ che
seguono i corsi (intendo delle quote un po’ più consistenti rispetto alle quote
pressocché simboliche che abbiamo sempre chiesto per le spese gestionali
essenziali), avremmo avuto una diminuzione di partecipanti ancor più clamorosa
di quella registrata dopo il primo decennio di attività. Se invece avessimo
dovuto chiedere finanziamenti a istituzioni, enti pubblici o privati, banche o
imprese, sindacati o chiese -
ammesso e non concesso che ci fosse nel passato e ci sia nel presente,
soprattutto nel Meridione italiano, qualcuno disposto a finanziare progetti
culturali – avremmo perduto la nostra ricchezza più preziosa: la libertà di
opinione. Comunque, se invece tu o altri avete delle idee su come trasformare
un servizio formativo di questo genere in attività produttiva, siamo qui
tutto-orecchie: purché resti un’iniziativa libera da condizionamenti ideologici
o partitici o religiosi.
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