“Repubblica – Palermo”
7.1.2014
MA LE FESTE DELLA CRISTIANITA’ POSSONO PARLARE ANCHE AI LAICI
L’epifania tutte le feste porta via. Per fortuna, secondo qualcuno;
sfortunatamente, per altri . E’ proprio inevitabile che di questo periodo
restino solo ricordi, più o meno gradevoli, di riunioni familiari e di incontri
amicali? A prima vista s’imporrebbe la risposta affermativa. I ceti mediamente
istruiti sono ormai sintonizzati con il “disincanto del mondo” operato, secondo
Max Weber, dalla secolarizzazione delle società avanzate. I simboli religiosi
che per generazioni hanno parlato ad adulti e bambini (il bambinello, la
Madonna, san Giuseppe, il bue, l’asino, i pastori, gli angeli…) sono ancora
eloquenti per settori sempre più ristretti della popolazione italiana. Né, al
di là dei luoghi comuni, il Meridione costituisce un’eccezione significativa.
La tendenza alla riduzione di senso delle
festività religiose (che, per altro, non sembrano trovare equivalenti
funzionali di carattere civile), e alla conseguente mercantilizzazione delle stesse,
non potrà che proseguire sino alla dissoluzione del significato originario se la teologia - cattolica e più in generale cristiana
– non saprà scoprire e presentare in maniera davvero nuova alcuni contenuti
tradizionali. Ancora troppo pochi sono i predicatori capaci di individuare,
estrarre ed esporre le dimensioni universali dei racconti evangelici in modo da
consentirne una lettura multipla, a più strati, e perciò fruibile anche da
uomini e donne che non si riconoscono in una determinata chiesa. Per grazia di
Dio (è forse il caso di dirlo !) può capitare che un prete cattolico come don
Cosimo Scordato a Palermo o un pastore valdese come Alessandro Esposito a
Trapani abbiamo la preparazione intellettuale e il coraggio anticonformista di
tentare queste operazioni interpretative: ma non si tratta certo della media statistica.
Là dove questi tentativi
pionieristici si attuano, le narrazioni bibliche vengono liberate dai soliti
sentimentalismi infantili e restituite alle intenzioni originarie degli
agiografi: che non volevano né dare resoconti cronachistici né inventare
favole, bensì farsi portavoce di una rivoluzione spirituale di portata storica.
Gesù di Nazaret, infatti, aveva sconvolto gli schemi usuali annunziando, con le
parole e con i gesti, la fine di ogni “religione” (istituzionale, gerarchizzata,
organizzata) e l’avvento di una nuova “fede” (quell’apertura interiore al
Mistero divino sulla quale nessun
altro essere umano ha diritto di mettere il naso). Gesù non ha fondato una
nuova “religione”, tanto meno un autoreferenziale “cristianesimo” (che,
sappiamo bene, non sarebbe sorto se, dopo la crocifissione del Maestro, non si
fosse dato da fare san Paolo di Tarso).
Proprio la festa dell’Epifania
(letteralmente della “manifestazione pubblica”) sottolinea questa inedita
novità del Cristo: la Luce divina vuole illuminare ogni uomo e ogni donna del
pianeta. Non è monopolizzabile da un popolo o da uno Stato o da una chiesa o da un partito, perché è
destinata a chiunque si affacci su questa terra. I Magi che provengono
dall’Oriente (gente che cerca: un po’ astronomi, , un po’ maghi, un po’
ciarlatani) sono delle figure simboliche che rappresentano i non-ebrei, i
non-fedeli, i non-credenti. Rappresentano quella umanità laica e problematica,
scettica e dubbiosa, che non chiede né dogmi da accettare supinamente né
imperativi morali cui adeguarsi acriticamente. Quella umanità che vuole pochi,
semplici, chiari principi di vita per orientare l’esistenza personale e la
convivenza civile: il rispetto delle coscienze, la solidarietà con chi soffre,
l’equità nei rapporti sociali, l’attenzione alle creature viventi (a cominciare
dalle più deboli ed esposte).
In questo messaggio non ci sono né rompicapi mentali né forche caudine
per atleti dell’ascetismo: e chiunque mistifica tale essenzialità originaria si
assume una gravissima responsabilità davanti alla storia e (se ci crede
davvero) davanti a Dio. Chi utilizza questo Bambino per costruire recinti
istituzionali, teologie tribali, liturgie esclusive ed escludenti, è solo un
manipolatore dei doni dall’Alto. Nel novantesimo anno dalla nascita di don
Ernesto Balducci - che è anche il
ventesimo dalla sua morte – questa epifania ci ricorda la dimensione planetaria
di ogni autentica esperienza religiosa. Non la festa dei pagani, ma la festa
della caduta di ogni muro fra sedicenti cristiani e cosiddetti pagani.
Augusto Cavadi
www.augustocavadi.eu
5 commenti:
puntuale, preciso, illuminante il tuo commento. Grazie
Caro Augusto,
grazie dell'articolo di oggi sull'epifania;
non sempre è facile passare da una concezione possessiva (in confronti di tutto) a una prospettiva che si muove dagli altri punti di vista.
Un abbraccio,
Cosimo
A Palazzolo Acreide abbiamo visitato un presepe vivente in cui i Re Magi, invece di portare doni, facevano una colletta per non ricordo che. E' più vivente l'articolo del nostro Augusto!
Mi associo ai commenti positivi di Armando, don Cosimo, Pietro. I tuoi scritti offrono prospettive luminose di libertà creativa e responsabile.
Maria D'Asaro
Caro Augusto,
desidero esprimerti tutto il mio apprezzamento per il tuo articolo “Ma le feste della cristianità possono parlare anche ai laici” su “Repubblica” di oggi. Anch’io ritengo che il problema che tu sollevi esiste e va affrontato nei giusti termini che non possono non essere formulati laicamente. Penso che, specialmente la seconda parte dell’articolo, oltre che essere pubblicata su un giornale, possa anche essere degnamente predicata in una chiesa come quella alla quale appartengo (anche lì ce n’è bisogno). Non desidero, neppure per idea, fare una disamina del testo, per altro di per sé assai chiaro ed esauriente, ma mi preme invece dirti con fraterna sincerità che “per grazia di Dio”, oltre a Cosimo Scordato e Alessandro Esposito , e a qualcun altro, ci sei anche tu ad avere la capacità, la possibilità e la volontà di far conoscere a un vasto pubblico certe questioni delle quali ha solo un’idea vaga e distorta.
Un fraterno abbraccio.
Renato
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