“Repubblica – Palermo”
31 ottobre 2013
LA QUOTIDIANITA’ NEL FAR WEST SENZA SCERIFFO
Me
lo ha fatto notare una coppia di
amici toscani: gli autisti dei bus palermitani sono davvero eccezionali.
Hanno un’abilità non comune nel passare fra file di auto posteggiate in doppia
e tripla fila; una pazienza non comune nel fermarsi ogni cinquanta metri perché
qualcuno ha lasciato l’auto in posizione così selvaggia da impedire il transito
di un mezzo voluminoso; una cortesia non comune fra i colleghi del Settentrione
(dopo aver lasciato i miei amici a piazza Camporeale, un autista si è trovato per
caso, a guidare anche la vettura
del ritorno e non ha risparmiato la domanda se la Zisa fosse stata di loro
gradimento).
Ringraziamo gli dei per questa elargizione di eroi alla città abbastanza
malconcia: ma sino a quando dovremo contare sui miracoli? Non sarebbe meglio
provare, laicamente, a produrne uno noi mortali, dal basso, ma radicale e
decisivo: fare uscire i vigili urbani dai ristretti confini del centro
storico? Ho fatto attenzione per
mesi di seguito: dall’incrocio con viale della Libertà, se si scende verso il
mare per via Duca della Verdura, si può tranquillamente arrivare ai Canieri
navali, poi all’Acquasanta, poi all’Arenella, poi a Vergine Maria…senza l’ombra
di una divisa municipale. Neppure a ridosso della festa dei morti, quando la zona
intorno al cimitero dei Rotoli puppula di auto, di bus, di taxi, di motorini,
di ambulanti abusivi, di botteghe legali di fiorai che occupano illegalmente
interi marciapiedi costringendo i pedoni a farsi avanti nella carreggiata delle
automobili? Neppure. Bisogna attarversare tutta l’Addaura sino a Mondello per
rivedere - per avere qualche
probabilità di rivedere – un vigile in strada.
In questa situazione che fa un autista di bus un po’ stanco o un po’
nervoso per problemi personali o solo un po’ sfortunato perché trova la strada
sbarrata da un mascalzone che, invece di risalire correndo nell’auto con aria
(almeno finta) di dispiacere, deride e poi offende chi si è permesso di
sollecitarlo? Dipende. L’autista che guidava qualche giorno fa il bus su cui
viaggiavo in via dei Cantieri ha risposto alla sfida del teppista (“Quando
vuoi, vienimi a trovare: lavoro al bar qui di fronte”) con la promessa a voce
forte e chiara: “Smonto alle 15 ed entro le 16 verrò a insegnarti
l’educazione”. Tra i passeggeri si è aperto il dibattito: è giusto, non è
giusto, sarebbe giusto ma non lo faccia per i suoi figli, non sarebbe giusto ma
quando ci vuole ci vuole…Ascoltavo tra l’attonito e l’angosciato. Palermo città
dell’Ottocento dove ci si sfida a duello; ma anche del Far West dove non c’è
un’autorità visibile ed efficace che faccia rispettare le leggi a tutti,
iniziando dai prepotenti che s’illudono di essere intoccabili. Mi aggrappavo alla speranza che i
quattro turisti indirizzati a Villa Igea non capissero cosa stesse accadendo né
decifrassero il mix di italiano e di
dialetto della disputa filosofica conseguente.
Già, perché il cerchio infernale fa presto a chiudersi: l’illegalità (ma
sarebbe più esatto dire l’a-legalità) genera violenza, la violenza scoraggia il
turismo, il decremento di turismo indebolisce l’economia cittadina. Ma una
città povera di risorse economiche è più esposta - per ignoranza o per bisogno – all’illegalità: e così il
ciclo ricomincia. Lo so:
individuare nel “traffico” uno dei mali di Palermo sa di parodia alla Benigni.
Basterebbe evocare i danni, sistemici e decennali, provocati da ogni punto di
vista (etico, politico, culturale ed economico) dai ras della formazione professionale e dai loro complici equamente
distribuiti fra politici, a monte, e faccendieri, a valle. La massa di giovani
e meno giovani (inoccupati e disoccupati) che ciondolano per le nostre strade
grida veramente vendetta al cospetto di Dio: almeno quanto la grida la vista di
discariche abusive in tutta l’Isola nonostante eserciti di lavoratori virtuali vengano pagati con fondi
pubblici (cioè di privati contribuenti, corretti o anche solo timorosi delle
sanzioni). Il “traffico” non è
certo, insomma, la radice di ogni male: ne è però un sintomo particolarmente
eloquente, fastidioso e controproducente dal punto di vista dell’immagine.
Mentre ad altri livelli istituzionali si stanno avviando delle battaglie
impegnative sui crimini perpetrati nel mondo della formazione professionale, a
livello municipale dovrebbe essere relativamente più facile attivare dei
processi virtuosi di bonifica. Il “miracolo” sarebbe molto più facile da
realizzare di quanto si sospetti: basterebbe spezzare la certezza dell’impunità
nell’80% del territorio comunale inviando anche solo un giorno a settimana una pattuglia di polizia urbana (se
necessario, coadiuvata da polizia statale e carabinieri) nei tanti quartieri multa-free. Un blitz per chi sosta dove vuole, per chi getta l’immondizia quando
gli pare, per chi chiede il pizzo in ogni angolo di posteggio, per chi scavalca
file lunghissime servendosi delle corsie preferenziali riservate… Sicuramente
Palermo risalirebbe dall’ultimo posto che oggi occupa, insieme a Catania, nella classifica per vivibilità di
Legambiente e, magari, con gli introiti delle multe si potrebbe ridurre qualche
imposta comunale. E poi sarebbe anche un modo per ricordare che non siamo in pieno
Far West ; o che , se lo siamo, lo sceriffo - pardon: il
sindaco – qualcuno lo sa fare.
Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com
4 commenti:
Nel Far West gli sceriffi di molti turbolenti paesini di Frontiera erano noti pistoleri. Designazione comprensibile se si tiene conto che gli unici che fossero in grado di affrontare i banditi, erano altri desperados, provvisoriamente prestati alla Legge(che ovviamente li compensava lautamente). A Palermo si dovrebbe tentare un percorso analogo: eleggere uno sceriffo western che appunto il sindaco lo sappia fare. Orlando non manca solo di colt, ma anche di idee semplice ed efficaci come quella suggerita dal prof. Cavadi, che (senza grosse spese aggiuntive), aiuterebbero Palermo ad essere degna di candidarsi ai fasti di Citta di Cultura. Che al momento mi sembra un ruolo e un titolo piuttosto inadeguati, anzi imbarazzanti.
Da palermitana ogni tanto autista, spesso pedone e non di raro passeggera sugli autobus cittadini, sottoscrivo senza riserve le tue amare riflessioni.
Maria D'Asaro
Dispiace leggere che a Palermo le cose stentano a cambiare. Per i tanti emigrati siciliani come me è ancora più doloroso sapere che solo una minoranza (quella cui tu appartieni) mantiene intatti senso civico, rispetto e spirito critico. Evidentemente solo questa minoranza avverte il disagio di vivere in una città così malgovernata, così poco amata... Eppure basterebbero da soli quei tesori di bellezza che sono la Cappella Palatina e la Cattedrale, da ammirare quest'ultima a tutte le ore del giorno e della sera, per suscitare orgoglio e rispetto. Ma come chiedere rispetto per la propria città a chi non sa più, o non ha mai saputo, cosa è la Bellezza? Come chiedere a un popolo reso servo, attratto e viziato per decenni col facile guadagno fornito dal "posto" pubblico di farsi artefice del proprio destino? Sarà capace, questo popolo, di trarre profitto economico dalla valorizzazione di ciò che ha la fortuna di possedere, se non è neppure consapevole di questo e se i suoi governanti neppure si curano di farglielo sapere?
Intere zone della città sono fuori controllo: basta superare i Cantieri Navali per entrare in un'altra città, dove si gira senza cinture, senza casco, in quattro sulla vespa, dove si vende il pane in strada la domenica.
Oggi ai Rotoli i vigili urbani contemplavano il marciapiedi abusivamente occupato dai fiorai, che quando cerchi di camminare tra vasi e fioriere ti guardano con aria da padroni di casa...
Capisco perché dalla Chiesa nell'82 iniziò dalla panificazione abusiva, tra i sollazzi di tanti: bisogna rompere il muro di a-legalità, come lo chiama efficacemente Augusto Cavadi. Ma le istituzioni dove sono? Il Signor Prefetto? Il Signor Sindaco?
Non esiste solo la mafia, gli appalti, la politica... Esiste anche il buon senso e la capacità di amministrare la comunità anche nei suoi aspetti minori, ma quelli sono i mattoncini della legalità.
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