- La Comunità di San Francesco Saverio ha il piacere d'invitare alla presentazione del volume
“LIBERTA' DI PAROLA” di Cosimo Scordato,
a cura di Maria D’Asaro e Ornella Giambalvo,
Cittadella Editrice.
Moderatore: Sergio Valzanìa, vice Direttore di Radio RAI
Interverranno Nunzio Galantino, vescovo di Cassano allo Jonio, e Augusto Cavadi.
Dalla IV di copertina:
“Siamo tutti in cerca di luce. Siamo tutti in cerca di guida. L’Autore indica la strada «tanto nuova e tanto antica» per stare nella luce e per vivere la vita buona del Vangelo. Lo fa commentando in modo originale e creativo la Parola di Dio,facendo risuonare la Parola di libertà che appartiene a tutti, che cresce con chi l’ascolta e con chi la lascia agire nella propria vita.
Il Dio di Gesù: un Dio che sorprende; Dal peccato alle Benedizioni: un percorso libero e liberante; Il Regno di Dio: la scommessa per un mondo migliore; Amore e dintorni: per chi vuole vivere seriamente!; Cieli e terra nuovi: gli orizzonti inediti della Buona Novella; La bellezza: gioia autentica di vita piena; Campioni di umanità, corpo e spirito in armonia.
Sono questi i temi attorno ai quali si rimette in cammino la Parola già proclamata, ascoltata e condivisa. Nessuno è in grado di
prevedere ciò che la Parola produce nel cuore di ogni persona.
La lettura di queste pagine conferma che il suo ascolto ricrea, illumina, apre orizzonti, consola, sostiene, riconcilia.”
Sarà presente l'autore don Cosimo Scordato.
L’ingresso è libero e tutti sono invitati a partecipare.
Il ricavato della vendita del libro sarà destinato alle iniziative del Centro Sociale San Francesco Saverio e a quelle della Rettoria di San Giovanni Decollato.
Sabato 30 novembre 2013 alle ore 18:00,
a Palermo presso la Chiesa di San Francesco Saverio,
piazza San Francesco Saverio all'Albergherìa
(traversa di corso Tukory, zona Ospedale dei Bambini - Ballarò, bus 109-234-318).
Il blog di Augusto Cavadi, filosofo-in-pratica di Palermo, con i suoi appuntamenti pubblici in Italia e i suoi articoli.
martedì 26 novembre 2013
Ci vediamo a Palermo sabato 30 novembre alle ore 18?
Per sabato 30 novembre 2013 alle ore 18,00,
giovedì 21 novembre 2013
Ci vediamo lunedì 25 novembre alla Feltrinelli di Palermo?
Lunedì 25 novembre 2013,
alle ore 17.45,
alla Feltrinelli di Palermo
verrà presentato
Beddamatri Palermo! Cronache satiriche della città più incasinata di Italia
(Di Girolamo, pp. 196, euro 9,90).
Insieme all'autore, Antonino Cangemi,
parteciperanno Augusto Cavadi e Gianni Nanfa.
alle ore 17.45,
alla Feltrinelli di Palermo
verrà presentato
Beddamatri Palermo! Cronache satiriche della città più incasinata di Italia
(Di Girolamo, pp. 196, euro 9,90).
Insieme all'autore, Antonino Cangemi,
parteciperanno Augusto Cavadi e Gianni Nanfa.
martedì 19 novembre 2013
Ci vediamo a Palermo giovedì 21 novembre 2013 per la Giornata mondiale della filosofia?
Caro collega (attuale o ex-insegnante del "Garibaldi"),
caro studente (attuale o ex-alunno del "Garibaldi"),
giovedì 21 novembre 2013 sarà la Giornata mondiale della filosofia
proclamata dall’Unesco.
Non della filosofia come materia
scolastica (avrebbe bisogno di un funerale più che di una festa!) , bensì della
filosofia come modo di pensare e di
vivere criticamente, dunque più liberamente. Della filosofia come pratica
accessibile a ogni uomo e a ogni
donna.
Anche quest’anno alcuni di noi
stiamo organizzando una piccola festa della filosofia, ovviamente in sintonia con
la…festeggiata.
Rifaremo l’esperimento di due anni
fa: radunandoci in sei laboratori di riflessione e di confronto dalle 16,00
alle 19,30 (sempre di giovedì 21 novembre).
Più precisamente ognuno di noi potrà, a
piacere, partecipare a due gruppi di discussione filosofica: a uno dei tre
della prima fascia oraria (16 – 17,30) e un altro fra i tre della seconda
fascia oraria (18,00 – 19,30).
Più sotto trovi lo specchietto completo.
Se ti va, ti aspettiamo con piacere.
(Solo per ragioni logistiche e di sicurezza, l'invito è limitato a docenti e alunni, attuali o ex, del Liceo "Garibaldi" di Palermo. Personale ATA e genitori degli alunni attuali sono ugualmente benvenuti).
Augusto Cavadi
Dalle 16,00 alle 17,30 potrai scegliere fra:
1.
MUSICA E FILOSOFIA: DUE PASSIONI DELLA MIA VITA
(Giorgio Gagliano, alunno della V sez. I)
2.
LA FILOSOFIA DI GANDHI
(Andrea Cozzo, docente dell’Università di Palermo)
3.
TRA ANGELI E DIAVOLI. Filosofia, religione, magia e scienza: un
rapporto contrastato.
(Federica Mendolìa, alunna della V sez. L,
Guglielmo Russino, docente di filosofia del corso L)
Dalle
18,00 alle 19,30 potrai scegliere fra:
1.
E VISSERO FELICI O…
COSCIENTI ?
(Giorgio
Motisi e Simone Re, alunni della IV sez.
E)
2.
DE IRA: A PROPOSITO DELLA SACRA
FAME DI SERVITU’
(Lucia Carollo, docente del
Liceo Garibaldi)
3.
LA POLITICA E’ UNA COSA SPORCA?
(Marta Piraino, alunna della IV sez. L,
Augusto
Cavadi, docente di filosofia del corso I)
domenica 17 novembre 2013
Palermo bocciata come candidata a capitale della cultura per il 2019
“Repubblica – Palermo”
17.11.2013
Le domande da porsi dopo la
bocciatura
I moltissimi significati
della parola “cultura” si possono ridurre fondamentalmente a due: e il
dibattito sulla bocciatura di Palermo a “capitale della cultura” non avrebbe
senso se non si sciogliesse con chiarezza questa ambivalenza semantica. Nelle scienze sociali per “cultura” si
intende un insieme di credenze, usi, costumi, simboli che caratterizzano una
certa porzione della società: c’è una cultura contadina e una cultura
mercantile, una cultura militare e una cultura pacifista, una cultura magica e
una cultura scientifica. In questa prima accezione del termine, Palermo non ha
bisogno di essere promossa da nessuna giuria: è già la capitale di una certa
cultura, variamente definibile ma certamente anche mafiosa. Se la cultura
mafiosa significa tra l’altro primato dell’interesse privato sul bene pubblico,
della relazione interpersonale sulla regola oggettiva, della rendita parassitaria (o, più
modestamente, del reddito parassitario)
sulla laboriosità produttiva, del privilegio clientelare sul merito professionale…Palermo
è già capitale della cultura. Della sua cultura, mafiosa.
Ma è in un secondo significato del termine
che essa, come altre città siciliane, è stata candidata: la “cultura” come
sinonimo di ricchezza artistica, livello di istruzione media, sensibilità per
le scienze, cura del bello, fecondità letteraria. E’ il significato meno
tecnico, ma più diffuso, di “cultura”: come quando si dice di un intellettuale
che è “un uomo di cultura” (senza minimante sospettare che - nell’altro senso – lo è quanto un
venditore di ortaggi o uno spacciatore di marijuana). E’ su questo parametro che ha senso discutere - ammesso che ci sia davvero da
discutere sull’ovvio – la esclusione della candidatura di Palermo.
Personalmente l’episodio mi
conferma nell’idea che la più amara delle verità può essere preferibile alla
più dolce delle menzogne. Almeno nei casi in cui le diagnosi spietate, invece
di avvilire il malato o peggio ancora di svegliare in lui assurde rivalse
contro i medici, vengono accettate
con comprensibile amarezza ma anche in prospettiva di opportune terapie.
Possiamo ipotizzare chi sa quali complotti nazionali e internazionali come
causa della nostra esclusione dalla lista dei papabili: ma, se non abbiamo
prove o per lo meno sospetti fondati, sarà bene voltare pagina e passare
all’esame di coscienza. Secondo De André “dai diamanti non nasce niente, dal
letame nascono i fiori”: ma, purtroppo, questa legge non vale sempre e non vale
in tutti i campi. Qualche volta i fiori della cultura-in-senso-qualitativo
nascono non dal letame della cultura-in-senso antropologico-sociale, bensì da
un contesto socio-culturale tessuto dalla saggezza dei governanti e dalla
vigile responsabilità dei governati. Là dove l’economia langue sotto il tallone
della corruzione amministrativa e dell’intimidazione mafiosa; dove le scuole
rimangono aperte a colpi di decreti emergenziali perché – se si rispettassero
le leggi ordinarie – andrebbero chiuse quasi tutte; dove interi quartieri sono
del tutto privi di spazi per provare una piece
teatrale amatoriale o un concertino di musica popolare; dove non esistono
biblioteche, emeroteche o videoteche; dove partiti e sindacati negoziano
poltrone invece di curare con metodo la coscienza civica dei propri aderenti;
dove le comunità parrocchiali assai raramente stimolano il senso critico dei
fedeli e il confronto libero sui temi etici; dove chiunque può fare evacuare il
proprio cagnolino sul marciapiede o gettare il pacchetto vuoto delle sigarette
dal finestrino dell’auto perché sarebbe impensabile che un vigile urbano ne
rilevasse l’inciviltà e lo penalizzasse conseguentemente; dove edifici
decrepiti privati, da decenni ricettacolo di immondizie e di rifiuti
ingombranti, restano intatti a perenne memoria della violenza in tempo di
guerra e della bruttezza in tempo di pace…in una città del genere si può
parlare di cultura come sinonimo di elevatezza intellettuale, morale e
spirituale? Stupefacente è la sua bocciatura o non sarebbe stata, invece, la
sua promozione? Ripeto: non si tratta di piangersi addosso. Rispetto a pochi
anni fa - con la Regione e il
Comune in mano agli esponenti meno nobili della destra siciliana - ci sarebbe stato solo da disperarsi.
Oggi qualche chance in più la vedrei.
Ma a patto che Crocetta e Orlando, magari aiutati da un buon psicoterapeuta che
ne ridimensioni il delirio di onnipotenza, sappiano fare spazio a tutti i
cittadini effettivamente impegnati nella resistenza quotidiana all’inciviltà e
ne sappiano valorizzare progetti ed energie, ben al di là della cerchia dei
loro fan più o meno sinceramente
fedeli.
Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com
sabato 16 novembre 2013
Le molte facce della Chiesa cattolica secondo Luca Kocci e Valerio Gigante
“Centonove” 15.11.13
QUANTE CHIESE NELLA CHIESA CATTOLICA?
Già con Giovanni Paolo II e con Benedetto XVI, nonostante la loro
visione monolitica di chiesa e la loro pratica di governo monarchica, la Chiesa
cattolica appariva più un arcipelago che un continente. A maggior ragione la
stagione di papa Francesco - che è
un conservatore in dottrina ma in grado di relativizzare, proprio in rinnovata
sintonia con il vangelo di Gesù,
il piano dottrinario rispetto al piano della testimonianza esistenziale
e dell’operatività agapica – sembra configurarsi come un recupero del legittimo
pluralismo ecclesiale, secondo l’antico adagio: unitas in necessariis, libertas in dubiis, charitas in omnibus. Ma
cosa intendere per “cose necessarie”? Come avvertono
Valerio Gigante e Luca Kocci, in questa mappa intelligentemente articolata del
cattolicesimo italiano odierno (La Chiesa
di tutti, Altroconsumo, Roma 2013, pp. 192 , euro 14,00), non
si tratta certo dei “principi non negoziabili” di cui si sono eretti
difensori papi e vescovi degli ultimi trent’anni e che “si riducono fondamentalmente a tre questioni: la
difesa della vita dal concepimento alla morte naturale, con la condanna,
quindi, di aborto ed eutanasia e con severe restrizioni alla ricerca
sull’embrione e sul gene umano; la difesa del matrimonio tra uomo e donna, con
la conseguente censura di ogni altra forma di convivenza e di unione, sia
omosessuale che eterosessuale; la difesa della libertà religiosa e di
educazione, ovvero il sostegno economico dello Stato alle scuole cattoliche”
(p. 93) . Veramente e unicamente necessario,
per la comunione ecclesiale, è riconoscere nel messaggio di Gesù il criterio di
giudizio e di azione nella storia, sempre più intrigata e complessa,
dell’umanità: che è un messaggio di dignità delle persone, di rispetto del
travaglio delle coscienze, di predilezione per chi è povero o malato o
straniero o emarginato dalla società dei benpensanti.
Da venti secoli, nonostante
deformazioni interpretative e infedeltà comportamentali, ci sono stati nella
chiesa movimenti e piccoli gruppi che hanno cercato di mantenersi fedeli a
questo “essenziale” (che si potrebbe ridurre alla libertà e alla carità
previste nell’adagio latino): il libro di Gigante e Kocci danno conto delle
idee, delle prassi e delle vicende di quelle comunità dissenzienti o perplesse, in ogni caso minoritarie, che - nate sull’onda del Concilio Vaticano
II – sono riuscite a resistere alla tentazione di derive dispersivamente
estremistiche come al ‘riflusso’
di questi terribili decenni all’insegna dell’individualismo, del profitto a
ogni costo e del potere legale o meno sui concittadini. In particolare i due autori - che coniugano ancora una volta la
preparazione culturale di docenti con la vivace curiosità di cronisti – raccontano
sei esperienze di chiesa “dal basso”: l’Isolotto di Firenze (“l’eresia che
salva”), la comunità di base di Pinerolo (con la sua attenzione specifica agli
omosessuali credenti), Casa Rut di
Caserta (“una comunità di liberazione”), la comunità San Francesco
Saverio di Palermo (con i suoi “reverendum” o, più seriamente, referendum
consultivi per conoscere le reali convinzioni dei fedeli partecipi delle
liturgie domenicali sui temi caldi dell’attualità), la Comunità delle Piagge di
Firenze (che diventa fucina di iniziative vulcaniche: doposcuola per i
ragazzini, corsi di italiano per gli stranieri, attività di recupero e
riciclaggio del ferro nonché per l’inserimento lavorativo di persone
svantaggiate; mercatino del riuso; bottega del commercio
equo e
solidale; gruppo di acquisto; microcredito e Fondo etico e sociale; progetti di
agricoltura biologica, accoglienza, vita in comune; laboratori politici,
iniziative editoriali…) ; il Centro studi biblici “Giovanni Vannucci” di
Montefano nelle Marche (animato da alcuni Servi di Maria, tra cui
l’infaticabile e spiazzante Alberto Maggi, ormai punto di riferimento di
un’esegesi fondatamente rivoluzionaria).
Oltre queste sei
esperienze, il lettore interessato troverà alla fine una sorta di “pagine
gialle dell’altra Chiesa” in Italia: regione per regione potrà rintracciare
(anche grazie ai riferimenti sul web) comunità cristiane di base; gruppi
fenmminili/femministi; reti di
comunità impegnate a vario titolo e con vari metodi per una riforma della
Chiesa cattolica; centri di
ricerca teologica, biblica e spirituale; associazioni dedite in particolare
alla pace e alla nonviolenza;
organizzazioni più orientate sulle tematiche sociali, economiche e
politiche; associazioni culturali; gruppi gay credenti; aggregati di cattolici
democratici; coordinamenti di preti sposati. Insomma: una guida utile , per
certi versi insostituibile, per chi voglia conoscere e incontrare delle
modalità di vivere la fede cristiana abbastanza diverse (talora radicalmente
diverse) rispetto all’asettica burocrazia liturgica della stragrande
maggioranza delle nostre parrocchie e dei nostri conventi.
Augusto Cavadi
(www.augustocavadi.com)
mercoledì 13 novembre 2013
Nino Cangemi sul mio libretto "Legalità" che sarà discusso venerdì 15 nov. , alle 17,45 alla sede RAI di Palermo
|
“Legalità”, il nuovo saggio di Cavadi
si presenta a Palermo
di Antonino Cangemi -
Nel
dibattito politico e sociale dei nostri giorni si affrontano spesso
temi di vitale importanza in modo vago, contorto e superficiale. Tante
volte si rendono complesse e poco comprensibili questioni che invece
esigono, in una democrazia matura, chiarezza e rigore. Soprattutto se
gli argomenti su cui si controverte interessano la generalità dei
cittadini, anche quelli più “deboli” per istruzione o per età.
Un tema su cui si accendono
quotidianamente discussioni di vario genere, analizzato non di rado con
faziosità o con enfasi quantomeno sospetta, è quello della legalità.
Proprio ‹‹Legalità›› è il titolo di
un pamphlet del noto saggista palermitano Augusto Cavadi, edito da Di
Girolamo, che inaugura una collana, ‹‹Sindacalario››, rivolta a
un’amplia platea di lettori, animata dal proposito –di per sé
encomiabile- di analizzare con semplicità coniugata a ragionevole
completezza temi al centro della vita sociale.
Il saggio di Cavadi è stato
presentato nella scorsa primavera a Torino da Giancarlo Caselli in
occasione del Salone Internazionale del Libro e sarà presentato venerdì
15 novembre a Palermo presso l’Auditorium della Rai (ore 17,45): ne
discuteranno, con l’autore, il magistrato Maurizio De Lucia, Giuseppe
Enrico Di Trapani di “Addio pizzo”, Salvatore Scelfo, segretario
nazionale Filda-Cisl (sigla che ha promosso l’iniziativa editoriale).
Il dibattito si preannuncia assai
interessante, sia per l’argomento che per il modo come Cavadi ha
trattato nel suo libro il tema spinoso della legalità. Evitando
conformismi e luoghi comuni e ragionando con semplicità che mai sconfina
nel semplicismo.
L’incipit del testo è spiazzante e
svela subito la cifra originale dell’analisi: ‹‹La parola legalità…è una
parola simpatica? A prima vista non si direbbe. Essa ci richiama
ordini, divieti, rimproveri, talora castighi…››. Da lì parte la
disamina, al tempo stesso elementare e dotta, della legalità.
Il rispetto delle regole e delle
leggi in particolare, ci dice Cavadi, per quanto possa comportare degli
oneri, è fondamentale per garantire la civile convivenza. Ma il rispetto
delle leggi non è facile: la legalità, perché non sia confonda col
“legalismo”, l’ossequio acritico dei precetti, e non scivoli
nell’illegalità, deve essere accompagnata dalla ‹‹ricerca della
giustizia››. Il che richiede un ‹‹paziente esercizio››, che conosce
tante tappe: quella della “conoscenza”, innanzitutto, senza la quale non
si accede alla successiva, quella del “discernimento”. Per potere
distinguere le leggi giuste da quelle ingiuste ( e ve ne sono state
tante nella storia, si pensi a quelle razziali) occorre conoscere le
norme e orientarsi seguendo la guida di provvedimenti cardini come la
“Dichiarazione dei diritti dell’uomo” dell’Onu nel 1948, la “Convenzione
dei diritti dell’uomo” del 1950, la “Costituzione italiana”. A queste
due prime tappe ne seguono altre: la “fedeltà” e la “resistenza”,
anch’esse strettamente connesse. Le leggi giuste vanno interiorizzate,
fatte proprie, seguite perché condivise; e se le leggi giuste si
rispettano, pure a costo di sacrifici, si è nelle condizioni di potere
disobbedire a quelle che stridono con la propria coscienza (si pensi
alla lezione di Gandhi). L’esercizio –faticoso- della legalità pretende
che la resistenza alle leggi ingiuste non si limiti a una pratica
negativa: alla disobbedienza deve far seguito la proposta,
l’affermazione, attraverso la partecipazione al confronto politico, di
ciò che è giusto e perciò legale.
La dissertazione di Cavadi ha il
dono della sinteticità (il libro conta appena 70 pagine) ed è ricca di
citazioni colte, che spaziano dalla filosofia alla teologia, tali però
da non appesantire il tono discorsivo e piano. Si potrebbe dire che
Cavadi, in questo stimolante pamphlet, riveli le sue tante anime: quella
del docente e del pedagogista, per gli aspetti didattici del testo,
quella del filosofo e del teologo, per i rinvii ai maestri del pensiero e
a pagine religiose, quella del giornalista, per la capacità di dire
molto con poche parole: multis paucis.
martedì 12 novembre 2013
I pregiudizi sui migranti che condizionano i nostri legislatori
“Repubblica – Palermo”
9.11.2013
A un mese esatto dalla strage
di Lampedusa, l’emozione pubblica si è affievolita ma non spenta. Bisognerà
attendere ancora uno o due mesi perché anche il ricordo di questa ennesima
strage scompaia nell’abisso dell’oblìo. Per andare un po’ oltre l’emozione, la
Scuola di formazione etico-politica “G. Falcone” ha organizzato un seminario di
studio di tre giorni, pervenendo -
con l’aiuto di esperti di varia estrazione – a delle conclusioni che
meriterebbero d’essere condivise. Per
limitarci a pochi flash, cominciamo
dai numeri oggettivi. Le “invasioni barbariche” (di cui il Canale di Sicilia
costituisce solo il passaggio per il 10% degli immigrati: il restante 90%
arriva in aereo, treno e pullman varcando i confini del Paese a ogni
latitudine) coinvolgono 5.000.000 di persone regolarizzate (che contribuiscono
con i contributi INPS a pagare le pensioni dei lavoratori italiani in
quiescenza) e solo 400.000
irregolari (pari a meno dell’1 % della popolazione italiana). Senza tanti
immigrati - che lavorano sodo,
pagano le tasse, fanno figli – il nostro Welfare
State sarebbe in serio pericolo.
C’è chi sposta l’allarme sul piano sanitario: quante malattie importano
in Sicilia e in Italia tanti africani? Risposta dei medici specializzati in
questo settore: nessuna. Arrivano da noi le persone più sane fisicamente e più
decise psicologicamente: quando si ammalano è per lo stress lavorativo (i maschi) e per aborti clandestini (le donne).
Altri ancora - sorvolando sugli aspetti economici e sanitari – si
concentrano sui pericoli culturali: che ne sarà nei prossimi decenni
dell’identità italiana e, più ampiamente, europea? La domanda avrebbe senso se
l’identità italiana e, più
ampiamente, europea, non fosse già (diacronicamente e sincronicamente) un
intreccio di tradizioni culturali (dalla filosofia greca all’ebraismo, dal
cristianesimo all’islamismo, dall’illuminismo francese allo storicismo
tedesco). Non solo è falso dal punto di vista storico-antropologico che esista
una “identità nazionale”, ma qualora esistesse sarebbe deleterio salvaguardarla
dallo scambio osmotico con le altre culture, le altre tradizioni sapienziali,
le altre religioni mondiali, al caro prezzo di ingabbiarla e fossilizzarla.
Se queste pregiudizi sono infondati,
andrebbero riviste radicalmente le politiche e le normative che su quei
pregiudizi sono state fondate, anche per strumnetalizzare elettoralmente le
paure viscerali della gente meno informata e meno riflessiva. Sul piano
propositivo, dunque, andrebbero fissati alcuni criteri illuminanti. Primo fra
tutti la differenza fra le varie tipologie di immigrati: c’è chi emigra per
delinquere in Paesi più ricchi (e si tratta di sparute minoranze, paragonabili
ai siciliani che andavano negli Stati Uniti per rafforzare la criminalità
organizzata), chi emigra per cercare condizioni di lavoro e di vita più
dignitosi e chi emigra per disperazione (affrontando difficoltà inenarrabili e
persino il concreto rischio di morire pur di fuggire da situazione di guerra, di
fame, di persecuzione politica da parte di feroci dittature). L’attuale
legislazione italiana ed europea non fa distinzione fra le varie categorie di
immigrati e, trasformando la clandestinità da illecito amministrativo a reato,
criminalizza migliaia di innocenti. Essa andrebbe mutata non per debolezza
verso popoli stranieri che pressano alle frontiere, ma per coerenza e
continuità rispetto alla civiltà giuridica europea (così nobilmente segnata dal
diritto romano) e, in particolare, con la Costituzione italiana. La soluzione
che è apparsa più ragionevole ai partecipanti al seminario sarebbe la più
radicale: allargare ai cittadini di tutti gli Stati del mondo la medesima
facoltà di spostamento di cui attualmente godono solo i cittadini degli Stati
più ricchi (Unione europea, Stati uniti d’America, America latina, Russia,
Giappone, Australia…). In una logica di gradualità dell’inversione della
tendenza politica si potrebbero studiare delle norme meno ipocrite, quali ad
esempio l’istituzione di un “permesso di soggiorno per ricerca di lavoro”
(della durata di un anno) che eviti il paradosso di un immigrato che deve
vivere da clandestino e lavorare in nero (dunque in condizione di sfruttamento)
prima di poter chiedere la regolarizzazione giuridica in Italia. Per secoli questa libertà di movimento
sulla faccia della Terra è rientrata fra i diritti più ovvi di ciascun essere
umano; oggi non lo è più e appare un’utopia. Ma forse domani tornerà ad essere
ovvia come l’abolizione della schiavitù
o della pena di morte.
Augusto Cavadi
domenica 10 novembre 2013
Ci vediamo venerdì 15 alle 17,45 a Palermo?
Dopo la presentazione alla Fiera internazionale del libro di Torino (ad opera di Giancarlo Caselli), sono lieto di poter presentare anche a Palermo - in forma pubblica - il mio tascabile "Legalità" (Di Girolamo, Trapani 2013, pp. 86, euro 7,00). Si tratta del primo volumetto di una Collana di alfabetizzazione elementare destinata a sindacalisti, operai, giovani e - in genere - cittadini desiderosi di capire un po' meglio le questioni in gioco nel dibattito politico contemporaneo.
L'appuntamento è per venerdì 15 novembre, alle ore 17.45, all'Auditorium RAI di Palermo
(viale Strasburgo, 19).
Avrò il paicere di discutere con voi e con tre ospiti: il magistrato Maurizio De Lucia, Salvatore Scelfo (segretario nazionale FILCA CISL) e Giuseppe Enrico Di Trapani (Addiopizzo).
Una duplice avvertenza pratica utile:
a) si raccomanda di arrivare in anticipo rispetto all'orario di inizio, portando con sé un documento di identità necessario ad ottenere il pass di ingresso;
b) sino a esaurimento delle disponibilità, è possibile posteggiare gratuitamente entrando dal secondo cancello successivo all'ingresso principale della Rai.
L'appuntamento è per venerdì 15 novembre, alle ore 17.45, all'Auditorium RAI di Palermo
(viale Strasburgo, 19).
Avrò il paicere di discutere con voi e con tre ospiti: il magistrato Maurizio De Lucia, Salvatore Scelfo (segretario nazionale FILCA CISL) e Giuseppe Enrico Di Trapani (Addiopizzo).
Una duplice avvertenza pratica utile:
a) si raccomanda di arrivare in anticipo rispetto all'orario di inizio, portando con sé un documento di identità necessario ad ottenere il pass di ingresso;
b) sino a esaurimento delle disponibilità, è possibile posteggiare gratuitamente entrando dal secondo cancello successivo all'ingresso principale della Rai.
sabato 9 novembre 2013
Ho inviato questo messaggio di auguri a Giovanni Franzoni
A Giovanni Franzoni,
già abate di S. Paolo fuori le mura (Roma)
Caro Giovanni,
anche dalla lontana Palermo un abbraccio affettuoso
per il tuo 85. mo genetliaco.
Sappi che anche qui benediciamo il Signore per
averci regalato un amico
acuto, schietto, coraggioso, profetico insomma,
come te.
Augusto (Cavadi)
giovedì 7 novembre 2013
Il seminario di Valderice: report APRIBILE (si spera)
IL SEMINARIO DI VALDERICE: IL REPORT FINALE
A conclusione di un seminario di studio di tre giorni (1 – 3 novembre 2013) svoltosi a Valderice (Tp) sui flussi migratori verso l’Italia, la Scuola di formazione etico-politica “G. Falcone” di Palermo è arrivata, dopo un vivace e serrato confronto sia tra i soci che con gli ospiti esperti, alle seguenti conclusioni:
· molti luoghi comuni, a
cominciare dalla tesi di una identità
italiana, si rivelano dal punto di vista storico-antropologico dei meri
pregiudizi: ogni popolo, più che portatore di una cultura, è frutto di un intreccio (diaconico e sincronico) di culture al plurale;
· un altro equivoco radicato
nell’immaginario collettivo è la confusione fra tipologie diverse (per esempio
fra migranti per lavoro – che sono la maggioranza e arrivano attraversando
regolarmente le frontiere - e migranti
forzati);
· le informazioni correnti
sono scorrette perché ingigantiscono i dati statistici: attualmente – secondo
le fonti del Ministero degli Interni -
gli immigrati regolari (con
i Paesi europei più rappresentati rispetto al resto del mondo) in circa
5 milioni a cui vanno aggiunti circa 400.000 irregolari e clandestini (stimati);
· molte leggi che regolano
l’ingresso dei migranti in Italia contraddicono la civiltà giuridica europea
(fondata sulla filosofia greca, sul diritto romano, sulla tradizione cristiana
e sui princìpi dell’illuminismo: libertà, uguaglianza e fraternità);
· la soluzione più radicale
sarebbe allargare ai cittadini di tutti gli Stati del mondo la medesima facoltà
di spostamento di cui attualmente godono solo i cittadini degli Stati più
ricchi (Unione europea, Stati uniti d’America, America latina, Russia,
Giappone, Australia…);
· in una logica di gradualità
dell’inversione della tendenza politica si potrebbero studiare delle norme meno
ipocrite, quali ad esempio l’istituzione di un “permesso di soggiorno per
ricerca di lavoro” (della durata di un anno) che eviti il paradosso di un
immigrato che deve vivere da clandestino e lavorare in nero (dunque in condizione
di sfruttamento) prima di poter chiedere la regolarizzazione.
lunedì 4 novembre 2013
Ci vediamo venerdì 8 e sabato 9 novembre 2013 ad Ancona?
Nelle due mattine di venerdì 8 e sabato 9 novembre
sarò ospite di quattro scuole superiori di Ancona
per inaugurare un percorso di educazione alla legalità nel mondo del lavoro.
Dall'ora di pranzo in poi sarò libero di incontrare gli amici della zona.
Arrivederci,
A.
sarò ospite di quattro scuole superiori di Ancona
per inaugurare un percorso di educazione alla legalità nel mondo del lavoro.
Dall'ora di pranzo in poi sarò libero di incontrare gli amici della zona.
Arrivederci,
A.
domenica 3 novembre 2013
Le stragi nel mare di Lampedusa, al di là delle emozioni
“Centonove” 1.11.13
MIGRANTI VERSO L’ITALIA: AL DI LA’ DELL’EMOZIONE
Quando i teleschermi ci
restituiscono le immagini dei cadaveri di Lampedusa - come, prima, di decine di altre spiagge dove il sole
splende su scene di morte – è facile commuoversi, persino indignarsi. Ma poi? La
ruota della cronaca gira e, sino al prossimo naufragio, c’è tanto altro di cui
commuoversi e di cui indignarsi. Convinta che l’emozione non basti,
l’associazione di volontariato culturale
SCUOLA DI FORMAZIONE ETICO-POLITICA “G. FALCONE” di Palermo intende perciò
offrire uno spazio di riflessione critica e di approfondimento documentato sui
flussi migratori mondiali in un seminario che si terrà a Valderice (Trapani) da
venerdì 1 a domenica 3 novembre.
Le tematiche che esigono d’essere affrontate - con animus
equidistante dal buonismo political
correct sono diverse. La prima di carattere antropologico, se non
addirittura etologico: perché noi umani, in quanto animali, difendiamo i nostri
spazi vitali con aggressività? Perché abbiamo paura dello straniero e rizziamo
le antenne quando qualcuno varca i confini della nostra casa? E – nel caso che
questi comportamenti fossero ‘naturali’ – come favorire un mutamento
‘culturale’ nel segno dell’accoglienza e della condivisione? Ma i comportamenti
sono incoraggati o scoraggiati dalle leggi in vigore: ecco perché un secondo
punto di vista sulla situazione attuale non può prescindere dall’analisi della
normativa europea e italiana. Clelia Bartoli ha scritto in proposito
l’essenziale nel suo intenso Razzisti per
legge. L’Italia che discrimina (Laterza, Roma – Bari 2012), la cui tesi
centrale è facilmente sintetizzabile: con le leggi Bossi-Fini e poi Maroni, “In
Italia si è avviata la costruzione di un sistema razzista, reso efficace e
duratiro dalla legge, che rischia di portare a una frattura della popolazione
dai perniciosi effetti di lunga durata”.
Il diritto è frutto di scelte
etico-politiche: quale filosofia sta alle spalle delle normative che
incoraggiano la circolazione delle merci e scoraggiano la circolazione delle
persone (persino quando sono attanagliate dalla persecuzione politica, dalla
guerra, dalla fame, dalla malattia e dalla povertà)? Nell’epoca in cui si
ribadisce, con malcelata soddisfazione, il tramonto delle ideologie, l’opzione
di fondo resta proprio ideologica: che caratteri deve avere la globalizzazione
in atto? Una vera planetarizzazione delle culture e dei diritti o piuttosto
l’occidentalizzazione (mascherata) del pianeta?
Questi interrogativi possono
sembrare lontani dalla quotidianità. Ma è davvero così certo che noi cittadini
‘comuni’ non possiamo fare nulla per spostare la storia mondiale in una
direzione piuttosto che in un’altra? Forse le nostre armi, limitate, possono
acquistare consistenza ed efficacia se aggregate in un “fascio” unitario (noi
siciliani dovremmo ricordare ogni tanto che, trent’anni prima dei fasci di
Mussolini, abbiamo realizzato i “fasci siciliani” di ben altra tempra e di ben
altro colore). Forse possiamo scoprire che l’associazionismo laico e religioso
sta facendo molto per sensibilizzare la mentalità della gente e per approntare
forme di assistenza, legale e sanitaria, a favore dei migranti; che in quanto
elettori potremmo pesare anche sulla politica estera dei governi; che in quanto
consumatori possiamo esercitare notevoli pressioni sulle logiche capitalistiche
e sulle modalità alternative di commercio equo e solidale….
Augusto Cavadi
venerdì 1 novembre 2013
La quotidiana illegalità nel Far West senza sceriffo
“Repubblica – Palermo”
31 ottobre 2013
LA QUOTIDIANITA’ NEL FAR WEST SENZA SCERIFFO
Me
lo ha fatto notare una coppia di
amici toscani: gli autisti dei bus palermitani sono davvero eccezionali.
Hanno un’abilità non comune nel passare fra file di auto posteggiate in doppia
e tripla fila; una pazienza non comune nel fermarsi ogni cinquanta metri perché
qualcuno ha lasciato l’auto in posizione così selvaggia da impedire il transito
di un mezzo voluminoso; una cortesia non comune fra i colleghi del Settentrione
(dopo aver lasciato i miei amici a piazza Camporeale, un autista si è trovato per
caso, a guidare anche la vettura
del ritorno e non ha risparmiato la domanda se la Zisa fosse stata di loro
gradimento).
Ringraziamo gli dei per questa elargizione di eroi alla città abbastanza
malconcia: ma sino a quando dovremo contare sui miracoli? Non sarebbe meglio
provare, laicamente, a produrne uno noi mortali, dal basso, ma radicale e
decisivo: fare uscire i vigili urbani dai ristretti confini del centro
storico? Ho fatto attenzione per
mesi di seguito: dall’incrocio con viale della Libertà, se si scende verso il
mare per via Duca della Verdura, si può tranquillamente arrivare ai Canieri
navali, poi all’Acquasanta, poi all’Arenella, poi a Vergine Maria…senza l’ombra
di una divisa municipale. Neppure a ridosso della festa dei morti, quando la zona
intorno al cimitero dei Rotoli puppula di auto, di bus, di taxi, di motorini,
di ambulanti abusivi, di botteghe legali di fiorai che occupano illegalmente
interi marciapiedi costringendo i pedoni a farsi avanti nella carreggiata delle
automobili? Neppure. Bisogna attarversare tutta l’Addaura sino a Mondello per
rivedere - per avere qualche
probabilità di rivedere – un vigile in strada.
In questa situazione che fa un autista di bus un po’ stanco o un po’
nervoso per problemi personali o solo un po’ sfortunato perché trova la strada
sbarrata da un mascalzone che, invece di risalire correndo nell’auto con aria
(almeno finta) di dispiacere, deride e poi offende chi si è permesso di
sollecitarlo? Dipende. L’autista che guidava qualche giorno fa il bus su cui
viaggiavo in via dei Cantieri ha risposto alla sfida del teppista (“Quando
vuoi, vienimi a trovare: lavoro al bar qui di fronte”) con la promessa a voce
forte e chiara: “Smonto alle 15 ed entro le 16 verrò a insegnarti
l’educazione”. Tra i passeggeri si è aperto il dibattito: è giusto, non è
giusto, sarebbe giusto ma non lo faccia per i suoi figli, non sarebbe giusto ma
quando ci vuole ci vuole…Ascoltavo tra l’attonito e l’angosciato. Palermo città
dell’Ottocento dove ci si sfida a duello; ma anche del Far West dove non c’è
un’autorità visibile ed efficace che faccia rispettare le leggi a tutti,
iniziando dai prepotenti che s’illudono di essere intoccabili. Mi aggrappavo alla speranza che i
quattro turisti indirizzati a Villa Igea non capissero cosa stesse accadendo né
decifrassero il mix di italiano e di
dialetto della disputa filosofica conseguente.
Già, perché il cerchio infernale fa presto a chiudersi: l’illegalità (ma
sarebbe più esatto dire l’a-legalità) genera violenza, la violenza scoraggia il
turismo, il decremento di turismo indebolisce l’economia cittadina. Ma una
città povera di risorse economiche è più esposta - per ignoranza o per bisogno – all’illegalità: e così il
ciclo ricomincia. Lo so:
individuare nel “traffico” uno dei mali di Palermo sa di parodia alla Benigni.
Basterebbe evocare i danni, sistemici e decennali, provocati da ogni punto di
vista (etico, politico, culturale ed economico) dai ras della formazione professionale e dai loro complici equamente
distribuiti fra politici, a monte, e faccendieri, a valle. La massa di giovani
e meno giovani (inoccupati e disoccupati) che ciondolano per le nostre strade
grida veramente vendetta al cospetto di Dio: almeno quanto la grida la vista di
discariche abusive in tutta l’Isola nonostante eserciti di lavoratori virtuali vengano pagati con fondi
pubblici (cioè di privati contribuenti, corretti o anche solo timorosi delle
sanzioni). Il “traffico” non è
certo, insomma, la radice di ogni male: ne è però un sintomo particolarmente
eloquente, fastidioso e controproducente dal punto di vista dell’immagine.
Mentre ad altri livelli istituzionali si stanno avviando delle battaglie
impegnative sui crimini perpetrati nel mondo della formazione professionale, a
livello municipale dovrebbe essere relativamente più facile attivare dei
processi virtuosi di bonifica. Il “miracolo” sarebbe molto più facile da
realizzare di quanto si sospetti: basterebbe spezzare la certezza dell’impunità
nell’80% del territorio comunale inviando anche solo un giorno a settimana una pattuglia di polizia urbana (se
necessario, coadiuvata da polizia statale e carabinieri) nei tanti quartieri multa-free. Un blitz per chi sosta dove vuole, per chi getta l’immondizia quando
gli pare, per chi chiede il pizzo in ogni angolo di posteggio, per chi scavalca
file lunghissime servendosi delle corsie preferenziali riservate… Sicuramente
Palermo risalirebbe dall’ultimo posto che oggi occupa, insieme a Catania, nella classifica per vivibilità di
Legambiente e, magari, con gli introiti delle multe si potrebbe ridurre qualche
imposta comunale. E poi sarebbe anche un modo per ricordare che non siamo in pieno
Far West ; o che , se lo siamo, lo sceriffo - pardon: il
sindaco – qualcuno lo sa fare.
Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com
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