La questione non è di largo interesse, tuttavia la sento porre spesso anche al di fuori della ristretta cerchia dei filosofi di mestiere. Ecco perché segnalo il libro (acquistabile sul sito della Liguori anche in pdf, in e-book e persino per singoli capitoli) e riporto le parti essenziali del mio contributo...inessenziale (pp. 215 - 222):
C’E’ MA NON SI VEDE (SPECIE SE E’ DI
BUONA QUALITA’).
Un background invisibile
Che ruolo gioca la conoscenza della
letteratura filosofica nell’esercizio professionale del consulente? Nessuno.
Anzi, un ruolo immenso. Dipende dai punti di vista. Se si esaminasse la
videoregistrazione di molti colloqui, si potrebbe costatare che non viene
citato neppure un ‘classico’ della storia della filosofia. I diffidenti che
amano ironizzare sulla consulenza filosofica (“Se arriva da voi una coppia in
crisi, le leggete la Critica della ragion
pratica e risolvete la questione?”) resterebbero delusi, se solo si
informassero su ciò di cui blaterano. Tuttavia un orecchio esperto non
faticherebbe a riconoscere – fra una frase e l’altra del filosofo in colloquio,
anzi come sfondo e humus delle frasi
del filosofo – un’antica familiarità con le opere della tradizione filosofica.
Perché la saggezza - anche, e
soprattutto, quella saggezza che consiste nella consapevolezza di non averne
abbastanza – non si acquisisce con l’assunzione di “pillole” (fossero pure
d’Aristotele…) (...): essa
matura col tempo e con l’esperienza, con l’osservazione di ciò che accade e con
la conoscenza di ciò che è accaduto nella storia, con la riflessione critica e
con la meditazione. E con il dialogo con interlocutori saggi. Alcuni dei quali
sono a portata di mano, o per lo meno di telefono e di mouse; ma molti dei quali hanno smesso di calcare le nostre strade
e ci parlano solo attraverso i loro scritti. Il filosofo consulente, come ogni
altro genere di filosofo, avverte dunque l’esigenza interiore - prima che il dovere professionale –
di dare almeno un breve appuntamento quotidiano ad un pensatore del passato
(anche recente): proprio come Machiavelli ricorda di dedicare le ore per lui
più gratificanti della giornata a colloquiare (dopo essersi persino vestito
degli abiti più adatti alla solennità del caso!) con i grandi della storia.
Il necessario canone
impossibile
Esiste un canone, una sorta di ‘bibbia’ filosofica, formata da classici
irrinunciabili per un filosofo consulente? La risposta non è ovvia. Per certi
versi, infatti, sarebbe facile rispondere che il filosofo consulente deve conoscere almeno la stessa lista di
opere che è obbligato a conoscere qualsiasi altro filosofo (insegnante liceale
o ricercatore accademico che sia).
Quando, però, si passasse a determinare in concreto l’elenco dei libri
indispensabili, ci si troverebbe in serio imbarazzo: davvero, infatti, alla
lunghezza dell’ars si coniuga,
drammaticamente, la brevità della vita
!
(...)
Ma ammettiamo pure che si avesse tempo per leggere tutti i libri di
tutti i filosofi citati in un buon manuale di storia della filosofia: che ne
sarebbe, comunque, di quegli altri pensatori ‘minori’ che ognuno di noi ha
incontrato nelle sue scorribande intellettuali e che gli hanno dato qualcosa di
speciale - se non addirittura di
unico – rispetto alle letture ‘canoniche’? A molti miei colleghi Joseph Pieper o Etienne Gilson, Karl
Loewith o Agnes Heller possono non evocare nulla (esattamente come tanti altri
nomi di indubbio valore sono rimasti del tutto al di fuori dalle mie
conoscenze); laddove, per me, rappresentano tappe importanti della mia
evoluzione (o involuzione?) filosofica.
Come se non fosse già abbastanza complicato, il quadro è reso ancor più
problematico da un’ulteriore considerazione: se, per assurdo, uno di noi
riuscisse a leggere tutte le opere (maggiori e minori) di tutti i filosofi
occidentali (maggiori e minori), potrebbe ritenersi abbastanza attrezzato per
svolgere con competenza la sua professione di filosofo consulente? La risposta
apre orizzonti sconfinati. Qualcuno di noi rinuncerebbe, sia pur a malincuore,
a una decina di filosofi pur di avere modo di leggere i padri della psicologia
del profondo; altri pur di leggere alcuni romanzieri e poeti; altri ancora
alcuni scienziati della natura e della società…Senza contare i casi davvero
patologici di quanti, come me, ritengono necessario maneggiare - addirittura ! – gli elementi basilari
della storia delle religioni e della teologia cristiana (cattolica, ortodossa e
protestante), a cominciare – evidentemente – dalla Bibbia.
Chi condivida queste considerazioni potrà facilmente concordare su una
conseguenza operativa: la biblioteca essenziale di un filosofo consulente è
sempre incompleta e vale non tanto per il numero e la ‘nobiltà’ dei volumi
studiati quanto per l’atteggiamento interiore con cui egli si sia accostato ai
libri che ha letto. Detto altrimenti: vale in proporzione all’autenticità
dell’interesse, intellettuale ed esistenziale, con cui egli ha cercato,
trovato, studiato e meditato ciascuno dei suoi libri.
(...)
Una consulenza interpersonale: Martino
Chiarito, dunque, il criterio di fondo (il rapporto
fra conoscenza della letteratura, primaria e secondaria, della storia della
filosofia con l’attività pratica del filosofo non è immediato, puntuale,
individuabile di caso in caso, bensì fondativo in senso remoto, pre-giudiziale)
, posso adesso raccontare qualche esperienza professionale nel corso della
quale mi è sembrato - ad una
riflessione successiva – che alcune letture mi siano state presenti, quasi
irriflessivamente, più di altre.
Martino
è sposato da venti anni con una moglie dolcissima e tre figli esemplari. (...)
Una consulenza
di gruppo: i sindacalisti della Filca (Cisl)
Più d’una volta lo staff nazionale per la formazione della
Filca- Cisl (la federazione che raccoglie i lavoratori delle costruzioni, del
legno e di aziende affini) mi ha
dato la gioia di incontrare sindacalisti di varie regioni italiane, soprattutto
meridionali, per riflettere sul tema della legalità.
(...)
Un’altra
consulenza di gruppo: i medici della Samot
Devo alla lungimiranza di un
primario di medicina, Giorgio Trizzino, l’occasione preziosa di aver
incontrato, mensilmente per quasi un intero anno sociale, gli operatori della
Samot di Palermo, un’associazione che – in regime di convenzione con il Sistema
sanitario nazionale – si occupa di assistenza domiciliare ai malati terminali.
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