“Centonove” 9.8.2013
GAY: SE IL CARDINALE ROMEO BACCHETTA IL SINDACO ORLANDO
In occasione della celebrazione
eucaristica in Municipio il cardinale Romeo ha bacchettato la giunta Orlando su
due questioni: l’ospitalità del Gay Pride e l’attivazione del registro delle
coppie di fatto. Il messsaggio, ridotto all’osso, è chiaro: la Chiesa cattolica
è contraria a ogni forma di unione stabile che non sia eterosessuale e sancita
da un sacramento. Ma, oltre ad essere un messaggio chiaro, è anche vero (nel
senso di corrispondente alla realtà)? Se per Chiesa intendiamo – riduttivamente
- il papa e i quattromila vescovi del mondo, possiamo rispondere grosso modo affermativamente (dico grosso modo perché conosco almeno una
decina di vescovi italiani che, nelle conversazioni private, mi comunicano una
visione delle due questioni molto problematica e articolata). Ma se per Chiesa
intendiamo, come insegna la dottrina ufficiale della Chiesa stessa, anche le
centinaia di migliaia di preti e le centinaia di milioni di fedeli impegnati
nell’insegnamento teologico, nell’apostolato, nella catechesi…allora la
risposta è decisamente negativa. Il “popolo di Dio” non condivide, nel suo
complesso, le posizioni rigide (che non significa rigorose) della sua
gerarchia: come ha spiegato da anni il filosofo cattolico Pietro Prini, la
Chiesa cattolica vive negli ultimi cinquant’anni uno “scisma sommerso”, una
separazione netta fra ciò che dicono i suoi esponenti ufficiali e ciò che
credono e vivono i suoi membri effettivi. Tale schizofrenia pone più di un
interrogativo: infatti, secondo le più antiche convinzioni teologiche, una
verità diventa ecclesiale quando non solo è proclamata dal Magistero ma anche
recepita dalla maggioranza dei fedeli, custodi appunto del sensus fidei. Nelle questioni toccate dall’arcivescovo di Palermo è
proprio questo consenso della base a difettare fortemente.
Una
riprova la si è avuta nel corso del Gay Pride: una iniziativa su Bibbia e
omosessualità, promossa dall’associazione di omosessuali credenti “Ali
d’Aquila”, ha riempito tutti i
posti disponibili dell’Istituto Gramsci e non solo il pastore valdese, ma anche
gli altri tre relatori (preti cattolici) hanno spiegato l’infondatezza biblica
e teologica dell’atteggiamento omofobico della Chiesa cattolica ‘docente’.
Tutti e quattro hanno confessato che la loro
posizione in materia è mutata quando dalle nozioni libresche sono passati
all’esperienza pastorale diretta. La strada è stata la loro maestra di
teologia. Ma il cardinale Romeo ha
mai parlato a tu per tu con omosessuali dichiarati (di omosessuali clandestini,
talora incapaci di ammettere persino a sé stessi le proprie inclinazioni, ne ha
certamente conosciuto centinaia)? Si è mai fatto interrogare dai loro volti? Ha
mai ascoltato le loro storie personali?
Interrogativi simili emergono a proposito della condanna della
registrazione anagrafica delle “coppie di fatto” che solo in parte sono coppie
di persone che hanno accettato di vivere l’amore omoaffettivamente: molte sono
coppie eterosessuali o addirittura di persone amiche che non vivono nessuna
relazione sessuale. Ammettiamo – per comodità dialettica - che, in questi casi,
non si possa ipotizzare un matrimonio (né civile né tanto meno sacramentale):
ebbene, perché mai il riconoscimento di un rapporto para-matrimoniale sarebbe
una minaccia per il rapporto tipicamente matrimoniale? Se ci sono richieste di
avvicinarsi a un modello originario, queste stesse richieste non sono
oggettivamente un riconoscimento di tale modello? Nessuno si sogna di copiare
un’idea se la ritiene sballata; anzi, proprio le copie che tentano di
riprodurre un originale ne sottolineano il valore intrinseco. Il matrimonio
cristiano è diventato un
sacramento solo dopo i primi mille anni di cristianesimo: ammesso, e non
concesso, che lo si voglia considerare il massimo della perfezione
istituzionale, perché scoraggiare quanti chiedono di imitarne alcune
prerogative?
Forse lo spirito evangelico
suggerirebbe di sostituire - al
rimprovero e alla condanna - la proposta, in positivo, dei pregi di un vincolo
matrimoniale esclusivo e indissolubile: non per paura della legge, ma come
effetto miracoloso dell’amore umano e (per chi ci crede) della grazia divina.
Pare che il papa Francesco stia privilegiando questo stile dell’annunzio
profetico disarmato: evidentemente anche da questo punto di vista Palermo dista
mille chilometri da Roma.
Augusto Cavadi
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