“Centonove” 14.6.2013
QUANDO IL PIATTO…PIANGE
“Oggi sappiamo per certo, ma lo abbiamo
istintivamente sempre saputo, che gli animali possono soffrire esattamente come
gli esseri umani. Le loro emozioni e la loro sensibilità sono spesso più forti
di quelle umane. Diversi filosofi e capi religiosi hanno cercato di convincere
i loro discepoli e seguaci che gli animali non sono altro che macchine
senz’anima, senza sentimenti. Chiunque però abbia vissuto con un animale – sia
esso un cane, un uccello o persino un topo – sa che questa teroria è una
sfacciata menzogna, inventata per giustificare la crudeltà”: questo breve brano
di Isaac Bashevis Singer
costituisce solo una perla della collana che David Ciolli ha
pazientemente forgiato per chiunque voglia meditare sulla posizione dell’essere
umano nel contesto del pianeta e dell’intero universo. Non è infatti una
raccolta di citazioni esclusivamente dedicate agli interrogativi
sull’opportunità o meno di consumare – e di sperperare – carne di esseri
viventi e senzienti, ma più ampiamente si occupa dei presupposti e delle
conseguenze del divieto biblico di usare violenza contro altre creature, più o
meno simili a noi. Da qui il titolo (“Quinto non uccidere”) e il
sottotitolo (“Aforismi e riflessioni per un mondo migliore”) del volume edito
dalla raffinata casa editrice
Petite Plaisance (Pistoia, 2010, pp. 159, euro 8,00).
Il divieto è biblico, ma nessuna dell tre grandi religioni monotesitiche
(ebraismo, cristianesimo e islamismo) ne ha tratto per intero e con coerenza le
implicazioni: esse, infatti, hanno non solo tollerato, ma addirittura esaltato
come manifestazione di adorazione del Creatore ogni genere di carneficina, spesso a danno di altri uomini, sempre anche a danno degli altri
animali. Sarebbe motivo di riflessione approfondita capire perché sono state,
invece, le religioni estranee alla rivelazione del Libro (induismo e buddhismo in primis) a coltivare un atteggiamento
di rispetto, di delicatezza, di nonviolenza nei confronti di tutto ciò che
respira e palpita. D’obbligo, in proposito, almeno un breve richiamo a Gandhi:
“Ci sono cose per cui sono disposto a morire, ma non ce ne è nessuna per cui
sarei disposto a uccidere”.
La globalizzazione in atto è anche
da questa angolazione un fenomeno ambiguo: può indurre l’Occidente a esaminare
ed eventualmente interiorizzare certi tratti della saggezza orientale, ma
può - ugualmente – indurre
l’Oriente a recepire, insieme ad alcuni principi validi di noi occidentali,
anche gli aspetti deteriori della nostra civiltà. L’obiettivo delle persone
riflessive, dell’una e dell’altra tradizione, dev’essere dunque di lavorare ad
una sintesi nuova, inedita, sempre perfettibile, che lasci cadere nell’oblio
della storia le stupidaggini e le crudeltà prodotte in ogni area del mondo. Se
ciò non avverrà, se l’omologazione si realizzarà al ribasso, avremo come
modello antropologico unico l’uomo mcDonaldizzato: un animale affamato
di carne, che neppure sospetta quanta sofferenza ci sia a monte del suo panino
e quanti danni l’uso abituale della carne apporta al suo stesso organismo. Con
questo andazzo, diventerà sempre più vera dell’anonimo citato da Ciolli a p.
49: “La prova più sicura che esistano forme di intelligenz nel’universo è data
dal fatto che on hanno mai tentato di contattarci”.
Da mia madre a decine di altri conoscenti
ho ascoltato tante volte l’obiezione di fondo a ogni timida apologia del
vegetarianesimo: “Ma se da sempre gli uomini abbiamo mangiato animali, perché
alcuni di voi volete nuotare contro corrente?”. Nonostante le apparenze,
l’obiezione non è inossidabile. Intanto perché, anche se ci riflettiamo poco,
siamo la prima generazione nella millenaria storia dell’umanità che consuma
carne animale non occasionalmente (per le due o tre feste più importanti
dell’anno) bensì quasi quotidianamente. E, comunque, anche se davvero l’intera
umanità fosse, da sempre, carnivora in maniera così straripante e devastante
come oggi, ciò non costituirebbe un argomento valido: come sosteneva Bertrand
Russel (qui ripreso a p. 49) “il fatto che un’opinione sia ampiamente condivisa
non è affatto una prova che non sia completamente assurda. Infatti, a causa
della stupidità della maggioranza degli uomini, è molto più probabile che un
giudizio diffuso sia sciocco piuttosto che ragionevole”. Ci sono idee che aprono prospettive future
alle quali le masse sia adeguano solo con molta fatica e dopo molti
secoli. All’inizio sono alcune
intelligenze superiori fanno da battistrada, da profeti. Nel caso del
vegetarianesimo, non sarà del tutto casuale se esso è stato adottato da personaggi
non proprio insignificanti come Ippocrate, Plutarco, Pitagora, Platone, Seneca,
Leonardo da Vinci, Newton, Pascal, Voltaire, Rousseau, Goethe, Darwin, Wagner,
Freud, Gandhi, Tolstoj, Einstein, Twain, Kafka, Beranrd Shaw, Russell, Martin
Luther King…nonché dalla mia amica Giusi Santagati. Che non è (ancora) famosa
come gli altri, ma che da molti anni mi testimonia con testarda coerenza la sua
opzione etica, sospingendomi silenziosamente a transitare dalle fila affollate
dei credenti nel vegetariamensimo
nella schiera, meno numerosa, dei praticanti.
Due notazioni in margine. Utile, alla fine, la rassegna dei profili
biografici degli autori antologizzati. Ancora più utile sarebbe stato un elenco
delle fonti testuali da cui sono tratti i brani citati: in mancanza del quale
l’attendibiltà delle frasi, del tutto estrapolate dal contesto, è notevolmente
ridotta.
Augusto
Cavadi
www.augustocavadi.com
2 commenti:
La credenza, ahimè estremamente diffusa, che l'uomo abbia bisogno delle proteine animali nella propria alimentazione è una vera e propria favola collettiva.
Guardare questi video per credere...
http://www.youtube.com/watch?v=1uTGWx2iZL8
http://www.youtube.com/watch?v=AQ342h2-2zc
http://www.youtube.com/watch?v=zRoiVrxTzMc
http://www.youtube.com/watch?v=BPfXeC2LcNo
Rosanna Colombrita
Grazie per aver recensito, da sostenitore della filosofia in pratica, un testo con una problematica così intrigante e attuale.
Maria D'Asaro
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