“Repubblica – Palermo”
14. 5. 2013
MA LA LEGGE NON PUO’ VALERE SOLO PER I PIU’ DEBOLI
Tra ordinanze del sindaco, iniziative spontanee di cittadini e
mobilitazioni organizzate di ambulanti ormai la questione è sul tappeto: come
coniugare leglità e diritto al lavoro, decoro cittadino e fame di disperati?
Solo gli stupidi e i
presuntuosi (categorie spesso sovrapposte) possono non nutrire dubbi e
interrogativi. Più che risposte secche, dunque, si possono fissare alcuni
criteri di giudizio. Cominciamo dal primo: una giunta progressista (come si è
dichiarata la giunta Orlando) non
dev’essere permissiva per principio. Consentire il caos per evitare ogni azione
repressiva significa regalare agli schieramenti conservatori e ai ceti
privilegiati uno dei pochi argomenti validi di cui possano disporre.
L’amministrazione ha il dovere di guardare al bene comune, provando a fare
sintesi di esigenze diverse e talora opposte. Una città ordinata, meno a-legale dell’attuale, è una città
più vivibile per tutti i cittadini (non solo per i ricchi) e più accogliente
per i turisti (con vantaggi non solo per gli imprenditori ma anche per i
lavoratori più modesti). Quando ottocento operatori ecologici dell’Amia firmano
il registro delle presenze e lasciano Palermo sommersa dai rifiuti, quanti
posti di lavoro dei loro figli e nipoti mettono a rischio? Quanti nuovi posti
di lavoro nel turismo e nell’indotto
impediscono che vengano creati? Qualche sindacalista dovrebbe
spiegarglielo, evitando di recitare solo la parte del difensore ad oltranza .
Questa prima considerazione va subito affiancata da una seconda: nella
repressione delle illegalità va sempre rispettata la scala delle priorità. Non
si può iniziare dalle piccole infrazioni solo perché compiute da gente inerme
col rischio di arrivare tardi, o mai, ai pesci grossi. E’ illogico, oltre che
immorale, mostrare i muscoli con gli immigrati africani e rimandare a data da
destinarsi la lotta all’evasione delle imposte comunali, all’abusivismo
edilizio, all’abbandono degli immobili da parte dei proprietari che trovano
comunque inquilini disposti ad abitare palazzi storici fatiscenti, al far-west
del traffico automobilistico fondato sulla ragionevole previsione
dell’impunità. Quando si comincerà a far rispettare le norme a chi ha i soldi e
le amicizie “giuste”, si potrà scendere giù sino ai marciapiedi e alle piazze.
Ma – e qui ci soccorre un terzo criterio – anche a questo livello ‘basso’ va
distinta trasgressione da trasgressione: l’odiosa richiesta di pizzo dei
posteggiatori (e qui i nativi sono molto più minacciosi e intimidatori degli
immigrati) non può essere considerata sullo stesso livello degli artisti di
strada o dei venditori su
bancarelle improvvisate. Anche tra i ‘poveri’ ci sono differenze che devono
condizionare la mano, necessaria, della legalità. Non si possono, ad esempio,
mettere sullo stesso piano gli artigiani che vendono il frutto della fatica
creativa con gli spacciatori di merce contraffatta che (con tutte le attenuanti
morali del mondo) tengono oggettivamente
in vita commerci miliardari di portata planetaria, fuori dai quali è
difficile supporre che si mantengano le organizzazioni criminali di stampo
mafioso.
Sappiamo bene
che, quando non si hanno responsabilità di governo, è facile pontificare. Senza
presunzione ideologica né semplificazioni sloganistiche è però necessario
ricordacelo: “l'anima di Palermo è l'essere un luogo di incontro dei colori e
dei suoni più diversi, che si mescolano senza
cancellare le loro differenze ,divenendo un insignificante grigio”
(Annibale Raineri) . Il “pensiero
meridiano” è un po’ più complesso di certi schematismi leghisti: e sarebbe
davvero grottesco che a Verona o a Brescia si trovassero, operativamente, delle
soluzioni di convivenza più sagge che a Palermo o a Catania. Vogliamo essere una città europea,
certamente; ma questo non ci obbliga a copiare il peggio di certe chiusure
inflessibili di cui danno prova non poche città del nord europeo che difendono i propri privilegi
(acquistati con violenza colonialista secolare) senza il minimo ascolto deelle ragioni altrui; che non
respingono fuori dai propri confini solo gli straneiri che si lascino
“integrare”. Vogliamo essere una cttà europea, ma non solo per imaparare ciò
che non sappiamo, bensì anche per insegnare a vedere la storia dal punto di
vista degli sconfitti di ieri e degli sfruttati di oggi. I siciliani onesti
hanno mille ragioni per affiancare, come fanno da anni molte associazioni, il
cammino degli immigrati dalla clandestinità alla regolarizzazione: anche
perché, dalle nostre parti, ogni volta che lo Stato mostra il pugno
dimenticando di stendere l’altra mano in soccorso c’è sempre qualche organizzazione
malavitosa che si fionda per confortare e arruolare nelle proprie file. Ora
che, a quanto pare, le cosche hanno difficoltà a trovare manodopera nelle
famiglie tradizionali, non è certo il caso di offrirgli braccia efficienti di
famiglie importate.
Augusto Cavadi
4 commenti:
D'accordo al 100%.
Vorrei portare un esempio.
Le bancarelle vicino la piazza di mondello.
Anzichè tollerare bancarelle che ostruiscono il passaggio nei marciapiedi, dove spesso gli extracomunutari pagano il pizzo x avere il posto migliore, il comune dia uno spazio stabile e controllato dai vigili e che questi vigili applichino le leggi se vendono roba contraffatta o di contrabando chiamino la GdF x il sequesto dei prodotti.
Ciao
Beppe
Questo è uno dei tuoi (tanti) articoli che avrei voluto ... scrivere io. Un modo diverso per dire che sottoscrivo le tue considerazioni.
Maria D'Asaro
Ottime osservazioni.
Ciao, Elio
E' sempre un piacere ritrovare, leggendoti, la felice fusione di umanità e analisi lucida dei problemi che sei capace di fare, Augusto. E sono felice di leggere questa difesa delle ragioni degli "ultimi" che abitano le strade di Palermo, non solo di giorno, ma anche la notte.
Saluti affettuosi,
Lidia
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