“Repubblica – Palermo”
7 . 5 . 2012
LA LEZIONE CHE CI HA LASCIATO
AGNESE BORSELLINO
Dal
1860 siciliani indegni ricattano e uccidono, dalla stessa epoca siciliani di
altra pasta resistono, combattono la mafia e spesso perdono la vita. La lista
dei martiri civili è così lunga che è praticamente impossibile ricordarli
tutti: il Centro siciliano di documentazione “G. Impastato” (che celebra in
questi giorni i trentatrè anni dall’intitolazione) riempie ogni anno un’intera
agenda di nomi, luoghi e date.
Per ogni caduto nella lotta contro il
sistema di dominio mafioso vi sono poi decine di vittime invisibili di cui
nessuno parla: sono i congiunti più stretti, il cui dolore trova quiete solo
con l’esalazione dell’ultimo respiro. E’ a queste persone che vorremmo
rivolgere un pensiero solidale oggi, nella giornata in cui accompagniamo a
riposare accanto a Paolo Borsellino la moglie Agnese. E’ alle madri, alle
compagne, alle figlie di tanti eroi che vorremmo dedicare qualche frammento di
memoria, affettuosamente grata: i loro uomini hanno dovuto affrontare la morte
in pochi, tragici, attimi, ma esse l’hanno dovuta “scontare vivendo”. Se la
sono dovuta “guadagnare” con una macerazione interiore quotidiana, implacabile,
inimmaginabile da chiunque non l’abbia sperimentato nella propria carne.
Se tutte meritano ammirazione e rispetto, ce ne sono alcune che lo
meritano doppiamente: sono quelle donne che non si sono limitate a gestire il
rimpianto e la rabbia, evitando di trasmettere ai figli desideri di vendetta
tribale, ma che hanno canalizzato in positivo il tumulto dei sentimenti. Agnese
Borsellino non è stata né la prima né l’ultima di queste donne: per questo,
ricordando lei, ricordiamo inseparabilmente quella schiera numerosissima, e
spesso ignorata, di donne che, in vario modo e con varie scelte, hanno
consacrato il resto dell’esistenza a cercare verità e giustizia per i padri,
per i mariti, per i fratelli, per i figli. Quelle donne che, in questi decenni,
si sono costituite in coordinamento “Donne contro la mafia”; che hanno sostenuto
moralmente e finanziariamente le congiunte di vittime di mafia costituetesi
“parte civile” nei processi, anche e soprattutto quando si trattava di donne
appartenenti a famiglie esse stesse mafiose; che hanno fondato riviste come
“Mezzocielo” e tante altre benemerite associazioni operanti nel capoluogo di
regione e nell’intera isola con lo scopo di mantenere alta la tensione etica e politica, culturale
e sociale, per un processo di liberazione delle donne e, attraverso le donne,
dell’intero tessuto siciliano.
Non tutti i cittadini – diciamolo con serena franchezza – sono disposti
ad affiancare i parenti delle vittime di mafia in questo impegno costruttivo e
ricostruttivo: può essere una scelta opinabile, ma va rispettata. Si può però
chiedere che, a loro volta, questi “indifferenti” manifestino il medesimo
rispetto per chi si impegna: che evitino, ad esempio, di tacciare di
protagonismo e di carrierismo quelle persone - soprattutto donne – che, pur evitando le luci della
ribalta, non si sottraggono al dovere della denunzia civile e, se invitate, al
servizio nelle istituzioni locali ed europee. Cercare un ipotetico punto di
equidistaza fra lo Stato e la mafia è da miopi o da vigliacchi: che almeno non
si infanghi l’immagine pubblica di chi non crede a simili equilibrismi. Agnese
Borsellino, insieme ad altri familiari altrettanto fedeli alla testimonianza di
Paolo, ha fatto di più: senza rinunziare al riserbo caratteriale, ha saputo
spendere poche ma pesanti parole ogni volta che si è trattato non solo di
prendere le distanze dai mafiosi e dai loro accoliti “grigi”, ma anche di
richiamare pezzi autorevoli dello Stato democratico alle proprie
responsabilità. Come ha scritto don Ciotti in un comunicato di queste ore, il
modo migliore per colmare il vuoto che ci lascia una persona autentica e
profonda come lei è di perseverare diuturnamente nella ricerca della verità con
la sobria coerenza che ha arricchito la sua esistenza.
Augusto Cavadi
2 commenti:
Considerazioni eccellenti. Che sottoscrivo.
Maria D'Asaro
Semplici e, allo stesso tempo, profonde parole. Parole che, senza dubbio, condivido.
Io non ho mai avuto l'onore di conoscere una Donna come Agnese Borsellino, ma quei suoi pochi discorsi di cui sono venuta a conoscenza mi hanno sempre invitata a riflettere e, soprattutto, dato la forza di credere ancora che le cose possano cambiare e che la verità un giorno potrà venire fuori. Dunque, il minimo che mi sento di poter fare, è proprio ricordare Lei e chi, come lei, ha continuato la sua esistenza con dignità e onore nonostante sia stata marcata da uno di quei dolori che più facilmente condurrebbero a sete di vendetta piuttosto che di speranza e fiducia.
A presto, Prof.
Bianca Russo
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