“Repubblica – Palermo”, 17.1.2013
PRIMA DI AUMENTARE LE ZONE BLU DATECI BUS DEGNI DI UNA CITTA’
Per ripianare i debiti, l’ Amat propone di moltiplicare le zone a pagamaneto. Ottima soluzione se si trattattasse di un’azienda privata a scopo di lucro. Lo è altrettanto visto che si tratta di un’azienda pubblica che deve muoversi all’interno di una politica comunale? La risposta è negativa per più di una ragione. Per dirla in breve, un aggravio dell’uso privato dell’automobile è del tutto logico - sino a raggiungere gli alti standard nell’Unione Europea – come esito di un processo che da noi non si è neppure lontanamente avviato.
Prima tappa: l’abolizione degli sprechi. Da anni, per una lunga stagione estiva e autunnale , vanno e vengono da Mondello lussuosi pullman con una media di due o tre passeggeri. Se un servizio non riesce a farsi conoscere né apprezzare, va abolito. (Senza contare l’idiozia occasionale di qualche autista che fa scendere, dopo pochi metri, la signora con una banconota di 10 euro perché, nonostante gli obblighi di legge, egli era privo di contanti da dare come resto). Seconda tappa: la lotta all’elusione del pagamento del biglietto di viaggio. Tutti quelli che frequentiamo abitualmente gli autobus sappiamo che i controlli sono rarissimi e, quando avvengono, avvengono in modo ridicolo: chi vuole scendere, scende; chi vuole dichiarare di non avere documenti rilascia un nominativo falso e/o un domicilio inesistente; chi ha meno fantasia, e un ceffo abbastanza minaccioso, borbotta e intimidisce i controllori. Insomma, alla fine, sono solo due o tre lavoratori immigrati extra-comunitari che pagano pegno. Terza tappa: rendere praticabile l’uso del mezzo pubblico. In tutte le città civili, anche italiane, ogni cittadino ha la possibilità di sapere a che ora è previsto il passaggio del bus da una determinata fermata e, rispetto all’orario, può eccezionalmente verificarsi un ritardo. Da noi (nonostante alcune organizzazioni e anche alcuni privati lo abbiano richiesto all’Amat in forme e tempi diversi) questa elementare forma di contratto con gli utenti è fantascientifica: neppure ai capolinea è possibile avere uno straccio di orario delle partenze. Ugualmente impossibile essere difesi da quegli autisti che, dopo le 22, decidono di saltare l’ultima corsa e di anticipare il riposo notturno “perché tanto, di solito, quando c’è cattivo tempo, a quest’ora il 603 non lo prende nessuno”. Gli autisti dell’Amat godono di immunità; anzi, addirittura, pare siano in grado di trasmetterla ai parenti, amici e conoscenti che esonerano dalla vidimazione dei biglietti. Quante persone, se potessero leggere su un display – come a Torino o a Brescia – i minuti mancanti al passaggio del bus successivo, non preferirebbero risparmiare soldi e smog lasciando l’auto in garage (o, come è frequentissimo in Svizzera, evitando addirittura di acquistarla)? La vera guerra si combatte con le armi della razionalizzazione e della efficienza dei servizi pubblici: le altre scorciatoie sono solo un modo per accentuare la sperequazione fra chi non ha problemi di bilancio familiare e chi non si accorge neppure dell’aumento mensile di poche decine di euro per i posteggi quotidiani.
C’è da augurarsi che il Consiglio comunale si opponga con fermezza a questa ipotesi di aumenti, almeno sino a quando l’attuale giunta comunale non sarà in grado di offrire alternative valide non solo ai problemi finanziari dell’Amat ma, più ampiamente, ai problemi di mobilità urbana. Per esempio evitando che nelle strisce blu si debba pagare l’Amat e, se si posteggia sui marciapiedi o sulle zebre pedonali o davanti ai cancelli privati, non si debba pagare nessuno. O anche evitando che , nelle poche zone non soggette a pagamento , imperversino posteggiatori abusivi e tracotanti. O anche evitando che, se uno ricorre al taxi per non incrementare il traffico cittadino, debba sottostare a tariffe esose e, per giunta, applicate arbitrariamente. O anche liberando le poche piste ciclabili dai contenitori di immondizia, dai venditori ambulanti, dalle auto in sosta. O, ancora, smettendola con la buffonata delle chiusure parziali e a ore delle vie principali del centro storico: se una zona va preservata dall’inquinamento, lo deve essere totalmente e permanentemente. Chiudere la carreggiata centrale di viale della Libertà lasciando aperte le due corsie laterali significa solo esasperare il traffico e rendere pazzesca la ricerca di un posteggio; ancor di più se questa chiusura non è stabile - e tale da creare sane abitudini fra i cittadini, anche in quanto potenziali clienti dei negozi e dei bar – ma occasionale e limitata a poche ore settimanali. Dateci la possibilità di muoverci dalle periferie con un minimo di affidabilità nella tempistica e nei quartieri centrali con qualche bus elettrico ecologico: se poi qualcuno si intestardirà a usare l’automobile per andare a cinema o in pizzera, allora e solo allora che venga tartassato dai costi di posteggio.
Augusto Cavadi
2 commenti:
In possesso di una bici, abitante di periferia, frequentatrice degli autobus cittadini, sottoscrivo le tue considerazioni.
Maria D'Asaro
Caro Augusto,
rieccomi a scriverti per esprimerti la mia soddisfazione per aver affrontato questo tema che, mentre vivevo a Palermo, mi affliggeva. E anch'io scrissi su questo, per l'Obiettivo.
A Palermo mi sentivo un'immigrata fra gli immigrati - e non una cittadina italiana - dato che gli autobus, lì, li usano per lo più gli immigrati, appunto. E tra l'altro, abitando a Ballarò, condividevo il loro destino.
Ricordo il disgusto di viaggiare sul 101 affollato all'inverosimile, quando senti l'odore (non gradevole, specie se sei immigrato e povero) di chi ti sta accanto. E quell'odore te lo senti addosso fino a quando arrivi a casa.
E avrei tanto voluto non vedere più tanta miseria, tanto degrado, passando dalla via Libertà a Ballarò. Ma tant'è... questa per decenni è stata Palermo... Questa città che ti resta attaccata alla pelle, nel bene e nel male.
Quando guardo le foto del centro storico che ho scattato mi sembra di guardare a un passato verso cui non voglio più tornare. Io sono riuscita ad andarmene, ma i tanti di Ballarò sono ancora là.
Forse ci vivono bene, chissà... e magari ero solo io a pensare che anche loro avessero voglia di scappare (e di avere diritto a un destino migliore), se non altro verso un quartiere in cui si avesse la sensazione di vivere in una città normale.
Di recente sono stata a Bologna. Chi non è residente in centro, lì, non entra in macchina, permanentemente, e non solo il fine settimana, come si fa a Palermo, appunto.
Passare da Roma - quando in pochi minuti con la metropolitana sei in centro - a Palermo, dove la sera resti a casa se non hai la macchina o non ti vengono a prendere gli amici, per me fu un vero trauma, dieci anni fa. Nel 2006 - ma neppure ora - c'era una rete della metropolitana degna di questo nome.
Parli dei taxi. Mi è capitato di chiamare un taxi a Palermo; il tassista non sapeva nemmeno dove si trovasse la strada, pur venendo dalle vicinanze. Ha fatto il giro dell'isolato due volte, prima di trovarla, e sono arrivata in ritardo (non facendo una buona figura) pagando comunque due giri.
E come non parlare degli appartamenti che si danno in affitto? Quando guardi certe catapecchie ti chiedi come facciano a viverci, con quale stato d'animo. E magari ci vivono anche in tanti, là dentro. Ma tanto sono neri e non hanno soldi, quindi, chi se ne importa?
Come si spiega che quasi mai ho visto una macchina della polizia o dei carabinieri per le strade di Ballarò, mentre invece ho visto qualche suv farsi largo tra le bancarelle? E poi le stalle... nel bel mezzo della città, ci trovi ancora le stalle. Con il cavallo dentro.
A ridosso delle mura puniche, i cassoni dei rifiuti sono pieni di quanto vi buttano i macellai di Ballarò e il vicino supermercato. Il naso e la vista non riescono a sopportare, e si passa di lì pensando di trovarsi all'inferno. Eppure Ballarò è meta di turisti...
La raccolta differenziata dei rifiuti è pura fantascienza, naturalmente. E i controlli dei vigili pure.
Carissimi saluti,
Lidia
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