“ADISTA”, 23.10.2010
Come è possibile che Chiesa e mafia vadano a braccetto? Come si spiega che i mafiosi si considerino persone religiose e soprattutto che la Chiesa tolleri questo connubio? È a partire da questi interrogativi che il filosofo e teologo Augusto Cavadi, autore, fra l’altro, del Dio dei mafiosi (San Paolo, pp. 240, euro 18), ha affrontato - insieme a don Luigi Ciotti e alla sociologa palermitana Alessandra Dino - il tema delle relazioni fra Chiesa cattolica e mafie, al centro dell’incontro organizzato a Roma lo scorso 17 settembre dalla nostra agenzia insieme ad alcune realtà ecclesiali di base (“Sotto le due Cupole. Chiesa, religione mafia”, v. Adista n. 73/10). Se la Chiesa fosse eco del Vangelo di Gesù, è l’idea del teologo palermitano, l’incompatibilità con la mafia sarebbe così evidente da rendere impossibile il connubio; ma la Chiesa cattolica “che cosa ha veramente a che fare con il Vangelo di Gesù?”: è “ancora la comunita’ che rende presenti, efficaci, operanti la sua parola e i suoi gesti?”. Rivedere la stessa idea dominante di Chiesa, di Dio, di Cristo è, secondo Cavadi, imperativo improrogabile se si vuole spezzare questo legame, affinché la Chiesa sia davvero al servizio del Regno di Dio.
PER UNA CHIESA ANTIPATICA AI MAFIOSI
Augusto Cavadi
C’è sicuramente qualcosa che non va se la Chiesa cattolica sponsorizza certi personaggi. Non parliamo neppure dell’atteggiamento di fronte al colpo di Stato in Argentina o, prima ancora, sotto il nazismo. Ma pensiamo a personaggi come Cuffaro, il quale, da presidente della Regione, una mattina ha detto: “Io consacro la Sicilia alla Madonna delle lacrime di Siracusa”. E nessuno dei vescovi ha reagito. Cuffaro viene condannato in primo grado e il papa lo riceve insieme a Casini, e ai due dice: “Affido a voi la difesa dei valori cattolici”. Ho scritto allora sulla Repubblica di Palermo: “Forse sono io che non ho capito quali sono questi valori cattolici, dal momento che vengono affidati a Casini e a Cuffaro!”. Dopo questo articolo Cuffaro mi ha denunciato, chiedendo 20mila euro di risarcimento per il danno da me inferto alla sua immagine di cattolico. Essendo io un professore di liceo, ciò vuol dire che devo regalare a Cuffaro un anno di stipendi. La causa va avanti e nel frattempo lui è stato condannato anche in appello, a 7 anni, 2 in più del primo grado: se la progressione è questa, speriamo che chieda di andare in Cassazione! Se fosse una patologia, si tratterebbe di un episodio, ma, se gli episodi sono ricorrenti, non si può più parlare di un fatto patologico, bensì fisiologico. Non può essere che la presenza di elementi mafiogeni non si trovi solo nei Ruffini, nei Pappalardo, nei preti di cui ci parlava Alessandra Dino, ma nella stessa struttura culturale, nella stessa teologia cattolica?
In una recensione al mio libro, è stato scritto: Cavadi dice che la teologia cattolica produce mafia. Non ho detto questo. Ma produce una visione del mondo che non è assolutamente incompatibile con la mafia, tant’è vero che la mafia riprende da essa simboli, dogmi, riti, pratiche, li fa propri, riconoscendovi un’inquietante somiglianza.
Che i mafiosi scomunichino i cristiani
Allora occorre riflettere su come sia possibile questa conciliazione tra Chiesa e Mafia. Se dovessi terminare qui il mio intervento, rispondendo alla domanda di Alessandra Dino su come Chiesa e mafia possano essere compatibili, direi che, nella misura in cui la Chiesa fosse un’eco del Vangelo di Gesù, l’incompatibilità sarebbe evidente. Ma la Chiesa cattolica che cosa ha a che fare con il Vangelo di Gesù? In questi venti secoli, la Chiesa cattolica è ancora la comunita’ che rende presenti, efficaci, operanti la parola e i gesti di Gesù? I miei amici giornalisti mi chiedono sempre: “Ma tu che ne pensi del fatto che i vescovi non scomunicano i mafiosi?”. Vi confesso che questo problema della scomunica ai mafiosi non mi appassiona. Io, piuttosto, mi chiedo: perché i mafiosi vogliono andare in Chiesa? Ad esempio: a me piace mangiare, quindi non mi verrebbe mai in mente di diventare socio dell’associazione dei digiunatori; e, se andassi da loro a mangiare, mi butterebbero fuori. La Chiesa cattolica dovrebbe convertirsi al Vangelo e diventare una comunita’ così antipatica ai mafiosi, così alternativa, così altra rispetto al denaro e al potere, da indurre i mafiosi a dire: “Con questi non vogliamo avere nulla a che fare”. Devono essere i mafiosi a scomunicare i cristiani, non il contrario. Se la cultura della Chiesa, è individualista, gerarchica, omofoba, se è un capovolgimento della fraternità e della solidarieta’ evangelica, è ovvio che qualunque forma di organizzazione - prima sono stati il fascismo e il nazismo, oggi la mafia, domani potrebbe essere il leghismo - potrebbe mutuare dal cattolicesimo, non dal Vangelo, alcuni valori come la tradizione, il culto della mediazione, il falso rispetto della donna, l’antropocentrismo violento nei confronti degli animali. L’anno scorso un amico ha pubblicato le lettere di Matteo Messina Denaro (Lettere a Svetonio, Stampa Alternativa), e sono stato invitato alla presentazione del libro, nei pressi di Marsala, dove vive il latitante. “Peccato che non ci sia l’autore - ho detto in quell’occasione - perché vorrei ringraziarlo: finalmente in queste lettere c’è un mafioso che dice ‘io sono ateo e non voglio avere nulla a che fare con i preti’. Sono 150 anni che si attende che i cristiani dicano che non vogliono avere nulla a che fare con la mafia! E non lo dicono”. Questo è il futuro che vorrei, quello di una Chiesa che sia oggettivamente antipatica. Per fare questo bisognerebbe ovviamente rileggere tutta la Teologia cattolica.
Una necessaria revisione
Il concetto di Dio che troviamo nella Bibbia è totalmente diverso da quello che hanno i mafiosi? Il Dio della Bibbia è sempre un Dio padre o è a volte un Dio padrino, violento, vendicatore? Spesso si dice che questa è la visione dell’Antico Testamento. Giuseppe Barbaglio ha scritto interi volumi per dire che l’immagine di Dio nella Bibbia, sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento, è quella di un Giano bifronte: vi sono elementi del Dio tenero e paterno nell’Antico come nel Nuovo Testamento, ma vi sono pure elementi del Dio crudele, che condanna all’inferno in maniera irreversibile, anche nel Nuovo Testamento. Analogamente, Luigi Lombardi Vallauri ha scritto un libro in cui dice: “Io sono professore di diritto, ho studiato la dottrina dell’inferno e l’ho trovata anticostituzionale”, perché, per quanto il peccato possa essere grande, la pena deve essere rieducativa, e l’inferno non rieduca; deve essere proporzionale al peccato, e che peccato si deve compiere per essere condannati per l’eternità? Nelle intercettazioni di Bagarella si sente dire: “Ma cosa ti ha fatto?”. “Nulla, deve capire che io sono come Dio, che dà e toglie la vita a chi vuole”. Io mi domando: queste parole Bagarella le dice in quanto mafioso o le ha sentite come le sento io quasi ad ogni funerale, “dobbiamo accettare il fatto che Dio dà la vita e la toglie”? Un Dio che toglie la vita? Non un Dio che soffre perché è morto quel bambino o quella madre di famiglia? Ciò accade quando partiamo da una teologia (cioè da un concetto di Dio) ambigua e non facciamo un lavoro di demitizzazione, di ripensamento critico, anche alla luce di tutte le altre sapienze del mondo. Il cristianesimo non deve solo tornare alle sue fonti, ma deve anche avere il coraggio di accettare le sfide culturali di altre filosofie e teologie che su questi punti pongono domande serie. Io non credo personalmente alla metempsicosi, ma neanche alla possibilità che si sia dannati per sempre dopo una vita così breve sulla terra: deve esserci la possibilita’ di un miglioramento, di una crescita. Ciò per quanto riguarda il Dio Padre, che troppo spesso è un Dio Padrino. E, ripeto, si tratta di fisiologia, non di patologia, non di casi isolati di preti stupidi, suore ignoranti o catechisti impreparati, altrimenti non staremmo qui a discuterne.
Quanto a Cristo, qual è l’immagine che di lui diffonde la Chiesa? Quella bellissima del Pantocrator di Monreale, il Cristo signore e padrone di tutto; quello della Cappella Sistina che respinge i dannati? Che rapporto c’è tra questo Cristo onnipotente e il Gesù di Nazareth che annunciava il Regno di Dio? Il Cristo onnipotente, nella migliore delle ipotesi, dobbiamo adorarlo, ma senza il compito di seguirlo, di imitarlo, di viverne nell’oggi il messaggio. Il Gesù di Nazareth, invece, ci annuncia una beatitudine che non è qualcosa che riguarda l’altro mondo, come talvolta ha interpretato la Chiesa cattolica, o un fatto puramente intimistico. Beati i poveri, quelli che piangono… ma “beati” solo nell’altro mondo e solo spiritualmente. I grandi biblisti ce l’hanno detto chiaro e tondo: Gesù annuncia la beatitudine per i poveri di questa terra, perché ritiene di essere il portatore del regno di Dio che qui e ora, in maniera pubblica, sociale e tangibile, sconvolge la gerarchia dei valori, cosicché, dove c’è violenza, lui porta solidarietà, dove c’è indifferenza, la cura per l’altro, dove c’è dominio, la difesa del povero. Un ultimo accenno alla Chiesa e all’ecclesiologia. Cos’è diventata la Chiesa di Gesù? Ammesso che Gesù volesse una Chiesa… La prima generazione di cristiani ha vissuto la Chiesa come comunità di fratelli e di sorelle, di tipo democratico, in cui veniva esercitato il senso critico, in cui veniva stimolata la partecipazione. Non una Chiesa verticale fotocopia dell’Impero romano. Da questo punto di vista, rivedere l’idea di Dio, di Cristo, di Regno di Dio, di Chiesa è improrogabile e indispensabile. Perché altrimenti il prete ideale, il martire ideale, diventa quello che muore perché non gli hanno fatto celebrare la messa, perché non gli hanno fatto esercitare le sue funzioni prettamente ministeriali. E il cattolico che abbraccia la lotta per la giustizia, per la libertà, per la dignità degli ultimi, non come un optional o come un qualcosa in più rispetto alla sua missione, ma come qualcosa di intrinseco ad essa? È ad esempio il caso di don Puglisi. Questo è il Regno di Dio e, se la Chiesa non è al servizio di questo Regno, non serve a niente, come aveva già affermato San Tommaso nel Medioevo: chi muore per la libertà e per la giustizia muore per Dio, perché il vero Dio o è libertà e giustizia o non è niente.
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