“Centonove” 16.11.2012
CHIESA E POLITICA ? MEGLIO PREDICARE CON L’ESEMPIO
Ricordate il rumore di pochi mesi fa sul movimento politico “Uomini nuovi per una società di uguali e partecipi”, promosso da un gruppo di preti palermitani in vista delle elezioni regionali? La reazione critica di quasi tutti i commentatori ‘laici’, di qualche storico della Chiesa particolarmente autorevole (don Francesco Michele Stabile) e soprattutto della Curia arcivescovile hanno spento la fiammella sul nascere. La montagna ha partorito il topolino: la leader del movimento si è candidata, in quanto donna “nuova” ed “onesta”, in una delle liste collegate con Musumeci (dunque in allegra compagnia con chi ha sgovernato sino a Monti e ha reso possibile le elezioni di Lombardo alla Regione e di Cammarata al Comune). Se si fosse collegata al pronipote di don Luigi Sturzo, ancora ancora…Risultato: 774 voti in tutta la provincia di Palermo, settima della sua lista (di cui è stato eletto solo un candidato, con più del decuplo dei voti di Flavia Odoroso). Ma anche se fosse andata diversamente, e la signora fosse stata eletta, una rondine avrebbe portato la primavera? Un consigliere all’ARS può avere tutte le qualità soggettive del mondo, ma vale quanto vale la politica del suo schieramento d’appartenenza.
Più saggia la posizione del cardinale Romeo che, senza entrare all’interno della competizione fra partiti e liste, si è concentrato nella evidenziazione di alcuni dei problemi più scottanti che il mondo politico dovrebbe affrontare con urgenza: astensionismo, disoccupazione, corruzione, collusione con le cosche mafiose… Insieme a tutti i vescovi siciliani, poi, ha anche emanato alla vigilia delle elezioni regionali un documento di riflessioni sull’attuale condizione sociale e politica (dal titolo, preso in prestito dalla Bibbia, Amate la giustizia, voi che governate sulla terra).
Che eco registrano simili appelli, quali conseguenze incisive nelle coscienze e nelle pratiche della gente (più o meno convintamente cattolica)? E’ impossibile dare risposte attendibili. Ciò che si può asserire con certezza è che sarebbero più efficaci se la chiesa siciliana accompagnasse la parola con il gesto, l’invito con l’esempio. Per la verità, i vescovi lo affermano sin dalle prime righe: “Siamo chiamati ad un discernimento profondamente evangelico che richiede una conversione radicale: non vogliamo esimerci da un necessario esame di coscienza riguardo alle responsabilità che anche noi credenti, insieme con tutti gli altri, abbiamo avuto in questo processo di degrado. È urgente un tempo di riflessione per affrontare non solo l’ormai prossimo appuntamento elettorale, ma soprattutto il periodo che ad esso seguirà. Lo diciamo ai cristiani e a tutti gli uomini e le donne di buona volontà che operano in questa terra: è necessario che il grido di dolore dei piccoli e dei poveri trovi accoglienza piena e coraggiosa nell’azionepolitica e nel quotidiano operare delle Istituzioni”. La questione è se, e come, simili lodevoli propositi potrebbero tradursi in fatti.
Sensibilità ecologica? Le comunità cattoliche che mi capita di frequentare (parrocchie, monasteri, strutture di accoglienza) non mostrano un’attenzione alla raccolta differenziata dei rifiuti, o al risparmio dell’acqua o alla produzione di energie alternative, più elevata della media dei siciliani (notoriamente disattenti).
Ripudio del sitema di dominio mafioso? Non mi pare di ricordare che, quando un politico - asceso ai vertici sbandierando la sua formazione cattolica - venne condannato per mafia, i vescovi abbiano preso pubblicamente le distanze da lui e ricordino che la mafia non è solo bombe e lupara, ma anche corruzione e clientelismo.
Trasparenza amministrativa? In molte parrocchie d’Italia si rende pubblico il bilancio trimestrale delle entrate e delle uscite (anche per eventuali perequazioni fra parrocchie ricche e parrocchie povere della stessa diocesi): non mi risulta che, di norma, avvenga così anche da noi.
Partecipazione democratica? Su molte questioni organizzative il parroco dovrebbe condividere la responsabilità delle decisioni con i membri del consiglio parrocchiale (composto da laici): assai raramente, dalle nostre parti, è dato di farsi le ossa in queste scuole di democrazia.
Disaffezione politica? In parrocchia si svolgono, nel corso dell’anno, centinaia di incontri formativi per varie fasce d’età e per vari ambiti d’interesse: solo una minima parte di questi incontri riguardano le tematiche su cui si scontrano le diverse opzioni elettorali (Stato sociale, immigrati, difesa dell’ambiente…).
Legalità? Quanti sono gli istituti ecclesiastici - retti da preti, frati e suore – che si avvalgono per le loro attività (asili, scuole, cliniche, case di riposo, alberghi…) di personale laico assumendolo e trattandolo secondo la normativa vigente? Spero che i molti casi irregolari che mi risultano direttamente, come quelli segnalatimi da amici di cui mi fido, siano proprio le eccezioni che confermano la regola.
Conosco l’obiezione a questo genere di considerazioni: sono affari interni alle comunità ecclesiali sui quali gli osservatori (in qualche misura) esterni non avrebbero né diritto né, per altro, interesse di intervenire. Ma è un’obiezione debole perché – piaccia o non piaccia – la Chiesa cattolica è tutt’ora una potente agenzia educativa. Lo scrivono gli stessi vescovi nel loro documento: “Come Pastori delle Chiese di Sicilia siamo consapevoli del rilievo pubblico che l’esperienza ecclesiale riveste”. Ecco perché la comunità ecclesiale fa bene a far sentire la sua voce autorevole nel delicatissimo momento politico che stiamo attraversando. Ma farebbe ancor meglio se la rendesse più credibile con una prassi libera e liberante.
Augusto Cavadi
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