“Centonove”
22 giugno 2012
INSEGNARE STORIA ALL’UNIVERSITA’?
A CATANIA VA BENE UN’ARCHITUTTA
La vicenda risale agli ultimi mesi ma solo in questi giorni è stata evidenziata da una interrogazione parlamentare. 11 agosto 2011 (si noti la data !) : la Facoltà di Lingue e letterature straniere di Catania bandisce un concorso per un contratto quinquennale di ricercatore che includeva, fra i compiti, l’insegnamento di storia contemporanea. Risultato: il 20 dicembre 2011 prima in graduatoria viene proclamata una candidata laureata in architettura senza nessun dottorato; secondo, un laureato in storia contemporanea con un dottorato di ricerca in studi storici per l’età moderna e contemporanea e cinque anni di attività da assegnista di ricerca, sempre in storia contemporanea. L’escluso fa ricorso al Tar facendo notare alcune singolari coincidenze: la vincitrice ha avuto incarichi di insegnamento in altre due facoltà - Ingegneria e Lettere – nel corso dei quali ha adottato una Storia dell’architettura redatta proprio dal presidente della commissione che l’ha portata in cattedra; e con lo stesso presidente, inoltre, ha co-firmato due delle pubblicazioni presentate per il concorso. La sezione catanese del Tribunale Amministrativo Regionale accoglie, il 22 marzo 2012, il ricorso del candidato bocciato (le cui pubblicazioni erano state valutate il doppio rispetto a quelle della concorrente) con la motivazione che tale ricorso presentava “consistenti profili di fumus in relazione alla dedotta incongruenza nella valutazione dei titoli della contro interessata”; la commissione, riunitasi il 4 aprile per una seconda volta, conferma però la decisione precedente, limitandosi a offrire ulteriori motivazioni di merito. Raggiunto al telefono da noi, il presidente ha spiegato che – trattandosi di una causa in corso – ritiene più opportuno mantenere il riserbo.
Il parlamentare PD Paolo Corsini, come risulta dagli atti ufficiali, ha rivolto un’interrogazione, in cui – dopo aver denunziato che “alla luce di tutti gli elementi riportati appaiono di dubbia regolarità i lavori della commissione” - chiede “se il Ministro sia a conoscenza di quanto esposto e se abbia adottato o ritenga utile adottare iniziative, se del caso normative, al fine di stabilire criteri di valutazione tali da evitare una arbitraria discrezionalità delle commissioni universitarie, in modo da riportare fiducia nelle istituzioni universitarie e nei concorsi, garantendo che la selezione del personale avvenga attraverso meccanismi pienamente trasparenti”. Interpellato da un cronista de Linkiesta.it, proprio su questo episodio da lui definito surreale, Corsini è laconico: «Anche io insegno storia moderna. E devo dire che questo caso va al di là di ogni fantasia. Non riesco a capire come sia stato possibile che un candidato senza dottorato di ricerca e senza studi di storia contemporanea sia potuto passare avanti al secondo classificato. Il confronto tra i due aspiranti è assolutamente improponibile». Francesco Coniglione – docente nell’Ateneo etneo – osserva sul suo blog che l’episodio ha qualcosa di kafkiano: mentre si discute a livello nazionale se mantenere o meno il valore legale del titolo di studio, nei fatti alcune commissioni si comportano come se tale valore legale fosse stato già abolito.
Augusto Cavadi
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