Sabato 24 marzo 2012 alle ore 17.00 nell’Aula Magna di Palazzo Steri (sede del Rettorato dell’Università di Palermo), piazza Marina 61, Augusto Cavadi discuterà del suo libro
Il Dio dei leghisti
(Edizioni San Paolo, Milano 2012)
con Giuseppe Leoni, senatore della Lega Nord, e don Cosimo Scordato, docente presso la Facoltà Teologica di Sicilia. Introdurrà l’incontro e modererà il dibattito con il pubblico il prof. Andrea Cozzo, docente presso la Facoltà di Lettere e Filosofia di Palermo.
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Dalla rivista “Jesus” (marzo 2012):
Il dio dei leghisti: spiritualista ed egoista
Il libro che tutti i leghisti e tutti i parroci dovrebbero leggere lo ha scritto un professore di liceo palermitano, scrittore, saggista, teologo, studioso di mafia. Augusto Cavadi, autore del recente Il dio dei leghisti (San Paolo), pone «una questione teologica cruciale». E cioè: non farebbe meglio la Chiesa cattolica a «riformulare la sua scala di priorità, ricalibrandola con maggiore attenzione sul messaggio evangelico?». In concreto ciò significherebbe «chiarire (a sé stessa, e conseguentemente ai partiti e all’opinione pubblica) che prima di tutto vanno individuati, abbracciati e difesi in maniera efficace e verace alcuni principi essenziali e indiscutibili (quei principi enunciati, con la solennità di una carta di intenti, nel discorso della montagna: le beatitudini evangeliche)». Quella di Cavadi è una cavalcata ella storia della Lega, ricca di spunti e aneddoti, con particolare attenzione ai eghisti cattolici e alla loro ideologia, dalla fase panteista bossiana a quella dello «scontro di civiltà» e alla loro strenua difesa del crocifisso. La scrittura è accattivante e non ci si annoia mai. Anche quando si solcano profondità teologiche, si ride, si sorride e si piange. Se il saggio spiega con nettezza gli errori di chi crede in Dio e nella Lega, interroga e provoca soprattutto i non leghisti, credenti e non, a cominciare dai sacerdoti. Cosa può fare la Chiesa per non indulgere nell’errore e non incoraggiare «una generazione di leghisti che si sentono superiori perché il pane l’hanno in casa e non sentono più la necessità di provvedere al povero, allo straniero?». E quanto alla Chiesa, quale strada percorrere, si chiede Cavadi, tra «l’integralismo aggressivo e invadente da una parte e, dall’altra, un intimismo spiritualistico che preveda solo atti di beneficenza diretta, di assistenzialismo corto?». La risposta sta nella ricalibratura dei cosiddetti «principi non negoziabili» del Vangelo. Per far questo «non è necessario andare lontano: basta aprire gli occhi e leggere il cuore dell’annunzio biblico. Che Dio ci ama gratuitamente, anticipatamente rispetto ai nostri meriti e ai nostri demeriti, creativamente, testardamente: questo è per il cristiano l’unico valore assoluto rispetto al quale tutto il resto – appartenenza ecclesiale, adesione dottrinaria, osservanza morale, pratica sacramentale, militanza politica, testimonianza professionale – è irrimediabilmente relativo. Ma su questa centralità dell’agape divina non si riflette mai abbastanza». In tal caso, se tutto ciò venisse ribadito, come scrive Augusto Cavadi «l’incompatibilità tra i discepoli di Gesù e gli eredi di Alberto da Giussano risulterebbe evidente». Basterebbe questo accenno per intuire quanto lontano fuggirebbero da una simile Chiesa «ri-centrata su un Dio così concepito, tutti coloro che parlano di scontro di civiltà». Molto netta la conclusione inevitabile della concezione di Dio come Dio dell’amore: «Europa, vuoi essere davvero la prima di tutti i continenti? Sii allora la serva di tutti. Lava i piedi dei tuoi ospiti che, sporchi di sabbia del Sahara, bussano sgarbatamente alle tue porte o, ancor meno educatamente, si abbandonano sugli scogli e sulle spiagge delle tue coste meridionali».
Francesco Anfossi
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