venerdì 28 ottobre 2011

Libertà di religione e laicità della scuola statale


“Repubblica – Palermo”
28 ottobre 2011
LA LIBERTA’ DI RELIGIONE IN UNA SCUOLA MULTIETNICA

Quando frequentavo il liceo, a ridosso del fatidico Sessantotto, la settimana di pasqua prevedeva un orario particolare. Lunedì e martedì uscita anticipata di due ore per gli ‘esercizi spirituali’, mercoledì non si entrava neppure: appuntamento in parrocchia per confessione annuale, messa e comunione eucaristica. No, non frequentavo una scuola cattolica confessionale, ma un istituto statale. E ciò che accadeva nella mia scuola era di fatto una consuetudine generale, almeno in Sicilia. Anni dopo un preside più coraggioso di altri si oppose alla prassi: scoppiò una polemica accesa, ma da quell’anno in poi tutti i licei cancellarono il “precetto pasquale” mattutino. Da allora, chi vuole, può decidere di dedicare alle meditazioni preparatorie e ai riti sacramentali qualcuna delle ore postmeridiane.
La memoria di quegli eventi mi è stata rinfrescata dalla notizia che a Borgo Molara, tra Palermo e Monreale, su richiesta di una madre musulmana, la dirigente scolastica ha disposto che – per evitare di mettere in difficoltà psicologiche una bambina della scuola elementare – si eliminassero alcune pratiche cattoliche tradizionali: niente preghierina all’inizio delle lezioni, niente preparazione catechetica alle feste di natale e di pasqua durante le ore di insegnamento (tranne, ovviamente, l’ora di religione). Insomma, come ha dichiarato la nuova dirigente scolastica, Melchiorra Greco, si tratta di salvaguardare la laicità di “un’istituzione che deve vedere tutti egualmente rappresentati e garantiti”. Secondo alcune notizie di stampa, un gruppo di genitori ha già preparato, con il sostegno del parroco don Pino Terranova, un documento di protesta indirizzato sia alle curie arcivescovili di Palermo e di Monreale sia all’Ufficio scolastico regionale.
In questo frangente – lo dico subito – sarebbe disastroso che l’opinione pubblica democratica lasciasse la dirigente a combattere da sola la sua piccola – ma non trascurabile – battaglia per la legalità. Per fortuna, non siamo in terra leghista: la secolare tradizione siciliana di convivenza fra etnie, culture e religioni diverse (ebraica, cristiana, islamica) ci ha educati all’interazione e alla complementarietà (basti pensare ai capolavori dell’architettura arabo-normanna), che è molto di più della mera tolleranza. Bisogna spiegare, con rinnovata pazienza, ai genitori che la “identità” dei loro figli, in quanto siciliani, è un’identità multipla, meticcia: sono figli della cattolica Roma, ma prima ancora della filosofica Atene e della ebraica Gerusalemme, senza contare le tracce perduranti e pervasive della civiltà islamica. E, soprattutto, che sono figli della democrazia repubblicana costruita, con il sangue degli italiani migliori, sulle macerie di un regime che per un ventennio ha utilizzato la religione cattolica come simbolo identitario in funzione di progetti (vanamente, ridicolmente) imperialistici.
Se poi questi genitori sono davvero credenti nel vangelo di Gesù, qualche teologo un po’ aggiornato potrebbe spiegare che proprio la fede cristiana – autenticamente interpretata – è refrattaria a ridursi, da messaggio universale, a patrimonio distintivo di una determinata nazione o, addirittura, regione. Secoli di commistione fra trono e altare, di confusione fra reati e peccati, di privilegi concordatari a favore della chiesa cattolica romana, hanno forse evitato la secolarizzazione galoppante? Hanno forse prodotto generazioni di cristiani sinceri, convinti, coerenti, istruiti biblicamente e impegnati socialmente?
L’originalità del cristianesimo è proprio di essere una proposta di vita al di là, al di sopra, delle differenze fra “uomini e donne, liberi e schiavi, greci e giudei”: quando lo si abbassa a bandiera di parte, lo si prostituisce; lo si abbandona alla strumentalizzazione dei potenti di turno.

Augusto Cavadi

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