“Centonove” 30.9.2011
Mazzeo svela gli affari di mafia sullo Stretto
Le grandi opere pubbliche o sono molto utili o sono molto dannose. Se la Tav al Nord e il Ponte al Sud non sono molto utili, sono molto dannose (dal punto di vista finanziario, ambientale, sociale e politico). Se questo ragionamento è semplice (e, proprio nella sua semplicità, convincente), meno facile è esplicitare le argomentazioni e formulare le risposte alle possibili obiezioni: da qui la necessità di un saggio, pacato e documentato, come I padrini del ponte di Antonio Mazzeo (Alegre edizioni, pp. 206, euro 14), arricchito da una prefazione di Umberto Santino. In particolare, il coraggioso giornalista messinese approfondisce l’angolazione evocata dal sottotitolo: Affari di mafia sullo stretto di Messina. Perché, insomma, questo ponte è diventato non solo un bancomat per istituti, agenzie, ditte prima ancora di materializzarsi (anzi, meno si materializzerà e più spanderà denaro pubblico a destra e a manca), ma anche una ghiotta occasione per ricompattare Cosa Nostra e ‘drangheta calabrese. “In un’area del Mezzogiorno dalle mai attenuate relazioni feudali” – conclude l’autore – “la più grande delle opere pubbliche sarà mero oggetto di contrattazione fra un signore plenipotenziario (Pietro Ciucci, amministratore delegato), un paio di vassalli e i manager di colossi economici dai piedi d’argilla. Il tutto sotto gli occhi vigili di una borghesia che non conosce scrupoli, indolente e mafiosa”.
A. C.
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