“Repubblica – Palermo”
2 marzo 2011
Perché sono intollerabili i picchetti contro un libro
Sulla stampa regionale è passata una notizia apparentemente marginale: la Mondadori di Palermo è stata costretta a rimandare la presentazione di un libro di ‘destra’ per le minacce di sabotaggio avanzate da alcuni gruppetti di ‘sinistra’. Siamo proprio sicuri che si tratti di una notizia poco rilevante?
L’anomalia della situazione italiana attuale sta anche in questo: mentre nelle società democratiche occidentali si va acquisendo crescente consapevolezza della necessità di una grammatica della competizione politica, da noi si calpestano anche quelle poche regole che - dopo la caduta del fascismo, prima, e del sistema socialista sovietico, dopo – sembravano acquisite e condivise. Così che laddove, nei sistemi rappresentativi liberali, chi vuole disattendere la legalità cerca almeno un qualche scudo di ipocrisia, il ventennio craxiano-berlusconiano ci sta assuefacendo alla sfrontatezza della tracotanza: faccio come mi pare e piace e, se hai coraggio, me lo impedisci. Per noi siciliani non è una novità assoluta perché è lo stile mafioso: novità è che questa mentalità e questo linguaggio e questo metodo diventino motivo di orgoglio di partito e di consenso sociale diffuso. Sino al punto che più di metà dei deputati nazionali arrivano pubblicamente a sostenere, con un voto ufficiale, che quando un capo di governo fa pressione su una questura per tirar fuori dai guai una minorenne scapestrata di cui ha comprato più volte i favori sessuali, sta agendo nell’esercizio delle sue funzioni istituzionali e per salvaguardare la pace nel Mediterraneo. Ancora una volta: facciamo come ci pare e piace e, se avete coraggio, ce lo impedite.
Rispetto a questo livello di degrado, solo un’opzione può peggiorare irrimediabilmente il quadro: che anche chi non si riconosce nella cultura della coalizione di maggioranza (quella stessa per cui è normale che un direttore della RAI picchi a colpi di microfono un giornalista di un’altra rete televisiva o che un ministro della Repubblica calpesti violentemente i piedi di un giornalista poco diplomatico) adotti gli stessi sistemi intimidatori. Che anche chi crede di voler difendere i diritti elementari dei cittadini s’illuda di poterlo fare riscoprendo metodi squadristi che speravamo consegnati, ormai, agli archivi più oscuri delle tradizioni politiche (rivoluzionarie e reazionarie) del Novecento.
Per questo ritengo che il libro, così grottescamente censurato (la violenza è sempre ripugnante, ma - quando è rivolta a chi è armato solo di penna – lo è doppiamente), debba essere presentato, grazie alla presenza di esponenti delle forze dell’ordine e, soprattutto, alla condanna morale unanime di quanti, a Palermo, siamo convinti che non si può regalare agli esibizionisti dell’illegalità il favore di abbassarsi al loro vergognoso livello di scontro.
Augusto Cavadi
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