“Repubblica – Palermo” 19.12.2010
I ragazzi trasferitisi da poco in Italia, o nati da genitori immigrati, sono particolarmente esposti a questo genere di rischi? Il Distretto Sanitario di Piazza Armerina ha voluto vederci un po’ più a fondo sulla questione, ha ingaggiato una squadra di specialisti (psicologi, assistenti sociali, medici, sociologi, operatori del volontariato cattolico e laico, ma anche filosofi e pedagogisti) e ha dato alle stampe la raccolta dei risultati maturati. Una volta tanto, i segnali che si registrano in Lasciateci l’ombra! Immigrazione, sanità e scuola. Ricerche e percorsi di integrazione (a cura di V. Romano, M. L. Anzaldi e A. Tigano) risultano più incoraggianti rispetto ad analoghe analisi nell’Italia settentrionale: l’83% degli immigrati, di ogni etnia e professione, intervistati considera “buono” o “ottimo” il rapporto di integrazione con la popolazione locale. Altrettanto incoraggianti i propositi (se tali non resteranno) dell’attuale sindaco: “Politiche di attenzione, d’inclusione, di integrazione sono l’unico strumento per governare la complessità dei processi del fenomeno immigratorio e il fatto che si realizzino in una città, Piazza Armerina, nata nove secoli fa con una pulizia etnica totale è una vittoria della storia”.
Ma vediamo un po’ più da vicino alcune risultanze. Dal punto di vista sociologico-sanitario, la previsione iniziale è rimasta confermata: “il campione esaminato mette in luce come il fenomeno dell’immigrazione nel nostro territorio sia un fenomeno recente e non ancora emergente e preoccupante. Nel territorio sono presenti numerose donne badanti (rumene e polacche in gran parte)”. Il dato statistico ha indotto gli operatori di questo team (che ha adottato “come metodologia di lavoro la Ricerca – Intervento”) a realizzare, in un’ottica di integrazione fra conoscere e agire, interessanti iniziative di formazione professionale che potrebbero servire da paradigma per altre realtà siciliane: “una serie di incontri volti a fornire conoscenze tecniche e sanitarie sulle attività di assistenza e cura della persona anziana”. Un’altra interessante esperienza-pilota ha coinvolto i bambini di alcune immigrate: poiché essi, nel periodo estivo di chiusura delle scuole, sono destinati a trascorrere le vacanze “a casa, con la sola compagnia di persone anziane ammalate e con le difficoltà cognitive e relazionali che un tale isolamento comporta”, si è inserito un congruo numero di minori stranieri in “attività ludico-ricreative e nel laboratorio teatrale mettendo in rete non solo le risorse umane, ma anche quelle strutturali ed economiche”. Particolarmente significativo – e dunque da citare – il Musical preparato “con la partecipazione dei bambini diversamente abili, immigrati e autoctoni”: in un clima di festa, “anche lo scambio tra tradizioni culinarie diverse è stato vissuto come esperienza di accettazione e inclusione tra immigrati e comunità ospite”.
Non meno interessanti esperienze e riflessioni teoriche avanzate sul versante pedagogico-didattico. Maestre e insegnanti hanno raccontato di laboratori in cui bambine albanesi o rumene offrivano ai coetanei siciliani i rudimenti della propria lingua d’origine, le storie della tradizione e le danze tipiche (“E’ bello vedere i ragazzi che cantano tutti le stesse canzoni un po’ in italiano, in albanese e in rumeno; ma, per noi docenti, è stato ancora più bello vederli gioire mentre lo facevano!”). Non sono mancati, ovviamente, i momenti di creazione artistica in comune, a partire da una più attenta valutazione dei colori (quali ogni nazione li espone, a esempio, nella bandiera): “Per i Celti il verde era simbolo di fertilità ma lo ritroviamo anche nell’antico Egitto e nei mussulmani di oggi. In Iran il blu simboleggia la religione e la spiritualità. In India, in Cina e in Russia, il rosso è il colore della purezza e del buon auspicio, da noi simboleggiati nel bianco che negli stessi paesi simboleggia il lutto. In Egitto il colore del lutto è il giallo. Per i coreani il bianco è il colore più importante, rappresenta il sole, la vita e la morte, l’innocenza e la purezza”.
Ma queste esperienze concrete, locali, sollevano interrogativi molto più ampi e radicali: questo sistema scolastico italiano , rigidamente parcellizzato in materie poco o per nulla comunicanti, è adeguato a raccogliere la sfida pedagogica che ci arriva dal meticciato etnico? L’insegnamento abituale della lingua ‘straniera’ e della lingua ‘seconda’ è abbastanza consapevole di sé da richiedere, come presupposto e come conseguenza, un contesto di comunicazione privo di pregiudizi e ricco di curiosità (insomma, un contesto laico e democratico)? Oppure tutto di riduce alla banalità strumentale di imparare una lingua che consenta all’immigrato di apprendere a lavorare in Italia e all’italiano di vendere all’estero il made in Italy? E, ancor più radicalmente, i nostri concittadini hanno maturato una prospettiva filosofica diffusa e condivisa davanti al “volto della differenza”? Una prospettiva che, dribblando “la paura” integralistica dell’altro, “mette in discussione le sue verità e affronta le insidie del viaggiare nel mare della differenza”?
Augusto Cavadi
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Autori Vari
LASCIATECI L’OMBRA!
Terresommerse
pagine 158
euro 15
L’incipit del libro:
“Secondo il Dossier Statistico 2007 sullo stato dell’immigrazione in Italia, redatto dalla Caritas italiana e dalla Fondazione Migrantes, gli stranieri residenti in Italia nel 2004 sono 2.786.340. Al 31 dicembre 2006 gli stranieri regolari presenti nel territorio italiano sono divenuti 2.938.922 (+ 10,1 %). In questi ultimi tempi il fenomeno immigratorio è cresciuto molto rapidamente e si è poi evoluto in modi abbastanza critici, anche in funzione di alternanze e scelte politiche, che hanno introdotto o modificato principi e norme, spesso in contrasto fra loro e con gli ideali di riferimento. Il dato, apparentemente freddo, dice che gli immigrati rappresentano una forza dinamica e produttiva e che è in corso una trasformazione demografica e culturale. Pertanto, alla luce di questo trend di crescita, destinato comunque ad aumentare negli anni a venire, i servizi sociali, i consultori, i centri aggregativi, i centri specialistici, le comunità educative, ma anche i servizi della giustizia, la scuola, gli ambulatori pediatrici, i servizi sanitari, sono chiamati ad affrontare nuove sfide transculturali: in particolare il lavoro con le famiglie e i minori immigrati. L’accoglienza è pensata e agita politicamente in modo restrittivo, ma, in contrapposizione, esiste un’accoglienza vissuta come processo costruttivo di arricchimento reciproco”.
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