lunedì 24 gennaio 2011

Un inedito di Danilo Dolci sulla lotta per l’acqua


“Repubblica – Palermo”
16.1.2011

QUEI POVERI CRISTI CON L’ACQUA ALLA GOLA

Ci sono fasi della storia siciliana in cui si è tentati dallo sconforto: chi amministra male, viene rieletto e per giunta con una base elettorale allargata; chi è all’opposizione, oscilla fra estremismi verbali e connivenze effettive. E’ proprio in queste fasi che può essere illuminante recuperare alla memoria personaggi che, nel recente passato, sono riusciti a realizzare stagioni di rivolta popolare attiva e costruttiva: personaggi come Danilo Dolci di cui recentemente sono stati pubblicati degli appunti di conferenze tenute a Genova nel 1992, cinque anni prima della scomparsa (Il potere e l’acqua. Scritti inediti, Melampo, Milano 2010, pp. 94, euro 12). La vicenda biografica del sociologo triestino è nota e, nelle pagine conclusive dell’agile e meritorio volume (curato dai coniugi Giordano Bruschi e Giusy Giani), Vincenzo Consolo la sa riassumere da par suo: “la storia di Danilo Dolci bisognerebbe metterla tutta in fila per poterla capire veramente. Figlio di ferroviere, poi partecipa alla Resistenza, viene messo in carcere dai nazisti e scappa, va a Nomadelfia da don Zeno Saltini, quindi va a Partinico. E lì le lotte sociali e quei bellissimi racconti di analfabeti e contadini scritti da un intellettuale coltissimo, che conosceva la letteratura russa, ma anche quella americana e quella tedesca, che scriveva poesie. E che aveva uno sguardo profondo e capace di andare lontano. No, tipi così non ne nascono spesso”.
L’originalità della pubblicazione sta almeno in due sottolineature. La prima è che Dolci coglie con lucidità la centralità dell’acqua come tema cruciale della politica, oggi come e più che in passato: “Accentrato dominio (di qualsiasi tipo), incuria delle acque e decadenza, in ogni tempo e luogo coincidono? Lo spreco e il rovinoso inquinamento dell’acqua sono indice e misura dell’incivile livello culturale – politico di un Paese”. La seconda sottolineatura particolare è che beni essenziali, come questo prezioso elemento (“Senza acqua non vi è vita”), sono stati anche in Sicilia dei grimaldelli per ribaltare situazioni sclerotizzate da secoli. Radunarsi, manifestare, scioperare per ottenere la diga sullo Jato ha significato, per centinaia – anzi migliaia – di contadini, la scoperta della forza della verità e della giustizia. E, una volta ottenuta la diga, “la gente pensando comprendeva che quell’acqua, per non essere cara, doveva risultare democratica, non acqua di mafia. La gente comprendeva che, per realizzare il proprio profondo interesse, doveva imparare a organizzarsi in una grande cooperativa ove ognuno imparava a parlare e ad ascoltare, a scegliere e a decidere, a mantenere impegni puntualmente. La diga così, da occasione per elevare produzione e reddito, è divenuta leva per mutare la struttura del potere nel territorio: leva affinché la grande maggioranza della gente, riconosciuto il proprio interesse profondo, divenisse giorno per giorno il nuovo potere, democratico, della zona. Quando i primi rivoli sono arrivati nella campagna estiva, la gente vi ballava dentro a piedi scalzi, ebbra, come se fosse mosto. Molto abbiamo imparato: arrivando il lavoro, il banditismo era sparito. Mentre all’inizio la violenza irrompeva frequente, l’assassinio, per decine e decine di anni non avveniva più ‘l’ammazzatina’. Da questo ampio laboratorio della Valle, apprendevo che – pur se lento e durissimo, con altissimi costi personali – è possibile operare profondi cambiamenti sociali, economici, strutturali, senza sparare”. 
Le battaglie nonviolente occupano i primi venti anni del Dopoguerra: e oggi? Quali potrebbero essere delle cause talmente popolari, talmente coinvolgenti, da strappare all’inattività le maggioranze rassegnate? Qui i (pochi) politici desiderosi di servire il bene comune dovrebbero recuperare il metodo-Dolci e, prima di proporre mete, ascoltare le esigenze della cittadinanza. Si potrebbe scoprire che alcuni obiettivi riescono ancora a intrecciare istanze etiche e interessi privati: a cominciare dalla difesa del regime pubblico delle acque (contro ogni forma di privatizzazione). O la libertà dai condizionamenti parassitari delle cosche mafiose che frenano la crescita economica del tessuto sociale meridionale. Ma anche la possibilità di muoversi nelle città siciliane con un sistema di mezzi di trasporto efficienti, senza spendere cifre sempre più alte per la benzina e senza pagare prezzi sempre più onerosi in termini di inquinamento, potrebbe costituire un obiettivo strategico condiviso. Come pure una campagna convinta e insistente per la lotta all’evasione fiscale (di proprietari di case in affitto, professionisti, gestori di locali pubblici, enti religiosi, imprenditori e artigiani) direttamente proporzionale all’immediata e progressiva diminuzione delle imposte e delle tariffe. La lista è virtualmente infinita, l’essenziale sarebbe affrontare una battaglia per volta sino a quando la si vinca davvero: “L’evidenza della creatività suscita creatività in chi l’osserva. In ogni zona del mondo occorre trovare la particolare leva necessaria affinché i bisogni profondi della gente, nell’essere riconosciuti e ottemperati, divengano occasione alle maggioranze (inconsce, sfruttate, sepolte vive) per conquistare il proprio potere”.

Incipit del libro di Danilo Dolci:
“E’ interessantissimo notare che i mosaici bizantini di Monreale non raffigurano gli alberi ma l’idea degli alberi. E noi riusciamo a vedere nell’intimo delle creature con le quali conviviamo? Riusciamo ad addentrarci nell’intimo dell’acqua, oltre il suo incanto? Veicolo, solvente e associante, necessario a ogni sangue e a ogni linfa, al ricambio di ogni organismo, fra sorgenti e progetti inesauribili, a ogni forma di vita che nel suo plastico plasmarsi cerca di identificarsi. Costruttrice delle malachiti, delle azzurriti, delle grotte carsiche. Dall’acqua, continua plasmatrice del pianeta, noi possiamo - abbiamo il potere di – vivere: l’acqua ha il cooperante potere di avvivarci. Ampie e sottili scienze studiano le proprietà dell’acqua, nei suoi diversi cicli - anche dentro di noi - , le sue qualità ancora per gran parte ignote. Quale la sua intima struttura? Pure Pitagora desiderava saperlo. L’acqua naturalmente si distilla dagli oceani e dai mari impregnati di sale evaporando per ricadere poi anche in profondi laghi e fiumi ingrottati o fluenti nella terra. Diverse foglie bevono rugiada. Isole vegetali vagano (anche in Messico) sostenendosi radicate nell’acqua. L’acqua nelle sequoie sale a oltre cento metri”.

Augusto Cavadi

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