“Centonove”
7. 1. 2011
QUANDO IL PAZIENTE E’ IL MEDICO
Che succede se un medico abbastanza giovane, affermato professionalmente, sereno sentimentalmente, sportivo e amante della natura, scopre di essere ferito dall’innominato?
Sergio Audino lo racconta, autobiograficamente, in Le mie sette vite-Chiamando cancro il cancro (Flaccovio, Palermo 2010): un libro senza pretese letterarie e, proprio per questo, apprezzabile come testimonianza umana dai toni sinceri e a tratti toccante. “Quando possediamo la salute” – riconosce a conclusione della sua narrazione l’autore – “nella sua totale integrità, spesso manifestiamo tutto il nostro egocentrismo e tutto il nostro egoismo, mentre nella sofferenza si evidenziano prepotentemente il bisogno e la necessità di ricorrere alla reciproca solidarietà” e finalmente restituiamo “al nostro volto e al nostro sguardo un atteggiamento più autentico, più vero, senza sovrastrutture”.
La saggezza dei nativi americani trova nella vicenda del medico contemporaneo una splendida conferma: solo lo sciamano ammalato è in grado di curare le malattie altrui.
L’esperienza personale consente all’autore-protagonista di avvertire, molto più intimamente di quanto avesse potuto fare dall’alto della sua condizione di ‘sano’ e di ‘terapeuta’, la necessità di moltiplicare a favore dei malati oncologici non solo gli interventi strettamente clinici (hospice e assistenza domiciliare), ma anche psicologici. Si potrebbe aggiungere (sulla base di alcune esperienze in atto da anni in Piemonte) che il “ruolo insostituibile di supporto e di sostegno” ai pazienti e ai loro familiari può essere svolto da consulenti filosofici che si mettano a disposizione per dialogare e cercare, insieme agli interessati, un possibile ‘senso’ in ciò che – a prima vista – ne è del tutto privo (cfr. la narrazione di Luisa Sesino nel suo contributo al volume a più voci *Filosofia praticata. Su consulenza filosofica e dintorni*, Di Girolamo, Trapani 2008). Che è poi proprio ciò che Audino prova a realizzare in queste pagine: scritte da un medico ma non di medicina; con fini osservazioni psicologiche, ma non di psicologia; intrise di dolore e di speranza, di intuizioni e di domande, di dubbi e di ipotesi, come sono sempre le pagine filosofiche anche se vergate da un non-filosofo di professione.
Augusto Cavadi
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