TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 420 del 30 dicembre 2010
Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Sommario di questo numero:
1. Un crimine
2. Marco Ambrosini e Marco Graziotti intervistano Augusto Cavadi
3. Marco Ambrosini e Marco Graziotti intervistano Alberto L’Abate
4. Marco Ambrosini e Marco Graziotti intervistano Roberto Mancini
5. Marco Ambrosini e Marco Graziotti intervistano Enrico Peyretti
6. Per sostenere il Movimento Nonviolento
7. “Azione nonviolenta”
8. Segnalazioni librarie
9. La “Carta” del Movimento Nonviolento
10. Per saperne di piu’
1. RIFLESSIONE. UN CRIMINE
(…)
2. RIFLESSIONE. MARCO AMBROSINI E MARCO GRAZIOTTI INTERVISTANO AUGUSTO CAVADI
[Ringraziamo Marco Ambrosini (per contatti: agrcasetta@inventati.org) e Marco Graziotti (per contatti: graziottimarco@gmail.com) per averci messo a disposizione questa intervista ad Augusto Cavadi.
Marco Ambrosini e Marco Graziotti fanno parte della redazione di “Viterbo oltre il muro. Spazio di informazione nonviolenta”, un’esperienza nata dagli incontri di formazione nonviolenta che si svolgono settimanalmente a Viterbo.
(…)
- Marco Ambrosini e Marco Graziotti: Nella storia del Novecento la nonviolenza ha caratterizzato importanti esperienze, dalle lotte condotte da Gandhi dapprima in Sudafrica e successivamente in India, alle esperienze di resistenza nonviolenta contro il nazifascismo, alle lotte di Martin Luther King contro il razzismo, fino alla lotta di Aung San Suu Kyi. Come definirebbe e descriverebbe il contributo della nonviolenza alla storia degli ultimi cento anni?
- Augusto Cavadi: Un seme. Come tutti i semi puo’ essere spazzato via - e’ stato spazzato via tante volte - dai venti avversi, ma potrebbe - puo’ - maturare e diventare albero. Fuor di metafora: da esperienza minoritaria e profetica potrebbe diventare mentalita’ diffusa, anzi comune. Il contrassegno di una nuova tappa evolutiva nella storia dell’animale umano.
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- Marco Ambrosini e Marco Graziotti: La riflessione nonviolenta si e’ intrecciata con varie tradizioni del pensiero politico, ha apportato contributi fondamentali, ed ha costituito e costituisce una delle esperienze maggiori della filosofia politica odierna. Come definirebbe e descriverebbe il contributo della nonviolenza al pensiero politico?
- Augusto Cavadi: Non sono uno specialista, ma cerco di leggere con qualche attenzione. Ho l’impressione che, nell’ambito della produzione intellettuale sul tema, ci sia ancora molta strada da fare. Il pensiero politico pacifista ha fruito di apporti gia’ abbastanza significativi; non altrettanto il pensiero politico nonviolento. Comunque altri colleghi da voi interpellati potranno regalarci nomi, testimonianze e titoli e a me ignoti.
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- Marco Ambrosini e Marco Graziotti: La riflessione nonviolenta si e’ intrecciata anche con la ricerca e la riflessione sociologica, dando contributi rilevantissimi. Come definirebbe e descriverebbe il contributo della nonviolenza al pensiero sociologico e alla ricerca sociale?
- Augusto Cavadi: Anche in questo settore le mie conoscenze sono assai limitate. Oltre che il “solito” Danilo Dolci (e, per giunta, limitatamente a una certa data della sua vicenda umana e intellettuale) ci sono sociologi che esplicitamente imperniano nei principi della nonviolenza la loro ricerca?
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- Marco Ambrosini e Marco Graziotti: La riflessione e le esperienze nonviolente hanno potentemente investito anche l’economia sia come realta’ strutturale sia come relativo campo del sapere. Come definirebbe e descriverebbe il contributo della nonviolenza al pensiero economico?
- Augusto Cavadi: In questo ambito (dove non ho certo competenze piu’ ampie che negli altri toccati dalle vostre domande) direi che molte teorie economiche (alla Amartya Sen) e molte iniziative economiche (alla Muhammad Yunus) che provano a relativizzare il capitalismo - senza ne’ fughe in avanti appassionanti ma irrealistiche (anarchismo) ne’ tantomeno cadute in rimedi peggiori del male (socialismo di transizione verso il comunismo) - sono da considerare patrimonio della cultura nonviolenta.
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- Marco Ambrosini e Marco Graziotti: La teoria-prassi nonviolenta ha recentemente avuto uno svolgimento importantissimo nel campo del diritto e specificamente del diritto penale, con l’esperienza sudafricana della “Commissione per la verita’ e la riconciliazione” e con le numerose altre iniziative e successive teorizzazioni che ad essa si sono ispirate. Come definirebbe e descriverebbe il contributo della nonviolenza al pensiero giuridico e alla pratica del diritto?
- Augusto Cavadi: Nella mia citta’ (Palermo) abbiamo provato a immaginare, e a raccontare in un libro (”Nonviolenza e mafia”, a cura di V. Sanfilippo, Di Girolamo, Trapani 2005), cosa potrebbe significare affiancare (non sostituire!) l’attuale apparato giudiziario-repressivo con un sistema di prevenzione e di recupero sociale dei criminali mafiosi e, soprattutto, della cerchia di familiari e simpatizzanti che ruota intorno a ciascuno di loro. Successivamente qualcuno di noi e’ stato invitato anche a lavorare in iniziative di dialogo con adulti condannati (per reati minori) a pene alternative alla reclusione carceraria. Ma si tratta di micro-esperimenti che difficilmente, a mio avviso, potranno compensare il peso schiacciante del pessimo “esempio” di Stati grandi e potenti che praticano la tortura e la pena di morte. Non vedo spiragli sino a quando l’elettorato non imporra’ ai partiti politici di inserire queste tematiche nei programmi elettorali fra cui scegliere e, tramite i loro rappresentanti in Parlamento, al Governo di occuparsene . Certo, l’Italia o la Spagna non potranno convincere la Cina o l’Iran a cancellare pratiche violente e disumane; ma, almeno, potranno denunziare a chiare lettere l’ipocrisia di Stati occidentali, come gli Stati Uniti d’America, che criticano quanti preparano ordigni nucleari come se ne fossero privi essi per primi; o come quegli Stati europei che vedono nella pena di morte un ostacolo insormontabile alla cooptazione della Turchia, ma non alla sinergia politica e militare con gli Stati Uniti d’America.