Manuela Modica su “L’unità” del 5. 10. 2010
PALERMO
«Qualcuno ricorda che
la Chiesa decise di non
costituirsi al processo?»
Imbarazzi, reticenze e ritardi
per Padre Pino Puglisi beato
Giuseppe Puglisi fu ucciso il 15
settembre del 1993 per il suo
impegno antimafia. Dopo il ricordo
di Papa Benedetto XVI si
torna a parlare della sua beatificazione
e , a Palermo, ci sono
ancora polemiche.
Don Pino Puglisi martire? La domanda appassiona Palermo da mesi.
I tre giorni di paralisi in città per l’arrivo di Benedetto XVI, diventano così anche attesa dell’agognata risposta. Ferma in un ambiguo impasse da anni, la beatificazione di don Puglisi, del prete che fece della mafia la sua croce, è ormai argomento d’imbarazzo per il Vaticano. Eppure il 15 settembre 1999,dieci anni dopo l’assassinio del prete a Brancaccio, il poverissimo quartiere palermitano dove “3P”(padre Pino Puglisi) si ribellava alla mafia, il Cardinale Salvatore De Giorgi aveva insediato il Tribunale ecclesiastico diocesano per il riconoscimento del martirio. L’indagine era poi stata conclusa nel maggio 2001 e l’incartamento inviato presso la Congregazione per le Cause dei Santi in Vaticano, che lo ha tuttora in esame.
Dal 2001 ad oggi niente è progredito. Per questo un nutrito numero di associazioni cattoliche, di preti, di laici e simpatizzanti solo pochi mesi fa ha inviato una lettera-appello perché sia, finalmente, proclamato martire e santo della Chiesa cattolica. Un appello sostenuto a gran voce da Davide Faraone, giovane emergente del Pd palermitano, prossimo alla candidature per le primarie a sindaco di Palermo. E da molti intellettuali, tra cui Dacia Maraini, Vincenzo Consolo, Andrea Camilleri, Francesco Guccini. Non condiviso, invece, dal pm che seguì il processo agli assassini di “3P”, Lorenzo Matassa, che scrive a Faraone: «La sua beatificazione servirà forse a vestire il suo assassinio di una luce diversa? Mi stupisce che, fino ad oggi, si sia trascinata questa polemica… Invero, lo stupore doveva nascere allorché il processo agli assassini (i famigerati Graviano e i sodali di Spatuzza) non vide la costituzione della Chiesa. Non si costituirono neppure il Comune, la Provincia, la Regione e la famiglia (parlo di quella anagrafica di Pino Puglisi): nessuno. Il processo si svolse in un imbarazzante silenzio della “società civile”. In quei giorni si disse che “la Chiesa non fa processi”». E così, Benedetto XVI non ignora l’argomento: «Di questo buon pastore, del quale è in corso la causa di beatificazione», dice. La beatificazione potrebbe essere così alle porte,ma per i promotori non è segnale ancora sufficiente. E intanto Palermo si risveglia dopo il week-end di paralisi senza aver sciolto il quesito. L’impasse del Vaticano pare riguardare un “cavillo”: il martirio è il cuore della questione. «La commissione dei cardinali obietta che è stato ucciso dalla mafia e tutti i mafiosi sono cattolici, perciò non si ravvedono gli elementi del martirio», spiega il teologo Augusto Cavadi, autore del libro “Il Dio dei mafiosi”. E continua: «Per il Vaticano un martirio può essere considerato tale solo se esiste il principio “odium fidei”, deve essere cioè un assassinio contro la religione».
Niente di più che un paradosso, quindi, sarebbe l’origine del mancato pronunciamento sudon Puglisi: i mafiosi che l’hanno ucciso sono cattolici, perciò niente martirio. Ma Cavadi non è d’accordo: «Mi pare la Chiesa debba definire una questione non irrilevante: se il prete in Sicilia deve limitarsi a disporre la messa e i sacramenti, hanno ragione: “Se l’è cercata”, direbbe Andreotti. Don Puglisi, seguendo questo criterio era un’anomalia. La questione cambierebbe se si partisse da un’altra idea di Chiesa, che veda il prete sposare il territorio non solo spiritualmente ma sotto tutti i punti di vista: Gesù Cristo si sarebbe occupato dei mafiosi dei quartieri, non avrebbe detto “io mi faccio i fatti miei”».
MANUELA MODICA
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