sabato 31 luglio 2010

Ci stanno rubando pure il profumo di questa città


“Repubblica – Palermo”
31 luglio 2010-07-25

Come sono cambiati gli odori della città

Solo pochi anni fa, anche un cieco capiva di camminare per le strade di Palermo. Non era solo la mitezza della temperatura (disturbata solo da qualche grado eccessivo di umidità percentuale) a rivelarglielo, ma soprattutto la danza dei profumi. Persino soggetti dall’olfatto mediocremente sviluppato (come nel mio caso) avvertivano il cocktail delizioso di pomelie e di gelsomini in estate , le carezze di pittosforo in primavera. Piante e fiori giocavano ad intrecciare le loro gradevoli esalazioni sullo sfondo dell’odore, ora intenso ora sommesso, sempre inconfondibile, del mare. Sì, perché mafia e cattiva amministrazione (ammesso che una distinzione dei due termini abbia significato) ci avevano già dal dopoguerra privato della vista del mare: ma l’odore, questo non ce l’avevano ancora potuto rubare.
Adesso non è più così. Non ci avevo pensato, ma l’altro ieri un’improvvisa zaffata mi ha strappato all’illusione: un tanfo di sudicio, di stantio, è penetrato per le narici - no, mi correggo: per tutti gli orifizi, anzi per tutti i pori, del mio corpo – e mi ha raggiunto in quel punto indefinibile dell’intimo dove cervello, cuore e viscere s’identificano. Mi sono guardato intorno con sguardo risentito, quasi a voler cogliere sul fatto un sacchetto di rifiuti abbandonato o un cassonetto scoperchiato o una carogna di animaletto; ma, purtroppo, non ho individuato qualche cosa di preciso. Mi sono dovuto arrendere. Palermo non puzza per questo o per quell’altra spazzatura. Ormai, Palermo puzza. E basta.
Mentre gli uffici trasbordano di vigili urbani affaccendati (affacendati ?) a dare informazioni (la scorsa settimana, in via Dogali, quattro addetti all’uopo: ma uno interloquiva con il pubblico in coda, gli altri tre contemplavano ammirati l’eloquio del collega) o a sbrigare pratiche burocratiche (che potrebbero essere benissimo affidate a LSU diplomati) o fanno i portieri di lusso ai Palazzi del potere (non solo a piazza Pretoria, ma anche davanti alle sedi della Provincia, della Regione e – udite, udite ! – della Curia arcivescovile), i peggiori cittadini - in questo periodo spalleggiati dai peggiori turisti – continuano a imbrattare di cartacce, a inumidire di pipì d’ogni genere di animali (sé compresi), a disseminare cacche varie, a scaricare camion di relitti ingombranti. In alcune piazze (per esempio nella borgata marinara di Vergine Maria) il terreno sotto i cassonetti dell’immondizia, anche e soprattutto ‘umida’, non viene ripulito da nessuno per mesi, forse per anni. Neppure quando il camion con il sistema compattatore - salutato come una sorta di esercito liberatore in regime di occupazione straniera - passa a svuotare i contenitori ricolmi di rifiuti.
Così, settimana dopo settimana, mentre chi doveva gestire i servizi igienici urbani festeggiava - in alberghi extralussuosi di favolose località estere - la sponsorizzazione AMIA di barche a vela da competizione, Palermo è andata lentamente perdendo una delle sue ultime ricchezze: la sua gradevolezza olfattiva. Oggi, i ciechi possono ancora riconoscere senza difficoltà di deambulare per le strade del capoluogo dell’Isola della zagara: ma per ragioni esattamente opposte rispetto a pochi anni fa.
Augusto Cavadi

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