Due alunne e un professore in dialogo sulle macerie della scuola
Siamo pronti a lottare e vogliamo che ascoltiate la voce di una generazione che vede il proprio futuro perire ogni giorno di più….Non vogliamo più essere spettatori passivi di questa rovina, ma partecipare come attori protagonisti di uno spettacolo unico che è la vita e che è irripetibile. Molti ne pagano il biglietto, ma rimangono fuori ad aspettare che finisca. Per noi non è così e per questo abbiamo messo in atto questa protesta. Tutti, studenti e professori, condividiamo il fine della protesta, ma non il mezzo con cui raggiungerlo: l’occupazione delle scuole. Alcuni ritengono che l’occupazione sia per molti ragazzi un pretesto per anticipare le vacanze natalizie o per saltare lezioni. Per quanto sia criticabile dal punto di vista legale, questa forma di protesta si è rivelata finora quella più efficace e capace di unire e coinvolgere gli studenti di molti istituti scolastici in una lotta coesa per i nostri diritti, per il nostro futuro. Pensate per caso che ci sia divertimento dentro le mura delle scuole occupate? Vi sbagliate! C’è rabbia,mista al dialogo finalizzato alla ricerca di proposte per portare avanti la nostra causa.
Ma qual è la causa che lega in questa lotta gli studenti italiani? Ormai dovrebbe essere chiaro a tutti, ma adesso ribadiamo nuovamente a chi non lo sapesse le nostre ragioni:
* NO a un futuro compromesso da una riforma che tarpa le ali ai nostri sogni, costringendoci alla precarietà;
* NO alla distruzione delle scuole pubbliche a favore di quelle private: la cultura è un diritto inderogabile per tutti (uno dei nostri slogan: “Le nostre scuole non sono aziende, la cultura non si vende”;)
* NO ai tagli dei fondi destinati alla scuola pubblica, che nel nostro liceo (il “G. Garibaldi” di Palermo) impediscono agli studenti di usufruire di una palestra;
* NO all’aumento delle tasse universitarie, che precluderebbero l’istruzione a studenti non in grado di pagarle;
* NO ai tagli del numero di professori (ridotti così alla precarietà), che impedisce il regolare svolgimento delle lezioni e ha già causato nelle università un ritardo dell’inizio degli studi e procrastina l’ingresso nel mondo del lavoro, data l’impossibilità di conseguire la laurea in un tempo opportuno;
* NO ai tagli e al disinteresse per i fondi destinati alla ricerca. Il DDL si è preoccupato dei posti riservati ai ricercatori..ma noi ci chiediamo: quali ricerche si possono compiere senza fondi?
* NO alla riduzione del numero di classi, vissuto con disagio da studenti e professori, che non riescono a portare avanti un programma con classi di trenta o più alunni;
* NO ai tagli delle ore scolastiche. In particolare NO alla riduzione delle ore di italiano, che deve essere la base dell’istruzione per uno studente italiano, per non rendere la nostra stessa lingua una lingua straniera ed evitare di ritrovarci professionisti incapaci di esprimersi in un italiano corretto. Come è possibile ridurre le ore di italiano se “la padronanza della lingua italiana è premessa indispensabile all’esercizio consapevole e critico di ogni forma di comunicazione”? Infatti “il possesso sicuro della lingua italiana è indispensabile per esprimersi, per comprendere e avere relazioni con gli altri, per far crescere la consapevolezza di sé e della realtà, per interagire adeguatamente in una pluralità di situazioni comunicative e per esercitare pienamente la cittadinanza”(Assi culturali 2007/2008, L’asse dei linguaggi del Ministero della Pubblica Istruzione). NO alla fusione delle materie di storia e geografia: abbiamo bisogno di conoscere il mondo in cui viviamo e soprattutto le nostre radici storiche, per non mortificare la nostra identità e sentirci fieri, non vergognarci di essere Italiani. NO all’eliminazione delle discipline sperimentali nei licei. Ci risulta deleterio il provvedimento che elimina lo studio della storia dell’arte al biennio in un liceo classico. Chi abbandona l’istruzione all’età di sedici anni in questo modo si ritrova privo delle “conoscenze fondamentali delle diverse forme di espressione e del patrimonio artistico e letterario”, che “sollecitano e promuovono l’attitudine al pensiero riflessivo e creativo, la sensibilità alla tutela e alla conservazione dei beni culturali e la coscienza del loro valore” (Assi culturali 2007/2008, l’asse dei linguaggi del Ministero della pubblica Istruzione).
Molti si interrogano sull’utilità della protesta. Non vogliamo essere scambiati per sognatori, ma essere presi sul serio: quello a cui puntiamo è un risultato concreto. In questi giorni abbiamo fatto sentire la nostra voce, cercato di sensibilizzare le persone intorno a noi, scosso la città: qualcosa si è mosso, tutta Italia è in fermento, siamo riusciti ad attirare i media. A questo punto, mentre il Parlamento discute sull’approvazione della legge finanziaria, ha il nostro parere. Teniamo a ricordare il principio su cui si dovrebbe basare un governo democratico: i parlamentari sono i NOSTRI rappresentanti, i portavoce del popolo ed è la voce del popolo la prima a contare! La sovranità non appartiene agli uomini eletti nelle istituzioni, ma al POPOLO! Lo stesso Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano rivolge questo invito:”La politica ascolti la voce degli atenei”.
A differenza di quanto molti pensano, la nostra non è soltanto una critica, abbiamo in mente delle proposte che attendono solamente di essere ascoltate. NOI SAPPIAMO COSA VOGLIAMO PER IL NOSTRO FUTURO!
Ormai in procinto di entrare nel mondo degli adulti, osservandoci intorno, leggendo i giornali, guardando la tv, ci rendiamo conto, giorno dopo giorno, di come il nostro Paese stia andando incontro a una crisi economica, politica e culturale. Il governo non fa altro che preoccuparsi di mantenere la maggioranza e quindi tenersi stretto il “trono”…ma chi si interessa veramente alle sorti dell’Italia?
Quello che vogliamo è un cambiamento che parta dal sistemo politico, siamo convinti di poter far fronte alla crisi attraverso una politica di risparmio. Un risparmio, però, che non colpisca la cultura, punto di partenza per un futuro rilancio del Paese. La cultura è il mezzo mediante il quale i giovani possono sviluppare una coscienza critica e quindi non sottomettersi al volere altrui e di un governo che li danneggia. Per questo diciamo a gran voce per le strade: “Non ci avrete mai come volete voi!”.
Uno dei nostri striscioni esposti durante le manifestazioni reca la scritta: “I soldi per l’istruzione esplodono in Afghanistan”. Ecco, a nostro parere sarebbe opportuno ritirare l’esercito italiano dall’Afghanistan,dunque impiegare il denaro per ciò che è veramente utile alla società, per migliorare e non mortificare la cultura! Noi paghiamo le tasse per usufruire di un servizio che funzioni, non perché siano “mangiate”, rubate dai politici per i loro tornaconti personali. Bisognerebbe valorizzare il patrimonio culturale che l’Italia (dalla Sicilia in su) vanta in tutto il mondo da secoli, non lasciare alla deriva e al degrado siti storici come quello di Pompei, il centro storico di Palermo e di tante altre città. Il turismo è fonte di ricchezza, di denaro da impiegare nel miglioramento della società a partire dall’istituzione scolastica. Ognuno deve pagare le tasse regolarmente, c’è bisogno di più controllo contro l’evasione fiscale. Oppure perché non far pagare l’ICI anche alla Chiesa cattolica? Perché non eliminare questo privilegio e tutti gli altri riservati ai politici, che non sono persone migliori degli altri, ma semplici cittadini al servizio della società?
Infine riteniamo opportuno un risparmio che cominci dal singolo cittadino, nel suo piccolo, perché è dalle piccole cose che nascono le grandi cose.
AIUTATECI AFFINCHE’ TUTTO CIO’ NON SIA SOLO UN’UTOPIA, MA DIVENTI UN SOGNO REALIZZABILE!!!!!!
Agnese Aluia e Roberta Fazio
Care Agnese e Roberta, sono compiaciuto della vostra lettera ‘aperta’: esprime una maturità insolita per ragazze di diciassette anni e un’onestà intellettuale ancor più rara fra giovani e adulti. Meriterebbe una risposta ben più articolata, ma non possiamo appesantire i lettori. Dico subito, perciò, che sui fini della protesta sono quasi del tutto d’accordo: su questo stesso blog ho avuto modo di precisare alcuni dissensi (per esempio sul tabù della riduzione delle ore di lezione che, complessivamente, mi sembrano attualmente eccessive e rischiano di sovraccaricarvi al punto da farvi odiare ciò che dovrebbero farvi amare), ma sorvoliamo.
Andiamo direttamente ai metodi scelti che possono essere valutati dal punto di vista della legalità oppure dell’etica oppure ancora dell’efficacia politica. Che sia palesemente illegale non solo astenervi dalla fruizione di un servizio che avete pagato con le tasse (tale astensione rientra fra i vostri diritti) ma tentare di impedire ad altri compagni l’esercizio del loro diritto allo studio (mediante l’occupazione dei locali) , non ritengo che sia necessario dimostrarlo. Un vostro compagno (Federco Davì) mi ha obiettato che io stesso ho più volte spiegato, a proposito di varie dottrine politiche incontrare nella storia occidentale, che ci sono casi in cui “l’obbedienza non è più una virtù” e infrangere la legalità può essere non solo lecito, ma addirittura doveroso. Verissimo. Ma quando un parlamento eletto democraticamente vara una riforma del sistema universitario e scolastico a maggioranza, siamo di fronte a una legalità solo formale e non sostanziale? In nome di quale etica superiore alla legalità studenti e professori (ammesso, per un momento, che siano tutti compatti e d’accordo) potrebbero sospendere le regole costituzionali? Il popolo ‘sovrano’ a cui fate riferimento sono i 40 milioni di italiani che hanno diritto di voto (e che con il loro voto, o con il loro astensionismo, hanno permesso questa maggioranza e questo governo) o sono i 10 milioni di studenti e docenti in rivolta? Quando sono gli spazzini o i controllori di volo o i neurochirurghi a ribellarsi a una normativa li tacciamo, giustamente, di ‘corporativismo’:perché il metodo democratico (basato sul principio che la maggioranza vince) dovremmo invocarlo quando facciamo parte di una maggioranza e contestarlo quando siamo in minoranza?
Ma ammettiamo che ci siano, a differenza di ciò che appare a me, delle ragioni etiche talmente evidenti da legittimare l’illegalità dei metodi. Rimane la terza questione, per me davvero decisiva: occupare le scuole, interrompere il proprio processo formativo, bloccare stazioni ferroviarie e marittime è funzionale allo scopo? Voi sostenete di sì e alcuni intoppi parlamentari delle proposte governative vi danno l’illusione ottica che sia così.Ma a me sembra che ciò sia due volte sbagliato. Sia nell’immediato perché se “Futuro e libertà” non avesse da regolare conti interni alla maggioranza con il PDL di Berlusconi e con la Lega, la maggioranza avrebbe retto senza ostacoli. Ma anche se davvero la cosiddetta “riforma Gelmini” fosse temporaneamente bloccata in parlamento non (come sono convinto) per beghe partitiche ma (come siete convinti molti di voi) come effetto della vostra contestazione, che cosa ci aspetterebbe in futuro? Per rendere più chiara la mia domanda, vi concedo il massimo che un contestatore può sognare: che riusciate a fare cadere questo governo, a fare sciogliere questo parlamento, a fare indire nuove elezioni. Bene: che cosa insegnano gli ultimi quarantadue anni di storia italiana, dal 1968 a oggi? Che la verità verrà, tragicamente, a galla. Il 20% degli studenti preparati e motivati alla contestazione, voterà e farà votare per uno schieramento (anche minoritario) che abbia delle idee più chiare in fatto di scuola (e, soprattutto, contribuirà con analisi e proposte, a renderle più chiare); il 20% degli studenti, consapevolmente, rivoterà esattamente per quei partiti che oggi contesta perché riterrà che ci siano ‘valori’ più importanti dell’istruzione da salvaguardare (dalle barriere contro gli immigrati alle battaglie in difesa della vita biologica, delle istituzioni tradizionali, della morale sessuale cattolica); il restante 60% continuerà a fare esattamente quello che sta facendo in queste settimane (o evitare di prendere posizione in sovrana indifferenza godendosi il calduccio delle coperte o scomodandosi, ogni tanto, dal divano per recarsi a votare secondo ciò che in quel momento gli sembra più utile a sé o emotivamente più coinvolgente). Cara Agnese, cara Roberta, non ho nulla contro il 20% degli alunni onesti (anche se un po’ abbagliati) come voi due che combattete per una causa che ritenete giusta; non ho neppure nulla contro il 20% dei vostri colleghi che, altrettanto onestamente (e ancor più abbagliati di voi), saranno sempre pronti a innescare freni e marce indietro; ma mi fa orrore quel 60% di ignavi, di incerti, di qualunquisti, di opportunisti. Non saranno né migliori né peggiori del 60% di noi adulti attuali, genitori o insegnanti, eletti o elettori. O vi preparate, come tutte le brave dittature del popolo, a tagliare milioni di teste (il 60% dei cittadini italiani sono circa 36 milioni) o vi preparate (anche mediante la partecipazione a partiti, sindacati, movimenti, associazioni) a lavorare con loro e per loro a riformare le coscienze e a creare nuove maggioranze (non solo quantitative, ovviamente) nel Paese e di conseguenza in Parlamento. In questa seconda direzione continuerete ad avermi accanto nei tempi e nei modi che vorrete; nel primo caso sarò esattamente dove mi trovo dal ’68 in poi: dalla parte opposta.
Augusto Cavadi