“Repubblica - Palermo”
27 novembre 2009
LA LEGALITA’ ROVESCIATA
Il dibattito nazionale sul crocifisso nei luoghi pubblici registra, in Sicilia, degli echi incuriosenti. Il sindaco di Enna, Rino Agnello, ha emanato un’ordinanza che “invita a mantenere il crocifisso nelle aule delle scuole del comune come espressione dei fondamentali valori civili e culturali del Paese”, almeno sino a quando non si avranno notizie sull’esito del “ricorso alla Corte europea, espletato dallo Stato italiano”. Per evitare equivoci, il sindaco - in forza del recente “decreto sulla sicurezza” (!?) - commina una multa di cinquecento euro a chi, in ottemperanza alla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, osi togliere il crocifisso da un luogo pubblico, soprattutto dalle aule scolastiche “di ogni ordine e grado”.
Per evitare complessi d’inferiorità, il sindaco di Chiusa Sclafani ci ha tenuto a non apparire di meno dell’illustre collega: invece di limitarsi a minacciarla, la multa l’ha davvero comminata alla preside dell’Istituto ‘comprensivo’ del Comune perché nel suo ufficio (non nelle aule scolastiche) la polizia municipale non ha trovato il sacro simbolo.
Decisioni doppiamente singolari: di solito, le amministrazioni siciliane sono tarde a recepire le direttive europee, ma - a quanto pare - sono rapidissime nel disattenderle. Inoltre è forse la prima volta, nella storia del diritto, che si prevede una pena pecuniaria non per chi contesta una sentenza, bensì per chi vi si adegua! (Spero che il sindaco di Palermo non si lasci afferrare dallo spirito di emulazione: i vigili urbani, in un eventuale blitz nei nostri licei, troverebbero in più di un’aula - al posto del crocifisso burocratico - un più funzionale pezzo di carta: “Torno subito!”).
Uno dei preti ’storici’ di Catania, il don Salvatore Resca che da decenni è animatore - dalla parrocchia di San Pietro e Paolo - dell’associazione pacifista e antimafia “Cittainsieme”, ha da sempre espresso la contrarietà sua personale e della comunità nei confronti dell’ostensione di facciata dei simboli religiosi. Come ogni persona animata da fede minimamente sincera, sa che il maestro di Nazareth è stato condannato a morte per aver voluto abbattere quei “muri di separazione” fra un’etnia e l’altra che, ancora oggi, si vorrebbero innalzare a suo nome. Di fronte alla opposta opinione di alcuni sindaci, soprattutto leghisti, - la cui formazione teologica è pari solo all’autenticità del loro attaccamento al vangelo - don Resca ha avanzato una proposta di ripiego: se proprio volete appendere questi benedetti crocifissi, perché non appendete una figura umana quanto più simile al Gesù reale della storia? Egli stesso si offre di omaggiare (o di fornire a prezzi, comunque, concorrenziali) delle croci in cui stia appeso un uomo fra i trenta e i quaranta anni, dalla pelle scura come i palestinesi di ogni epoca: un extra-comunitario nord-africano, insomma. L’offerta è stata esplicitata in una lettera aperta che il vice-parroco catanese ha inviato al sindaco e alla giunta leghista di Coccaglio, in provincia di Brescia: a quell’amministrazione comunale padana che ha avuto la brillante idea di lanciare l’operazione ‘White Christmas’ (’Bianco Natale’), consistente nel cacciare dal territorio comunale tutte le persone straniere non in regola prima del 25 dicembre prossimo. Non si conosce ancora alcuna reazione da parte dei destinatari della proposta-offerta. Speriamo che, almeno, si possa ottenere una proroga di qualche giorno, dal 25 dicembre al 6 gennaio: è infatti in questa data che, festa dell’Epifania, la chiesa cattolica celebra l’apertura universalistica del messaggio cristiano, rendendo onore ai tre saggi regali che (benché estranei alla tradizione del messianismo ebraico) sarebbero arrivati dall’Oriente per attestare che, nel bambino partorito da due profughi talmente poveri da non potersi permettere neppure una locanda (e, per loro fortuna, in anticipo rispetto all’apertura dei democratici Centri di permanenza temporanea) germinava la promessa di un mondo di fratellanza e di sororità senza barriere. Se paradosso dev’essere, perché fermarsi a metà?
Augusto Cavadi
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