“Repubblica - Palermo”
30.11.08
LE PREDICHE DEI LAICI SENZA PULPITO
Augusto Cavadi
Avete mai ascoltato una omelia domenicale predicata da Fausto Bertinotti, da Giancarlo Caselli o da Gianni Vattimo? In una chiesa è improbabile. Ma fuori, da oggi, è possibile. Infatti è stato appena pubblicato Fuoritempio (Di Girolamo, Trapani 2008, pp. 208, euro 15) , una raccolta di “omelie laiche” che commentano i testi della liturgia cattolica del ciclo B (le pagine bibliche, cioè, che per un anno intero saranno lette in tutte le chiese del mondo a partire da domenica 30 novembre).
La chiave di lettura di queste prediche molto singolari è efficacemente formulata da Valerio Gigante e Luca Kocci, i due giornalisti curatori del volume: “Nella navata in penombra, passi in punta di piedi. Cercano Cose nascoste ai dotti e ai sapienti ma vuoto è il Sepolcro del sacro. E’ là fuori, oltre il sagrato, un venticello leggero soffia sulla vita e le dà la parola. Parole di donne, parola di uomo. Parola di Dio. Commenti al Vangelo di chi si è ’svestito’: senza paramenti, dottrina e gerarchie, ma non per questo ’senza Dio’ “. L’iniziativa ha qualcosa di rivoluzionario: in una fase storica in cui i professionisti del sacro accettano di buon grado di occupare gli spazi pubblici dove sempre più flebile si fa la voce dei laici, qui - al contrario - viene restituito il diritto di parola sul cristianesimo a uomini e donne, ritenuti dalla gerarchia ecclesiastica “non addetti” perché o eretici o profani.
Fra i vari interventi meritano una sottolineatura i non pochi contributi femminili, firmati non solo da teologhe (come Adriana Zarri, Lidia Maggi, Maria Caterina Jacobelli) ma anche da storiche (come Anna Carfora e Adriana Valerio), geografe (come Giuliana Martirani), giornaliste (come Gabriella Caramore), operatrici sociali (come Rita Giaretta) e politiche (come Giancarla Codrignani). Ad esempio una di loro, Antonietta Potente, commenta così il versetto del vangelo secondo Marco “Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini”: “Da questo testo non nasce una comunità gerarchica di discepoli, ma piuttosto la passione condivisa di alcuni compagni. Coloro che narrano, narrano chi era il loro amico, come l’avevano incontrato e come si erano sintetizzati con lui. Noi lo abbiamo enfatizzato al punto da farlo diventare un testo istituzionale. E’ invece profondamente quotidiano ed umano. Era normale che Gesù facesse gruppo con altri compagni; era normale che questi compagni fossero semplicemente pescatori. Era normale perché il lavoro del pescatore è un lavoro di ricerca, di attesa, di profonda stanchezza. Il desiderio di incontro, di ritornare, di fare casa, certamente era intenso e molto grande in queste persone. Nella narrazione di Marco non troviamo descritta l’organizzazione di un gruppo, ma semplicemente la nascita di legami, di sensibilità, di passioni intorno ad un sogno comune. Non siamo davanti a un traguardo, ma ad una partenza. E’ bello perché è un testo popolare, potremmo dire proletario, mistico e politico allo stesso tempo, dove nella narrazione si mescola l’affetto e la scoperta della dignità del proprio lavoro, della propria condizione sociale, delle proprie rivendicazioni quotidiane che ricercano incessantemente la vita: è un testo che i discepoli raccontano per descrivere e spiegare la loro piccola e grande storia di liberazione e perché altri e altre si riscoprano in essa”.
Insomma, dopo tanto dibattito pubblico sulla laicità, finalmente un libro che - invece di teorizzarvi sopra - ne dà una esemplificazione concreta: non uno spazio vuoto in cui ognuno evita di auto-rappresentarsi per quello che è, bensì un crocevia dove si incontrano le identità più diverse. Con la libertà di dirsi ateo o indifferente, anzi addirittura di raccontare la fatica della propria ricerca e il conforto di qualche spiraglio di senso.
RIQUADRO
Le “omelie laiche” qui pubblicate sono, originariamente, apparse nel corso di vari anni su “Adista”, “l’agenzia di stampa laica che da più di 40 anni diffonde informazione religiosa a tutto campo e senza reticenze”, inspirandosi alla laicità concepita, con il teologo Cuminetti, quale “assunzione di aporie e contraddizioni, sofferenza e rabbia, speranza e sogno”. La redazione di “Adista” è a Roma, dove vengono pubblicate sia l’edizione cartacea (distribuita su abbonamento) che l’edizione telematica (www.adista.it); ma il fondatore è il siciliano Giovanni Avena, tra i più noti protagonisti della stagione post-conciliare del cattolicesimo italiano. Proprio in questi giorni è in atto un cambio al timone dell’agenzia di stampa: dopo sette anni, Eletta Cucuzza lascia la direzione e le subentra Angelo Bertani, già direttore del quindicinale della Fuci “Ricerca”; poi responsabile della redazione romana di “Avvenire” e condirettore della rivista del Meic “Coscienza”; quindi fondatore di “Segno Sette” (un settimanale agile e vivace, che si diffonde ben oltre i confini dell’Azione cattolica); infine dal 1992 al 1995 caporedattore del prestigioso mensile “Jesus” e dal 1996 caporedattore e vicedirettore di “Famiglia cristiana”.
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