“Repubblica - Palermo”
18.12.08
LA MESSA NELLE SCUOLE NON FA BENE AI CATTOLICI
Tra i paradossi del periodo natalizio si registra la moltiplicazione - in clima di ciaramelle e presepi - di motivi di litigi fra fidanzati, coniugi, colleghi di lavoro. Ogni spunto può risultare deflagrante: la scelta del locale in cui aspettare la mezzanotte o dei suoceri con cui consumare il cenone della vigilia o dei giorni di ferie…Le scuole elementari (soprattutto nel Meridione) non fanno eccezione: e, per colmo dei colmi, il casus belli è la santa messa. Dove sta, con precisione, la questione?
Se - come avviene nel resto del mondo civile - si trattasse di darsi appuntamento in una chiesa cattolica per pregare insieme, in una delle tante giornate di vacanza previste dal 24 dicembre al 7 gennaio, non ci sarebbe che da rallegrarsi: che cosa di più bello, per chi convive quasi tutto l’anno in uno stesso ambiente di ricerca intellettuale, di condividere fra credenti la stessa gioia per la memoria della nascita del Salvatore? Purtroppo, però, si ha il fondato sospetto che gli alunni non avvertano questa esigenza spirituale: si teme che - nonostante i catechismi in preparazione della prima comunione e della cresima, nonostante le montagne di ore di lezioni di religione cattolica, nonostante gli sceneggiati televisivi su tutti i santi del calendario - preferiscano trascorrere il tempo libero in palestra o tra i videogiochi. Da qui l’idea geniale (a quanto pare sinora condivisa dalla maggior parte dei dirigenti scolastici, dei docenti e dei genitori): organizzare la celebrazione eucaristica in orari scolastici, al posto delle lezioni curriculari, conferendole la veste di un’attività parascolastica semi-obbligatoria.
Le intenzioni dei consigli di istituto che deliberano in questo senso sono fuori discussione: nella crisi dei ‘valori’ generalizzata ricorrere alla vecchia funzione della religione come antidoto al degrado dei costumi e al disorientamento etico. Ma, se prescindiamo dalla analisi delle intenzioni, non si possono chiudere gli occhi sugli effetti discutibili di tali decisioni e sulle obiezioni consistenti da queste sollevate.
Un primo ordine di obiezioni viene da chi è convinto che la scuola statale debba essere rigorosamente aconfessionale: proprio perchè vuole essere la casa di tutti, non può essere - anzi neppure apparire - appannaggio di una parte politica o filosofica o religiosa. Se si tratta di studiare il cattolicesimo (eventualmente anche con qualche visita di istruzione in una chiesa), la scuola è perfettamente nei suoi diritti, anzi nei suoi doveri. Specialmente se non dimentica di studiare anche il cristianesimo protestante, l’islamismo o l’ebraismo (eventualmente anche con qualche visita di istruzione in un tempio protestante, in una moschea o in una sinagoga): proprio come lo studio dell’arte può implicare la visita ad un museo o lo studio della botanica la gita in un parco naturalistico. Tutt’altra cosa, invece, convocare gli alunni in una chiesa per un momento non di informazione culturale, ma di coinvolgimento esistenziale: esattamente come sarebbe scorretto convocarli non per un dibattito con un imam o con un rabbino o con uno sciamano, ma per coinvolgerli in una celebrazione islamica, ebraica o sciamanica. Né vale osservare che un genitore, in quanto ateo o fedele di altre confessioni religiose, può autorizzare il figlio ad assentarsi in quelle ore: la scuola non ha certo il compito di proporre iniziative che dividono, quando addirittura non emarginano psicologicamente.
D’altronde questo uso strumentale della religione cristiana si presta alle obiezioni anche di parecchi credenti: essi pensano, infatti, che il vangelo abbia senso come proposta libera e liberante; che utilizzarlo per tener buoni i bambini sia un modo sottile ma deleterio di banalizzarlo; e che, per giunta, sia controproducente perché queste celebrazioni ‘ufficiali’ (e quasi imposte) vengono vissute in un clima di disattenzione, di superficialità e di goliardia. Diciamolo pure: di disprezzo della spiritualità religiosa. Si è già constatato da decenni che i gioielli della cultura cristiana (dalla Divina Commedia a I promessi sposi) sono stati maciullati dal tritacarne del sistema scolastico: si ama così poco il momento del convito eucaristico da volerlo sfigurare agli occhi dei giovani, riducendolo a ingrediente del gran polpettone delle offerte formative parascolastiche in cui si amalgamano momenti impegnativi di educazione alla legalità con momenti molto meno significativi (dalle interviste a giocatori di foot-ball alle chiacchierate con attrici di sceneggiati televisivi)?
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