MAREDOLCE Giugno 2008
BRANCACCIO OSPITA LA PRESENTAZIONE DE “LA MAFIA SPIEGATA AI TURISTI”
Di Francesco Palazzo
Giorno 19 maggio, presso la scuola “Pino Puglisi” di Brancaccio è stato presentato il volume “La mafia spiegata ai turisti”, tradotto in sei lingue, scritto da Augusto Cavadi (pagg. 55 - costo euro 5,90) e pubblicato dalla casa editrice trapanese Di Girolamo. L’incontro è stato organizzato dal giornale Maredolce e dall’Associazione Scuola di Formazione etico-politica “Giovanni Falcone”. Segnaliamo due sorprese positive. La prima riguarda il numero dei partecipanti. Erano presenti più di sessanta persone, un pubblico più che rispettabile, anche per presentazione di libri organizzate in centro città.
Che ciò succeda a Brancaccio, ci si aspetterebbe il deserto in occasione di simili eventi, significa che bisogna andare oltre i luoghi comuni. L’altra notizia, ancora più positiva della prima, è che i partecipanti non sono stati passivi ascoltatori. Abbiamo contato una decina d’interventi. Grazie soprattutto al fatto che si è deciso, modificando la consuetudine di fare intervenire il pubblico alla fine, di dare subito, dopo una breve introduzione di chi scrive, la possibilità ai presenti di interloquire con l’autore. Detto delle note positive, c’è da segnalare che non era presente nessun esponente del consiglio di circoscrizione, anche se a tutti i consiglieri era stato consegnato, così come ci confermano dalla redazione del giornale, personalmente l’invito. Si è pure notata la scarsa presenza dell’associazionismo operante nel territorio e la totale assenza delle tante chiese parrocchiali presenti nella circoscrizione. Queste cose le segnaliamo non per polemica, ma perché riteniamo che quando il territorio ospita un evento di tale spessore, tutte le forze in esso presenti dovrebbero sentirsi interpellate in prima persona. Passiamo al testo. Perché scrivere un libro sulla mafia dedicato ai turisti? Di cosa parla? Perché può interessare anche i siciliani? Vediamo di rispondere brevemente alle tre domande. In genere quando un turista, straniero o proveniente dalle altre regioni italiane, viene nella nostra terra, ha della mafia, e conseguentemente della Sicilia, delle immagini poco chiare. Fatte, nove volte su dieci, di sentito dire. Il libretto intende fornire ai visitatori degli elementi per capire meglio, sia la mafia, sia i siciliani. Come ha strutturato il libro l’autore per cercare di raggiungere tale fine? Qui siamo alla seconda domanda. Cavadi suddivide il suo lavoro in tre sezioni: cosa è la mafia, se c’è sempre stata e se ci sarà per sempre. Su cosa è la mafia, segnala il fatto che essa non spara sempre, quindi i turisti non devono temere di essere coinvolti in sparatorie. Sottolinea, invece, che i mafiosi usano la violenza in maniera mirata, quando serve. E che essi perseguono il potere e l’arricchimento cercando soprattutto il consenso della popolazione. Nella seconda sezione, cioè all’interrogativo se la mafia esiste da sempre, l’autore risponde che essa è un fatto storicamente databile, essendo venuta alla luce con l’unità d’Italia, quindi intorno al 1861. Perciò, se un turista, o più facilmente un siciliano, pensa ancora che la mafia ci sia da sempre, dovrà ricredersi. In questa sezione viene anche affrontato il problema “mafia buona, mafia cattiva”. Una leggenda difficile da eliminare. Non c’è mai stata una mafia buona antica, da contrapporre a una mafia cattiva di oggi o a quella che ha fatto saltare in aria Falcone e Borsellino. No, la mafia è stata, come scrive Cavadi, senza interruzione alcuna, un’organizzazione criminale. Che perseguendo fini di arricchimento illecito e di controllo del territorio, ha ammazzato, quando è stato necessario, nel passato e nel presente, donne, bambini, preti, rappresentanti delle istituzioni. Oltre che gli stessi esponenti delle cosche nelle guerre di mafia. Per quanto riguarda la terza sezione, cioè se la mafia ci sarà per sempre, Cavadi, citando Giovanni Falcone, afferma che è un fenomeno umano. Prima o dopo finirà. Bisogna capire se dobbiamo attendere questa fine senza fare niente o se è il caso di darci da fare. Ovviamente, dobbiamo prendere per buona la seconda ipotesi. Ma in quali campi agire? L’autore, intanto, afferma che dobbiamo cominciare cambiando il nostro modo di pensare e di vivere, cercando di colpire l’economia mafiosa. Poi si sofferma sull’importanza dello studio personale e sul forte peso che ha la politica, ed ecco l’importanza del nostro voto alle elezioni, nel combattere la mafia. Già nelle righe precedenti abbiamo cominciato a rispondere alla terza, e ultima, domanda. Perché un libro del genere può interessare, oltre i turisti, i siciliani? Dovremmo onestamente ammettere che, da siciliani, poche volte ci siamo posti le domande giuste sulla mafia, e anche quando lo abbiamo fatto, non ci sono state le risposte. E quando queste sono venute, non sono state molto differenti da quelle che può darsi un ignaro turista che visita la nostra bellissima isola. Insomma, sull’argomento mafia, ci siamo comportati come dei turisti capitati per caso nel nostro territorio, mentre dovremmo esserne sempre più i protagonisti. Con le armi della democrazia, della conoscenza, della partecipazione e del coraggio. Finiamo con una sorpresa che ha caratterizzato il pomeriggio della presentazione. Un regalo inaspettato, che si lega a quella che è l’intenzione principale di chi ha scritto il libretto. Augusto Cavadi, nel corso del suo intervento, ha rivelato che ha voluto scrivere il libro perché, quando raccontiamo della mafia a chi la conosce poco, possiamo essere in grado di riportare la storia per intero. In Sicilia è nata la mafia, ma è nata anche l’antimafia. E nel libretto sono citati molti personaggi che l’hanno combattuta, con un approfondimento particolare su Peppino Impastato. Inoltre, a dimostrazione che l’antimafia può essere concreta e ben visibile anche oggi, ecco che durante la presentazione del libro abbiamo ascoltato la testimonianza di Nino Miceli. Un imprenditore operante a Gela che, all’inizio degli anni novanta, ha avuto il coraggio di denunciare, fare arrestare e condannare definitivamente coloro che gli chiedevano il pizzo. Adesso lui vive fuori dalla Sicilia, ma è tornato a fare l’imprenditore. Segno tangibile che la mafia si può combattere e si può anche vincere. Come del resto dimostrano i tanti imprenditori siciliani che si sono ribellati al racket e che continuano a svolgere il loro lavoro in Sicilia. A Nino Miceli, il 22 maggio, è stata consegnata la Targa Falcone.
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