“Repubblica - Palermo” 11.3.08
CHI RAPPRESENTA I VALORI CATTOLICI
Sinistra arcobaleno e Lega Nord non sono certo strumenti affidabili per difendere i valori cattolici. A ben vedere, però, né il PD né quella cosa in perpetua mutazione di etichetta che è il settore “affari politici” dell’azienda berlusconiana offrono garanzie assolute: c’è sempre qualche aspetto della dottrina sociale della Chiesa che i laici, presenti in entrambi i partiti, non riescono - con la migliore volontà - a digerire. In questo scenario, dunque, c’è posto per “un braccio armato” (come lo definisce polemicamente Elio Rindone) che si faccia rappresentante semi-ufficiale delle gerarchie ecclesiastiche all’interno delle istituzioni statali. Benedetto XVI, che certamente non pecca nelle sue esternazioni per eccesso di sottigliezza diplomatica, lo ha spiegato - per così dire papale papale - il 21 settembre 2007, nel corso dell’udienza ai partecipanti all’incontro promosso dall’Internazionale Democratica di Centro e Democratico-Cristiana (IDC), presieduta dall’On. Pier Ferdinando Casini. In quella occasione il pontefice romano ha chiesto, pubblicamente, ai presenti di adoperarsi “a far sì che non si diffondano, né si rafforzino ideologie che possono oscurare o confondere le coscienze e veicolare una illusoria visione della verità e del bene”.
A pochi mesi da quella raccomandazione - se non vogliamo intenderla come una investitura - non pochi sono gli interrogativi che frullano nel cervello sia dei laici non-cattolici sia di quei laici cattolici per i quali l’aggettivazione confessionale non cancella né attenua il sostantivo.
Su alcuni di questi interrogativi - che riguardano il dibattito pubblico in Europa e che ritornano sulla stampa nazionale e internazionale - non è il caso di soffermarsi in questa sede. Basti osservare, ad esempio con lo stesso Rindone, che si tratta di “parole davvero inquietanti” perché non solo ribadiscono che “nell’ottica vaticana non ci siano concezioni filosofiche, religiose, morali differenti, che possono reciprocamente arricchirsi in un cordiale confronto o che possono almeno convivere all’interno di una società pluralistica”, ma spostano i paletti ancora più avanti (o indietro): esprimono infatti “la pretesa che non siano messe in circolazione idee erronee, cioè non gradite al Vaticano”. E poiché si rivolge non a studiosi che possano combattere con le armi della logica, della parola e della scrittura, ma proprio a politici, è legittimo dedurne che il papa si riferisca alle armi del potere: “togliere i finanziamenti ad istituzioni culturali e dirottarli verso altre, oscurare siti internet, rafforzare la censura televisiva, intimidire i giornalisti, privare della cattedra professori non allineati e controllare i libri di testo…”.
Altre considerazioni, però, sono suggerite dall’angolo di osservazione della nostra isola. Chi sono, nelle liste dell’UDC, i candidati più in vista e dunque destinati - con l’attuale meccanismo che inviterei a non chiamare porcellum per rispetto dei nostri innocenti fratellini minori - a sicura elezione negli scranni parlamentari? A chi il papa sta affidando, di fatto, la difesa dei principi evangelici di fraternità, di giustizia, di nonviolenza, di solidarietà cooperativa?
Un discorso sulle liste UDC per Camera dei deputati, Senato della Repubblica e Assemblea regionale siciliana sarebbe troppo lungo se analitico, ingiusto verso alcuni candidati se sommario. Ma come tacere sulla scelta di Salvatore Cuffaro a capolista della lista per il Senato? Come non chiedersi che razza di normativa è attualmente in vigore in Italia se un cittadino, condannato per favoreggiamento di mafiosi a cinque anni di reclusione e all’interdizione dai pubblici uffici, può legittimamente rappresentare l’intero popolo italiano? La funzione di senatore non è un ufficio pubblico ma una manovalanza privata? Come non chiedersi - al di là delle condanne penali e delle carenze della legislazione vigente - se è moralmente accettabile riconoscere il ruolo di paladino dei valori cristiani a un cittadino che (per fama pubblica e adesso anche per risultanze emerse durante il dibattimento processuale) è da anni al centro di una fitta rete di relazioni pericolose fra imprenditori corruttori, amministratori corrotti, mafiosi di denominazione di origine controllata e professionisti variegatamente collusi ? Come spiegare il silenzio tombale dei vescovi siciliani e dei fedeli davanti allo scandalo di un confratello così poco esemplare e che, tuttavia, non ha perso e non perde occasione per fare della sua appartenenza ecclesiale una bandiera propagandistica ? E’ anche a personaggi come lui che le gerarchie ecclesiastiche, fidandosi di volti da eterno boy-scout alla Casini, stanno di fatto consegnando (a meno che non ci spiazzino con una clamorosa presa di distanza) la missione di combattere una crociata contro i nemici del vangelo: cioè, per intenderci, contro persone come Rita Borsellino o Beppe Lumia che non sono certo accusabili di proclamata mancanza di fede in Dio, di speranza nel futuro e di amore per il prossimo. A differenza di questi, Casini e i suoi sodali (siciliani o comunque paracadutati in Sicilia in occasione delle elezioni politiche), invece, rassicurano dall’alto dei megamanifesti elettorali che continueranno a difendere le famiglie. C’è da credergli: sinora con molte di Cosa nostra l’intesa è stata perfetta.
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