“Repubblica - Palermo”
23. 1.08
Veglie in chiesa.
Il disagio cattolico
Come spesso all’inizio della messa, anche domenica don Cosimo Scordato ha chiesto ai fedeli della chiesa di san Francesco Saverio all’Albergheria quali avvenimenti della settimana appena conclusasi li avessero colpiti, in bene o in male. Dunque con quali gioie e con quali angustie si riunissero a fare memoria attualizzante della cena del Nazareno. Tra le varie risposte - che in realtà erano formulate come controdomande: perché questo papa, che dovrebbe essere fautore di riconciliazione, è riuscito ancora una volta a spaccare il mondo dei suoi interlocutori, in questo caso il mondo dei docenti e degli studenti della “Sapienza” di Roma ? E perché un Ministro della giustizia si scaglia contro una parte di quella magistratura che dovrebbe proteggere dagli attacchi dei delinquenti e dei fuorilegge? - le più insistenti riguardavano la cronaca siciliana. Più di uno dei presenti si è dichiarato turbato all’idea che, pochi giorni prima, altri cattolici praticanti si fossero potuti riunire in preghiera, in altre chiese, in attesa della sentenza giudiziaria sul presidente della Regione in carica.
“Suppongo - ha risposto il celebrante che è anche docente della Facoltà teologica di Sicilia - che la richiesta a Dio non fosse di un’assoluzione ‘a prescindere’: anche perché, in questo caso, non si potrebbe dire che il Padre eterno sia stato abbastanza disponibile all’ascolto. Probabilmente, secondo lo spirito autentico del Vangelo - che è parola di verità e di giustizia - quei nostri fratelli nella fede avranno pregato perché i magistrati, illuminati dallo Spirito divino, potessero esprimere un giudizio quanto più vicino possibile alla legalità democratica e all’equità. Comunque, quale che possa essere stata l’intenzione di altri, proporrei di chiarirci insieme le possibili motivazioni di questa nostra assemblea eucaristica odierna.
Per quanto mi riguarda - ma ciascuno e ciascuna di voi saprà aggiungere altre intenzioni - riterrei urgente pregare innanzitutto perché l’Onnipotente assista le nostre guide ecclesiali e civili. Le nostre guide ecclesiali affinché svolgano con fermezza la loro missione, ma evitando di identificare la propria causa con la causa del Regno di Dio: evitando di dimenticare che non è la storia dell’umanità in funzione della gloria della Chiesa, piuttosto la Chiesa a servizio della fraternità e della libertà degli uomini. Le nostre guide civili, i nostri politici nazionali e locali: perché, in ogni caso e in particolare nel caso che si dicano cristiani, non nominino il nome di Dio invano; perché evitino - dovendo scegliere fra la famiglia e il potere - di optare per il potere della famiglia; perché sappiano subordinare in ogni momento gli interessi privati al bene pubblico.
Ma sarebbe troppo facile pregare per la conversione degli altri senza auspicare la propria e senza impegnarsi di conseguenza. Infatti non ci sarà nessun miglioramento nei comportamenti del ceto dirigente se noi, come comunità, non chiederemo perdono per le nostre responsabilità. Se non rivedremo radicalmente la nostra tendenza a disinteressarci di ciò che avviene nella comunità ecclesiale, nella società e nelle istituzioni; a mantenerci in una sorta di aurea neutralità, senza renderci conto che non prendere posizione è già una presa di posizione; a non firmare deleghe in bianco senza prenderci la briga, faticosa, di chiedere conto periodicamente ai nostri rappresentanti del loro operato. Solo se ognuno di noi sarà disposto ad investire un po’ di tempo e di energie nel seguire le vicende della cosa pubblica, in modo da farsi dei criteri di giudizio fallibili ma fondati e da poter far sentire conseguentemente la voce individuale e collettiva da parte della base, potremo sperare in uno spiraglio di luce. Che il Signore ci liberi dal peccato, ma anche dalle strutture di peccato che ci immergono un po’ tutti in un pantano di compromessi: in quelle zone grigie che rendono la vita di noi tutti, ma soprattutto dei più deboli, appesantita da sofferenze inutili”.
Anche questa domenica si riconoscevano tra i presenti alla strana omelia diverse persone che non si dichiarano credenti, ma che seguono questi momenti di vita comunitaria nella convinzione che - al di là di ogni peloso confessionalismo - siano occasioni di partecipazione anche etica e civile, di sprono a non scoraggiarsi davanti alla marea montante della sfacciataggine di chi chiama bene l’illecito e stupida l’onestà. Non pare che se ne tornino a casa delusi.
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