“Repubblica - Palermo” 26.9.07
Augusto Cavadi
CONFESSIONI DI UN CANDIDATO DEL PD SICILIANO
Ad occupare i 180 posti riservati a siciliani nell’assise costituente del Partito Democratico concorreranno circa mille e cinquecento cittadini. Per quali ragioni candidarsi ad un organismo destinato a breve durata ed il cui compito precipuo sarà di eleggere in seduta plenaria il segretario nazionale? Ognuno avrà certamente le proprie motivazioni. Da parte mia potrei essere molto conciso: come Roberto Alajmo (edizione di sabato 22) ho capito poco di ciò che sta avvenendo nella gestazione del nuovo Partito Democratico, ma quel poco che ho capito non mi è piaciuto per nulla. Mi spiego un po’ meglio.
Alcuni amici mi hanno informato del fatto che un cittadino ‘comune’ (poniamo il giornalista e senatore Furio Colombo) può essere eletto segretario generale solo se riesce a presentare in tutti i collegi della Penisola almeno una lista con due candidati: il che non è impresa da nulla. Ma, per evitare che qualcuno ci riuscisse, si è imposta una seconda condizione: che ogni lista con almeno due candidati fosse sostenuta dalle firme di almeno 100 cittadini per ciascun collegio. Impresa, quest’ultima, non del tutto agevole neppure per un ministro in carica. Risultato: mentre i vecchi partiti tagliavano fuori chi non avesse tessera in tasca, il nuovo partito - per rimarcare la differenza e far vedere che è un partito nuovo - prova a tagliare fuori dalla corsa alla segreteria nazionale anche i candidati con tessera di partito ma senza la benedizione dei vertici supremi. In alcuni casi (Bersani) ci è riuscito, in altri casi (Letta, Bindi) ci ha tentato. Per consentire anche ai due concorrenti ‘ribelli’ di garantire un minimo di pluralismo - evitando che gli elettori si trovino improvvisamente in regime fascista o in regime sovietico con un solo vicolo davanti - alcuni abbiamo ritenuto opportuno mettere a disposizione sia le nostre firme che, là dove risultava necessaria, la nostra candidatura. Poi, magari, vincerà lo stesso il ticket Veltroni-Franceschini concordato, con coraggiosa apertura al soffio rinnovatore della democrazia partecipativa, nel corso di una cenetta fra Fassino e Rutelli: ma, almeno, non sarà una corsa con un solo cocchio a due cavalli.
Qualcosa del genere sta avvenendo a livello siciliano. Qui i candidati alla segreteria regionale, in alternativa formale, sono due (Genovese e Messana): ma, per uno strano scherzo della geografia politica, entrambi della “Margherita”. E gli elettori dell’area socialista o laico-liberale o verde? Pazienza. Per la verità una candidatura davvero alternativa si era delineata e aveva raccolto, in pubblico e in privato, numerosi incoraggiamenti. Ma Beppe Lumia, molto eloquente nello spiegare perché avesse deciso di candidarsi rompendo i diktat romani, lo è stato molto meno a proposito della decisione di fare improvvisamente marcia indietro. Con la spiacevole conseguenza di affidare alla fantasia dell’elettore la ricerca di motivazioni tangibilmente convincenti.
Roberto Alajmo ha confessato perché, spaesato e confuso, molto probabilmente salterà un giro e non andrà a votare il 14 ottobre. E siccome gli alunni spiazzati e impreparati - come lui - saranno molti, purtroppo quella domenica difficilmente sarà la festa che avrebbe potuto essere. Ma questa volta non c’è dubbio: i somari non hanno colpe, a spiegarsi da muli sono stati i professori della politica.
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