“Repubblica – Palermo” 11.9.07
Augusto Cavadi
ESAME AI RAGGI “X” PER LE FERITE DI GELA
Chiunque transiti per la piana di Gela ne rimane impregnato sin nelle narici: l’acre odore dei pozzi petroliferi - inquietanti guglie di cattedrali impastate di promesse e di minacce - si imprime nella memoria, insieme alle immagini spettrali di palazzoni tra i più brutti d’Europa. Ma la città siciliana è solo “questo estremo disumano, questo feto osceno del potere e del progresso” che ha sconvolto Consolo?
Elena Ciccarello e Marco Nebiolo si sono avventurati sulla traccia di illustri cronisti come Giorgio Bocca e Diego Novelli e hanno condotto una vasta indagine sul campo. Il libro (Gela, i cittadini, le leggi, le istituzioni), maneggevole, va letto per intero, ma qualche nodo essenziale può essere anticipato.
L’antica città greca è ferita; le ferite sono aggravate da esperimenti terapeutici rivelatisi peggiori dei mali; ma non tutto è perduto. E’ vero, infatti, che “l’immagine di Gela, cristallizzatasi negli ultimi trent’anni, è quella di una città devastata da un potere criminale rispetto al quale quello politico ed economico appaiono impotenti o collusi”; ma è altrettanto vero che “oggi, al di là del giudizio politico da ciascuno legittimamente formulabile sull’attività amministrativa di Rosario Crocetta, si deve riconoscere che in virtù del suo forte presenzialismo sui media, l’immagine di Gela è quella di una città dinamica, dialettica, non rassegnata al decadimento”. Insomma: “la partita tra forze sane e settori economico-sociali infetti, tra progresso e conservazione, per quanto difficile, è ancora aperta”.
La lettura suggerisce, ovviamente, considerazioni ulteriori. Prima fra tutte: la “partita” potrà essere vinta se non ci si lascia intrappolare dalla logica, tante volte deludente, della delega all’Eroe, ma si attivano processi sociali condivisi e sinergici. I due reporter hanno incontrato magistrati, amministratori, burocrati, dirigenti delle forze dell’ordine, insegnanti, preti, commercianti antiracket: in ciascuno di questi settori non mancano esponenti motivati e attivi, ma tra questi settori ci sono stabili legami strategici? Che l’attuale sindaco tenti di fare da battistrada è, certamente, positivo: ma quali realistiche previsioni si possono fare se - alla criminalità organizzata - non si oppone una legalità organizzata almeno altrettanto coordinata? Qui tocchiamo uno dei limiti più gravi del movimento antimafia non solo gelese. La differente dislocazione dei ruoli (legittima, anzi necessaria) non appare compensata da un’ottica unitaria: come se l’azione preventiva di alcune agenzie educative, l’azione repressiva degli organi statali preposti e l’azione propositiva di altre aggregazioni sociali potessero esercitarsi con efficacia anche in tempi successivi, quasi non si trattasse delle facce di uno stesso poliedro. La mafia è infatti possibile all’interno di un orizzonte, più ampio e radicale, di disprezzo delle regole democratiche; ma, a sua volta, questo disprezzo delle regole è fondato su una cultura che esaspera la dimensione individualistica, privatistica, lucrativa e consumistica dell’esperienza antropologica a danno degli aspetti (almeno altrettanto decisivi) della partecipazione sociale, della condivisione solidale, del servizio gratuito o equamente retribuito e della fruizione contemplativa. Ci sono guerre che o si vincono su più fronti contemporaneamente o si perdono.
FINESTRA:
Gela, i cittadini, le leggi, le istituzioni (Edizioni Gruppo Abele, Torino 2007, 128 pagine, 10 euro) è stato scritto dalla siciliana Elena Ciccarello (redattrice del mensile “Narcomafie”, di cui cura la sezione antimafia civile) e dal piemontese Marco Nebiolo (che, nello stesso mensile, si occupa delle mafie italiane e, nel 2006, ha curato, con Livio Pepino, la pubblicazione del volume Mafia e potere) . Il volume è nato da un progetto del Gruppo Abele, ha comportato settimane di permanenza nella città della provincia di Caltanissetta ed è stato realizzato con il patrocinio del Comune di Gela.
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