“Repubblica - Palermo” 21.8.07
DIALOGO TEOLOGICO CON LAICITA’
Augusto Cavadi
Quando, dopo il 1861, si andò strutturando il sistema universitario, allo Stato italiano sembrò astuta laicità escludere la teologia dagli insegnamenti finanziati con i soldi pubblici . La Chiesa cattolica, ritenendosi non meno furba dei politici liberali, accettò di buon grado questa esclusione: avrebbe conservato per sé il monopolio delle cattedre di teologia. A non pochi gli effetti storici di questo patto sono sembrati disastrosi. In Italia, a differenza che in Olanda o in Germania, la cultura teologica cattolica, contratta e ritirata nelle anguste mura ecclesiastiche, si è mantenuta (con qualche rara eccezione) sterilmente ortodossa: fedele ad ogni minimo cenno del papa, ma incapace di tradurre il messaggio del vangelo per le orecchie delle donne e degli uomini della Modernità. Né l’assenza della riflessione teologica dagli atenei statali ha giovato alle scienze naturali e soprattutto umane: negli Stati in cui i teologi sono presenti istituzionalmente costituiscono una riserva critica e un supplemento di saggezza rispetto agli interrogativi cruciali dell’umanità.
A quanti - negli anni Settanta del secolo appena passato - decisero di aprire, con l’incoraggiamento del cardinal Pappalardo, la Facoltà teologica di Sicilia, la miseria di questo divorzio appariva evidente. Per questo, sin dai primi passi, l’istituzione cattolica palermitana aprì ogni possibile canale di comunicazione con le istituzioni universitarie statali e riuscì a tessere sinergie concretizzatesi in scambi di docenti e in convegni interdisciplinari.
Come è facile immaginare, non si tratta ancora di una situazione ideale. Si può tuttora arrivare a diventare magistrato o sociologo o docente di storia in totale ignoranza della teologia cristiana, anzi di tutte le tradizioni religiose del pianeta (e questa è la deprivazione del mondo laico), così come gli studiosi di teologia critici nei confronti del magistero romano vengono esclusi dai circuiti istituzionali ecclesiastici (e questa è la deprivazione del mondo cattolico).
Eppur qualche cosa si muove. Grazie ad accademici illuminati che invitano teologi per seminari e grazie a docenti di teologia che invitano colleghi ‘laici’ a svolgere cicli di lezioni ai propri alunni. Uno dei pionieri siciliani del dialogo fra appartenenza ecclesiale e circuiti culturali esterni al recinto confessionale è senz’altro il bagherese don Cosimo Scordato. Noto per il suo impegno pastorale nei confronti dei ‘lontani’ da templi e sacrestie, ancora più noto la sua attività sociale nel quartiere Albergheria dove dal 1986 porta avanti con fatica - insieme a collaboratori di vario orientamento - un centro sociale autogestito, offre in questi giorni l’occasione per approfondire la conoscenza di un’altra dimensione della sua poliedrica personalità: la pubblicazione, in tre robusti volumi (Teologia sacramentaria, vol. I, II, III, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2007), della summa (per quanto provvisoria) di quarant’anni di riflessione teologica sull’origine storica e soprattutto sul significato antropologico dei sette sacramenti cattolici.
Non si tratta - è bene dirlo con chiarezza - di tre volumi da leggere in spiaggia sotto l’ombrellone (i destinatari principali sono gli alunni dei suoi corsi in Facoltà); ma ciò non esclude che un lettore, dotato di media cultura e di sincera motivazione, non possa provare ad affrontarli. Qualcuno troverà conferme alla propria pratica liturgica; altri, al contrario, capiranno meglio le ragioni delle proprie perplessità teoriche e resistenze pratiche; altri ancora intravedranno in quali modi - radicalmente rinnovati rispetto alla dottrina recepita a suo tempo al catechismo parrocchiale - si potrebbe concepire e vivere la ritualità sacramentaria.
Quando l’autore approfondisce questioni per nulla superate (perché battezzare i neonati a differenza di quanto praticato dai primi cristiani e da molte chiese cristiane non cattoliche attuali? Perché non ammettere, sempre a differenza di tutte le altre chiese cristiane non cattoliche, il divorzio fra coniugi? In che modo intendere la presenza di Gesù Cristo nel pane e nel vino eucaristici? ), non sempre riesce convincente. In ogni caso però affronta con onestà intellettuale tutti gli aspetti di ogni questione, riporta in maniera rispettosa le ragioni di chi non si riconosce nella teologia ufficiale cattolica e, soprattutto, mostra estrema attenzione al radicamento nel territorio. Il peso specificamente scientifico dei tre volumi sarà valutato dai competenti della disciplina, ma difficilmente ne potrà essere negato un pregio : sono libri incarnati nel qui e nell’ora, segnati da un grande amore per la nostra città, per le sue piaghe sociali, per le sue risorse celate. Attestano che a Palermo, insieme a tante cose belle e meno belle, si può fare anche teologia.
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