venerdì 1 giugno 2007

UN PRESIDE SCRIVE


“Repubblica - Palermo” 1.6.07
Augusto Cavadi

DAL MONDO DELLA SCUOLA UNA LEZIONE DI LEGALITA’

Fare il preside di una scuola non è stato mai un mestiere facile. Dal ‘68 in poi è diventato ancora più difficile. Troppe le istanze, anche contrapposte, da conciliare: richieste degli alunni, pressioni delle famiglie, contrasti fra i docenti, scarsa motivazione al lavoro del personale amministrativo ed ausiliario, assedio da parte di operatori esterni ed amministratori pubblici alla ricerca di occasioni di lavoro o, almeno, di un’audience davanti a cui esibirsi. Per reagire alla complessità della sfida, numerosi dirigenti scolastici hanno preferito instaurare un regime autarchico e riservarsi il monopolio delle decisioni in nome della semplificazione delle procedure; altri, meno numerosi, si sono rintanati nella propria stanza lasciando che gli interessi in gioco trovassero di giorno in giorno un qualche equilibrio, per quanto precario. Nel primo come nel secondo caso, poi, un tratto comune: la rinunzia ad una vita intellettuale, con conseguente abdicazione ad esercitare una qualche funzione di stimolo culturale e di promozione della mission specifica di una comunità di ricerca e di studio.

E’ dunque con piacevole sorpresa che, ogni tanto, un capo d’istituto si ricordi di non essere solo un manager (più o meno dispotico, più o meno efficiente) e provi a coinvolgere insegnanti e alunni in una riflessione critica. Un segnale del genere ci arriva in questi giorni dal Liceo scientifico “Cannizzaro” il cui preside, Aldo Zanca, ha curato in un volume la raccolta di materiali utilizzati per un progetto di formazione realizzato nel corso dell’anno scolastico 2006 - 07 (Diritti umani, guerra e pace, Kalòs, Palermo 2007).
Impossibile, in poche righe, sintetizzare il percorso storico rivisitato (dai Libri delle tre religioni monoteistiche mediterranee e da L’arte della guerra del cinese Sun Tzu, passando per Platone e Aristotele, Machiavelli e Grozio, sino a Sigmund Freud ed Hannah Arendt), ma almeno una notazione merita d’essere evidenziata. Il filo conduttore del libro è di valenza planetaria, ma ciò non significa che passa sopra le aree nazionali e regionali senza intaccarne le problematiche specifiche. Un primo esempio riguarda l’attuale papa Benedetto XVI di cui viene riportato il brano di un documento da lui firmato in quanto Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede e rivolto ai vescovi americani nel corso della campagna elettorale del 2004, conclusasi con la rielezione di Bush : ” Se un cattolico fosse in disaccordo col Santo Padre sull’applicazione della pena capitale o sulla decisione di fare una guerra, egli non sarebbe da considerare per questa ragione indegno di presentarsi a ricevere la santa comunione”, mentre “non ci può essere alcuna legittima diversità di opinione fra i cattolici riguardo all’aborto e all’eutanasia”. Insomma, il valore della vita non è univoco: la vita di un embrione gravemente malformato o di un malato terminale che chieda di essere aiutato a morire costituisce un dato sottratto ad ogni eccezione, differentemente dalla vita dei militari e dei civili massacrati in operazioni belliche. Un secondo esempio tocca il Meridione italiano, e la Sicilia. Di quel giovane sociologo di idee liberali, Leopoldo Franchetti, che nel 1876 pubblicò le celebri pagine sulle Condizioni politiche ed amministrative della Sicilia, vengono riportate alcune righe di attualità purtroppo intatta: “La mancanza del concetto di una legge e di un’autorità che rappresenti e procuri il vantaggio comune, astrazion fatta per gli individui, si manifesta nelle relazioni di ogni genere fra Siciliani. Essi non si considerano come un unico corpo sociale sottoposto uniformemente a legge comune, uguale per tutti e inflessibile, ma come tanti gruppi di persone formati e mantenuti da legami personali”. Zanca sa bene che il “concetto di legalità senza aggettivi è troppo povero ed anche pericoloso” perché “tutti i regimi, anche i più oppressivi, hanno avuto ed hanno una loro legalità“: ciò significa che dalle nostre parti si debba andare, per riprendere il titolo di una fortunata pubblicazione di Umberto Santino, Oltre la legalità, misurandone i limiti e riempiendola via via di contenuti democratici. Non certo evitarla con comode scorciatoie: nessuno ha mai superato una tappa senza averla, prima, raggiunto.

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