Repubblica - Palermo 15.6.2007
Augusto Cavadi
GLI EFFETTI COLLATERALI DELLA VISITA UFFICIALE
Gli ultimi duecento metri della strada che, dalla piazza dell’Acquasanta, porta all’ingresso di Villa Igea sono tutta una curva e quando due autobus s’incrociano in quel tratto fanno fatica a dividersi il ristrettissimo spazio a disposizione. E’ ovvio, dunque, che viga un divieto di sosta per le auto. Ed è altrettanto ovvio che il divieto non venga rispettato: per una sorta di patto tacito con le (poche) auto di polizia - urbana o stradale - di passaggio, i numerosi trasgressori non sono mai multati. Da qui la decisione - che conferma paradossalmente la situazione di abituale infrazione - di aggiungere in questi giorni dei cartelli supplementari di divieto di sosta (e relativa minaccia di rimozione forzata). Il motivo? Sarebbe sgradevole, per il presidente della Repubblica, assistere ad uno spettacolo del genere. L’idea è inoppugnabile, ma solleva altri interrogativi: per gli altri turisti ‘normali’ (non parlo dei palermitani che, presumibilmente, ci abbiamo fatto il callo) sarebbe invece gradevole? O non ricevono, sin dai primi passi, la spiacevole conferma di essere ospitati in una città dove chiunque può fregarsene impunemente delle regole più elementari?
Questa tolleranza incomprensibile (a chi giova in ultima analisi?) provoca, in alcuni casi, effetti addirittura rischiosi. Due esempi, quasi a caso. Gli autobus urbani raramente spengono i motori quando sono in sosta. Può anche capitare - come mi è capitato in questi giorni - di osservare che un pullman azzurro dell’Amat (destinato, credo, al giro turistico di Palermo) sia fermo davanti l’ingresso della Cattedrale, in via Matteo Bonello, senza autista e con i motori accesi (forse per non interrompere il condizionamento interno dell’aria): con effetti per i polmoni dei passanti, indigeni o stranieri, facilmente immaginabili. Se poi l’ignaro visitatore osa persino guidare un’automobile, ad essere a repentaglio è proprio la sua stessa vita. Egli infatti si illude ingenuamente che, se ritorna a Villa Igea per la strada più diretta - e decide dunque di attraversare piazza Giachery provenendo dalla via Duca della Verdura per raggiungere via dei Cantieri o via Montepellegrino - , all’altezza dell’incrocio con gli spazi delle pompe di benzina gli spetti due volte la precedenza: sia perché proviene da destra sia perché uno stop dovrebbe bloccare le auto che marciano in senso opposto. Ma, almeno negli ultimi trent’anni, non ho mai visto né un’auto rispettare il diritto di precedenza di chi sale né un agente elevare una multa. Quando c’è traccia di Forze dell’ordine vuol dire che qualche sprovveduto turista è stato già tamponato e spedito al pronto soccorso.
So che quando si osserva che il turismo - naturalistico o artistico - è il vero petrolio siciliano ci si sente obiettare dagli intellettuali più raffinati che non dobbiamo condannarci da soli ad essere un popolo di camerieri e di hostess. Ma se non fossero già due mestieri più che dignitosi, si potrebbe rispondere che forse non è proprio preferibile essere, nell’immediato, un popolo di malformati genetici e di ammalati di cancro (secondo quanto attestano le statistiche riguardanti la condizione sanitaria delle popolazioni che vivono nell’area di Milazzo, di Augusta e di Gela) e, in prospettiva, un popolo di cassaintegrati e di inoccupati. Difendere l’ambiente atmosferico dall’inquinamento chimico e l’ambiente antropologico dall’inquinamento morale significherebbe, in un sol colpo, arricchirsi economicamente, arricchirsi culturalmente (una politica intelligente di ospitalità degli stranieri comporta approfondimento delle proprie radici e allargamento dei propri orizzonti) e gettare le precondizioni per potersi godere in salute e serenità sia i soldi che la cultura. Se le autorità preposte al rispetto del codice stradale se ne dovessero convincere davvero, e ricordarsene anche quando Napolitano sarà tornato a Roma, la visita del presidente della Repubblica sarebbe meritoria anche per effetti collaterali desiderabili.
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