Centonove 30.3.07
Augusto Cavadi
DOVE SBAGLIA FAVA. E CUFFARO
I rapporti fra i politici e i giornalisti non sono pacifici in nessuna parte della terra, tranne dove una dittatura solida riesca ad imporre un controllo preventivo assoluto sulle redazioni. Ma in Sicilia sono, tradizionalmente, ancor meno pacifici che altrove.
La cronaca di questi giorni registra due casi specularmente esemplari: a Palermo il presidente Cuffaro si rifiuta di parlare con il giornalista del TG 3 Rino Cascio, a Catania l’eurodeputato Claudio Fava denunzia il boicottaggio dell’editore del quotidiano “La Sicilia” che si rifiuta di parlare di lui. Due episodi che non vanno certo enfatizzati, ma neppure lasciati scivolare al rango di baruffe provinciali: al di là di sé stessi, rimandano alla questione del livello medio preoccupante del rapporto fra il potere politico ed il “quarto” potere.
Sulla base delle poche notizie apparse sulla cronaca, ciò che preoccupa non è tanto il fatto che siano scoccate delle scintille: non si può pretendere che la dialettica fra chi governa (più o meno direttamente) e chi è pagato per controllare i governanti (in nome e in forza dell’opinione pubblica) scorra esente da momenti in cui la conflittualità esorbita dai binari fisiologici per farsi patologica. Ciò che allarma - o che dovrebbe allarmare - è invece la mentalità, la cultura, la prospettiva che sembra manifestarsi in queste occasioni. Fava, ad esempio, sostiene che il black-out, intenzionale e sistematico, nei confronti delle sue iniziative lo danneggia - politicamente ed economicamente - perché in questo modo la sua immagine, agli occhi degli elettori, tende a sfocarsi e rischia di svanire. Forse mi sbaglio, ma questa non mi pare una valida argomentazione per convincere un quotidiano ad occuparsi di un politico. Se fosse valida, chiunque investe dei soldi per promuovere iniziative e per farle conoscere ad una platea sempre più ampia - fosse un produttore di vini o un pittore - potrebbe querelare per danni i responsabili della comunicazione sociale che non se ne facessero amplificatori. Fava dovrebbe esattamente capovolgere l’impostazione della sua protesta: lamentarsi del fatto che non lui, ma i lettori vengono privati del diritto di conoscere che cosa fa - e che cosa non fa - uno dei loro rappresentanti al parlamento europeo. Chi scrive un giornale non ha alcun debito nei confronti dei politici, dei produttori di vino e degli artisti: ne ha invece uno, immenso, nei confronti di chi compra quel giornale e che si aspetta di ricevere informazioni, quanto più veritiere e complete, sull’operato dei personaggi pubblici.
Ancor meno convincente mi è risuonata la motivazione con cui il presidente della giunta regionale ha spiegato (non soltanto a caldo, ma anche in una seconda replica) le ragioni del suo rifiuto a lasciarsi intervistare da Cascio: “è un giornalista politicamente schierato”. La frase può essere intesa in due sensi: ed in entrambi risulta sballata.
Con “politicamente schierato” Cuffaro intende “sponsorizzato da un partito politico”? Se sì, ci si stupirebbe del suo stupore: conosce forse più di due o tre casi di giornalisti RAI che non sono stati assunti per meriti ‘partitici’? Tranne rarissime eccezioni (che, come si sa, confermano la regola) quanti di loro sono entrati in RAI per esclusivi meriti professionali, selezionati con un concorso pubblico autentico?
Ma Cuffaro, che ben conosce i meccanismi delle aziende pubbliche (anche perché egli stesso potente sponsor di giornalisti, non per questo necessariamente incompetenti), forse intende con “politicamente schierato” qualcosa come “ideologicamente connotato”. Se fosse fondata questa seconda ipotesi interpretativa, scatterebbe spontanea una domanda: il governatore intende auspicare di interloquire solo con giornalisti politicamente neutrali? Non credo: è troppo esperto delle pieghe segrete dell’animo umano per misconoscere che ognuno di noi, più o meno apertamente, ha le proprie preferenze ideologiche. Ogni cittadino, ogni professionista, ogni intellettuale che sceglie per mestiere di servire i concittadini. A meno di non essere un coerente ed eroico qualunquista. Ma un magistrato o un docente universitario qualunquisti sono esposti al rischio di opportunismo tattico molto più di un loro collega che, proprio perché “politicamente schierato”, moltiplica per dieci lo sforzo di essere obiettivo ed equanime nel redigere una sentenza o nel preparare un corso di lezioni accademiche.
Ben altre ragioni avrebbe avuto Cuffaro a sostenere (qualora fosse stato il caso) di rifiutare l’intervista ad un giornalista professionalmente incapace o deontologicamente scorretto. Perché se un operatore dell’informazione storpia, abitualmente e premeditatamente, le mie dichiarazioni o inventa falsità o commenta con offese gratuite il mio operato, sta danneggiando - più ancora che la mia onorabilità - il diritto dei suoi lettori alla (sempre imperfetta, parziale) verità. Dunque posso esercitare il diritto di sottrarmi al confronto dialettico con lui. Se - per quanto mi risulta - non è questo il caso di Rino Cascio, in realtà il presidente auspica qualcos’altro: di essere intervistato da giornalisti politicamente schierati, ma solo dalla sua parte. Si rende conto che questo sarebbe un danno per la comunità e - a lungo andare - persino per la sua stessa immagine? Nessuno, nella storia, si è mai reso più ridicolo di chi abbia potuto esercitare il potere senza trovare un limite nella critica, argomentata e documentata, di altri. Che potrebbero essere schierati con un partito avverso o forse - addirittura - solo dalla parte di quei cittadini, di qualsiasi appartenenza elettorale, desiderosi di capire, giudicare e comportarsi di conseguenza.