CENTONOVE 16.2.07
CON ORLANDO, NONOSTANTE MOLTO
Il risultato delle primarie ha incoronato Orlando candidato a sindaco per il centro-sinistra con un vantaggio numerico superiore ad ogni aspettativa. Secondo le regole del gioco, adesso tutti quelli che contavano su un nome nuovo - o, per lo meno, diverso - devono mettere da parte riserve (e, in qualche caso, risentimenti) e impegnarsi, in squadra compatta, nell’improba fatica di rimandare Cammarata ed il suo schieramento elettorale all’opposizione. E’ quanto Siragusa e Catania, per primi, hanno raccomandato - appena appresi i risultati - al popolo delle primarie.Se le regole sono, in astratto, chiare e condivise, non si può negare la difficoltà pratica - intendo: psicologica ed etica - di rispettarle nel concreto di questa situazione. E ciò per una serie di ragioni.La prima - e più decisiva - è che in molti è radicata la convinzione, non certo infondata, che, in caso di sconfitta, Orlando non avrebbe rispettato i patti. Come nel caso della campagna per le precedenti elezioni comunali, si sarebbe aristocraticamente allontanato dalla mischia e avrebbe lasciato Siragusa o Catania a sbrigarsela da soli (o, al più, con i fedelissimi che li hanno accompagnati nel corso di questi mesi). Nessuno ha la sfera di cristallo (soprattutto se non si tratta di anticipare il futuro ma, addirittura, di indovinare il futuribile: “ciò che sarebbe accaduto se”).
Comunque sia, la logica del male minore impone ai non-orlandiani progressisti di comportarsi correttamente: di fare, con Orlando, ciò che Orlando non avrebbe fatto (probabilmente) con nessuno. So che una simile conclusione operativa è esposta ad altre obiezioni. Per esempio che il voto a ‘questo’ Orlando - all’Orlando più trasversale e più antipartito che mai - sarebbe difficilmente differenziabile da un voto a favore di Cammarata o di qualsiasi altro candidato di centro-destra. E, ancora, che il voto di cittadini in grado di esprimere idee e valori (e non soltanto, o prima di tutto, interessi privati e corporativi) andrebbe a supportare un personaggio senz’altro onesto (dal punto di vista della morale individuale) ma incapace (dal punto di vista del metodo politico) di valorizzare gli alleati, di coinvolgere i cittadini più liberi, di entrare in dialettica con le intelligenze critiche. Sono obiezioni più che giustificate dalla storia della città: quante volte Orlando ha preferito circondarsi da ominicchi , il cui merito maggiore era di essere troppo stupidi per fare ombra al Lider Maximo? Quaquaraqua talmente assetati di potere da trasmigrare in altre aree politiche pur di tentare - ovviamente invano - di restare a galla? E sono obiezioni a cui solo l’interessato può iniziare a dare risposte convincenti perché effettive. Per esempio presentando prima delle elezioni amministrative la sua squadra di assessori, individuati con una franca ed aperta discussione con i vertici dei partiti di centro-sinistra ma anche con le organizzazioni sociali (sindacati, associazioni di imprenditori, centri culturali, movimenti…) più credibili del panorama cittadino. Se le leggi della psicologia hanno un minimo di scientificità , Orlando non darà nessun segno di ripensamento strategico e, se mai, accentuerà le note individualistiche e superoministiche (in salsa isolana) del suo stile pubblico. Correrà alla méta cercando di scompaginare le carte e di attrarre il consenso dei settori più improbabili dell’elettorato. Imbarcherà nelle sue tre liste - proprio come ha fatto spesso Di Pietro - pentiti di destra che, come penitenza, scelgono di candidarsi alle assemblee elettive. Si circonderà di collaboratori fedeli, ma arroganti nei confronti dei cittadini. Chi voterà per lui da posizioni democratiche e progressiste dovrà, molto probabilmente, rassegnarsi a molti imprevisti ed accontentarsi di poche certezze. Tra queste, di votare per un personaggio che non solo non prenderà mazzette né confabulerà con mafiosi (e questo, per fortuna, sarebbe garantito anche in caso di rielezione del sindaco attuale), ma che lotterà con convinzione, sia pur a modo suo, per evitare che i gangli dell’amministrazione municipale e le sue diramazioni (vedi ex-municipalizzate) continuino ad essere gestiti con criteri clientelari che privilegiano l’appartenenza partitica, ridicolizzando meriti professionali e motivazioni civiche. Non è molto: ma dalle nostre parti ottenere l’ovvio è già sorprendente. Augusto Cavadi
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