domenica 23 aprile 2006

CULTURE DIVERSE


“Repubblica - Palermo” 23.4.06

Una lezione in Sicilia dalle donne dell’Islam

Solitamente confondiamo gli arabi (cittadini di una certa etnia) con gli islamici (seguaci di una certa religione): senza pensare che ci sono arabi non islamici (perché cristiani o politeisti) e islamici non arabi (perché europei o americani convertiti all’islamismo). Il mondo islamico - che è dunque molto più vasto del mondo arabo - ormai lo incontriamo quotidianamente: o perché visitiamo Paesi con forte presenza musulmana o perché i musulmani immigrano dalle nostre parti. Come rapportarci da cristiani (o, più ampiamente, da occidentali)?

L’atteggiamento xenofobo e diffidente dei conservatori ottusi (i conservatori perspicaci esistono - e la pensano diversamente) non pone molti interrogativi: serrare le fila, ripiegarsi nella propria identità, boicottare ogni contaminazione. Se non, addirittura, preoccuparsi di dare - con l’aiuto di missili intelligenti - qualche dimostrazione preventiva della superiorità dell’Impero del Bene.
Più problematica la scelta di chi capisce che questa chiusura a riccio è, prima che autolesionistica, impraticabile. Infatti l’intenzione di dialogare può tradursi - concretamente - in un ampio ventaglio di opzioni. E non tutte apprezzabili.
L’errore più immediato consiste nell’accostarsi al mondo islamico con il retropensiero di possedere il modello di civiltà ‘evoluto’ (democrazia politica, capitalismo economico, universalismo etico…) e di dover, con tattica paternalistica, accompagnare i musulmani ‘moderati’ verso la nostra consolidata maturità. Come se alcuni dei patrimoni di cui più ci vantiamo in Occidente (filosofia, arte, aritmetica, scienze naturali, medicina, tecnologie…e la stessa pratica della tolleranza verso le minoranze) non derivassero - direttamente o mediatamente - proprio da quella tradizione. Meno viscerale, ma non meno fuorviante, l’atteggiamento di chi rinunzia a confrontarsi criticamente con i musulmani per una sorta di agnosticismo totale : in assenza di criteri di giudizio non resterebbe che accettare i diversi sistemi culturali, politici, giuridici ed economici. Così, in omaggio al relativismo, nessuna discussione sull’autonomia della ragione rispetto alla rivelazione o sul diritto dei singoli alla libertà religiosa o sulla condizione della donna. Con la conseguenza, davvero paradossale, di lasciare isolati proprio quegli intellettuali islamici che - faticosamente - cercano di ripristinare all’interno delle loro società la spregiudicata libertà di ricerca in altre epoche sperimentata.
Convinti che (con gli islamici, ma non solo) si possa dialogare da posizioni di pari dignità, senza per questo dover nascondere o annacquare le differenze, un gruppo di cittadini di Cefalù ha fondato, ormai da più di un decennio, il Centro ecumenico aconfessionale “La palma” (via Porta Giudecca, 1) e organizzato delle iniziative di notevole interesse (invitando personalità di rilievo europeo). Il programma per la primavera del 2006 si profila doppiamente intrigante. Se dopo l’11 settembre 2001 ” l’Islam è diventato, per tutti noi, il diverso per eccellenza”, quest’anno l’associazione ha deciso di occuparsi “della diversità dell’Islam da una prospettiva che è già ‘diversa’ al suo interno, cioè da una prospettiva femminile”. Sono state, infatti, scelte tre donne per introdurre (alle ore 17 di tre sabati ) alla conoscenza dell’universo musulmano con particolare attenzione alla condizione di chi vive nel contesto italiano: Souad Sbai (Presidente Associazione Donne Marocchine) e Nacéra Benali (giornalista) che hanno già parlato l’8 ed il 22 aprile, Karima Moual (pubblicista) il 6 maggio. E in effetti - come leggiamo ad esempio nel volumetto di Hans Kung L’intellettuale nell’Islam, a cura di Gerardo Cunico, pubblicato in questi mesi dalle Edizioni Diabasis - proprio il modo di interpretare il ruolo della donna costituisce uno degli aspetti salienti della “questione decisiva” dell’Islàm odierno: “coniugare la propria sostanza con le sfide del XXI secolo”, ossia “prendere risolutamente la via della modernità e anzi della post-modernità, senza rinunciare alla propria specifica identità, ma anzi proprio salvaguardando, valorizzando e autenticando la propria essenza” (p. 62).
Ottone di Bismark, cancelliere prussiano non esattamente ‘progressista’ del XIX secolo, sosteneva che i politicanti agiscono in vista delle elezioni successive e gli statisti in vista delle generazioni successive. Non è difficile stabilire a quale livello si librano iniziative come questa di Cefalù, dettate dalla “speranza di costruire un mondo che, pur nella diversità e nella pluralità, viva nella fraternità e nella pace”.

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