“Repubblica – Palermo”
12.2.06
GLI STUDENTI ALLA SCOPERTA DI DARWIN
La tradizione ebraico-cristiana ha favorito in noi occidentali un vivo senso di protagonismo: ci riteniamo, come genere umano, il fine e il coronamento della creazione divina. O, forse, sarebbe meglio dire: tali ci ritenevamo sino a Darwin. Il paleontologo inglese, infatti, ha inflitto al “narcisismo umano” (l’espressione, ovviamente, fu usata da Freud) una ferita letale sostenendo che nessuno sviluppo sociale e intellettuale può cancellare “l’impronta indelebile della nostra infima origine”. Ma quando Darwin pubblicava le sue opere scandalose, l’antropocentrismo dominante non era più quello di matrice teologica. Il panorama culturale era infatti egemonizzato da correnti filosofico-politiche di immenso successo (come l’idealismo romantico, il positivismo scientistico, il marxismo) marcatamente laiche, quando non addirittura esplicitamente atee. Risultato: Darwin ha costretto ad una radicale revisione – insieme alle dottrine religiose tradizionali - tutte le altre concezioni eredi dell’ottimismo umanistico rinascimentale.
Di questo terremoto si è occupato in un libro recente già alla seconda edizione (Dio e Darwin. Natura e uomo tra evoluzione e creazione, Donzelli, Roma 2005) il filosofo Orlando Franceschelli, docente a Roma e collaboratore di “Micromega”. In considerazione del rilievo della problematica (resa ancor più intrigante dal tentativo, poi abortito, dell’attuale Ministro dell’istruzione di compromettere l’insegnamento del darwinismo nelle scuole italiane), per la mattina di martedì 14, docenti di ben sei licei classici e scientifici cittadini hanno co-organizzato, nell’aula magna del “G. Galilei”, un incontro fra i propri studenti e l’autore dell’accurato (e fortunato) volume. Un’occasione analoga sarà offerta, la mattina successiva, agli studenti del liceo scientifico “Gian Pietro Ballatore” di Mazara del Vallo.
Poiché i due incontri con le scolaresche non sono aperti al pubblico, si è voluta programmare un’iniziativa più ‘aperta’ per le 17,30 di martedì 14 presso il Centro culturale valdese “Bonelli” di via Spezio (proprio alle spalle del teatro Politeama). Si è prescelta la formula del dibattito a due voci: tra Franceschelli, appunto, sostenitore dell’atteggiamento “scettico e razionalista” del naturalista inglese, e don Francesco Conigliaro, teologo cattolico interessato al dialogo con la ricerca scientifica contemporanea. Le cronache raccontano che i primi confronti fra Darwin e i teologi del suo tempo non andavano proprio pacificamente (all’osservazione di un prelato anglicano: “Se Lei accetta di discendere da una scimmia, sono affari suoi!”, lo scienziato avrebbe risposto: “Sempre meglio che discendere da un ecclesiastico…”): come si evince dallo stesso volume in questione, però, adesso il clima è cambiato. A parte certi fondamentalisti neo-creazionisti di stampo conservatore (cattolici e, ancor più, protestanti americani), oggi sempre più numerosi sono i cristiani che prendono sul serio le teorie evoluzioniste, le esaminano con rispetto intellettuale e si preoccupano piuttosto di rivedere gli aspetti statici della propria immagine di Dio. Nella consapevolezza che, comunque, lo spettacolo dell’universo abbaglia non solo per bellezza e armonia, ma anche per lo spreco di vite e di sofferenze che ne costella la storia. Che, dunque, la fede diviene più matura non scavalcando, ma attraversando in tutto il suo spessore la dimensione tragica del cosmo.
Tra i “naturalisti” e i “credenti” si va dunque intensificando un dialogo che, anche a parere di Franceschelli, potrebbe comportare conseguenze positive non solo per “le singole vicende intellettuali ed esistenziali” ma anche “per suscitare risorse etico-politiche aggiuntive, per fronteggiare con rinnovata e solidale sensibilità sia il male fisico che quello morale, il dolore innocente di tutti quelli che soffrono spesso senza voce: animali, bambini, profughi, malati, poveri, vittime di ingiustizie, guerre e opere ‘orribilmente crudeli’ (Darwin) della natura e dell’uomo”.
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