ADISTA 7.1.06
DIO SI FA TROVARE IN CASA
Giovanni 1, 35 – 42
Tra i paradossi che rallentano l’evoluzione storica, sotto tutti i cieli, è un dato inquietante: di solito sono gli stessi personaggi carismatici ad aprire sentieri inediti e ad ostacolarne l’entrata. Da una parte, infatti, se non si è una personalità carismatica non si riesce a vedere oltre il grigio orizzonte del conformismo: ma proprio quel carisma che ci rende creativi, pro-attivi, poli di attrazione per spiriti inquieti e volenterosi, è il medesimo che fa di noi degli autoreferenziali e dei possessivi. Giovanni il Battista - almeno in questo delizioso quadretto dipinto con mano agile e sicura dall’autore del quarto vangelo canonico – costituisce una felice eccezione. Ha strappato dal chiasso e dall’equivoca agitazione urbana alcuni discepoli, conducendoli con sé nel deserto del silenzio e della revisione di vita: ma non si affeziona oltre misura al ruolo di leader. Conosce l’arte del gioco di squadra: non vuole segnare lui tutti i goal, sa quando - e a chi - deve passare il pallone. Evitando di sclerotizzarsi nella posizione di guru, sa indicare con lo sguardo “l’agnello di Dio” che può accompagnare i discepoli lungo il cammino di crescita appena intrapreso. In questa consapevolezza del limite, Giovanni il Battezzatore diventa davvero esemplare per quanti, in ambito ecclesiale o in altre situazioni gruppali, hanno il compito di svegliare le coscienze senza accaparrarsene.
Il ‘cugino’ Gesù Nazareno non sembra, in questo, da meno. Quando Andrea e un anonimo compagno lo avvicinano, su indicazione di Giovanni Battista, egli non ha una tavola pronta e apparecchiata da offrire. Verificata la loro apertura dinamica (“Chi cercate?) e ottenuta in risposta una domanda (“Maestro, dove stai?”), non si presenta come la Meta agognata e raggiunta. Indica, piuttosto, la possibilità di proseguire insieme la strada: “Venite e vedrete”. Lungi dal proporre un insegnamento autoritativo e preconfezionato, invita a fare esperienza: ad entrare nella stessa avventura in cui egli stesso è coinvolto in prima persona, senza garanzie e senza reti sottostanti di riserva. Se la teologia e la spiritualità sono state improntate ormai da secoli al cristocentrismo, una lettura onesta e spregiudicata rivela l’infondatezza di questa impostazione: Gesù – e conseguentemente i vangeli – sono teocentrici. Anzi, per essere più precisi, sono centrati sul rapporto di autodonazione del Padre all’uomo: sull’imminenza del “Regno di Dio”, di un regime in cui Uno solo è Signore e tutti gli altri sono fratelli.. Solo se si comprende quest ’ ottica, così lontana dal devozionismo dei ‘sacri cuori ’ e dei ‘prigionieri del tabernacolo’ , si può condividere la preghiera, apparentemente scandalosa, di Kierkegaard: “Tu stesso eri la Via e la Vita ed hai chiesto unicamente imitatori. Tu non venisti al mondo per essere servito e quindi neppure per essere ammirato o adorato in quel senso. Allora scuotici se ci siamo addormentati in quest ’ illusione, salvaci da questo errore di voler ammirarti o adorarti rapiti d’ammirazione invece di voler imitarti e assomigliarti”.
Aver fede significa, dunque, seguire Gesù detto il Cristo non per riceverne mirabolanti rivelazioni metafisiche, quanto per condividerne l’atteggiamento di ricerca e di servizio. E di preghiera. Solo a queste condizioni si può sperare di essere in realtà, e non solo nominalmente, “pietre” miliari come Simone, il fratello di Andrea. Difficile? E’ lo stesso pensatore danese a prestarci le parole più efficaci di figli che si rivolgono, al Padre comune, insieme al Fratello maggiore: “Il Dio dei poveri non può essere un Dio complicato: mostraci che davvero ci ami, rendici capaci di amare, e non chiederemo più oltre”.
Augusto Cavadi svolge la sua attività di ‘consulente filosofico’ soprattutto a Palermo dove è impegnato in iniziative di formazione per insegnanti, studenti, volontari e militanti del movimento antimafia. Opera all’interno della Scuola di formazione etico-politica “G. Falcone”, del Centro siciliano di documentazione “G. Impastato” e, più recentemente, dell’Ucc (“Università etica per la condivisione della conoscenza”).
Nessun commento:
Posta un commento